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Effetti Di Politica Monetaria : BCE e Draghi

Le risposte delle politiche della Federal Reserve (FED) e della Banca Centrale Europea (BCE) alle recenti catastrofiche crisi finanziarie offrono due racconti di effetti indesiderati. In questo articolo, si suggerisce che la politica di stabilizzazione della BCE potrebbe non riuscire a raggiungere i suoi obiettivi. Infatti, una politica monetaria espansiva potrebbe anche ostacolare gli aggiustamenti strutturali dell’economia europea con effetti che vanno a prolungare la crisi dell’economia reale del vecchio continente.

Quando la crisi è iniziata –

Come la Fed, la BCE ha ridotto i tassi di interesse politico a livelli storicamente bassi quando la crisi finanziaria ha fortemente colpito l’Europa ed in particolare le sue economie periferiche. Queste politiche erano state attuate con l’obiettivo primo di soddisfare le esigenze di finanziamento delle banche in quanto la BCE aveva evidenziato un malfunzionamento a livello regionale del meccanismo di trasmissione della politica monetarie. Per calmare i mercati, l’Euro sistema ha fornito liquidità alle istituzioni finanziarie più in difficoltà tramite il suo programma Emergency Liquidity Assistance (ELA). Dal 2011 al 2012, le politiche di finanziamento di lungo periodo (LTRO) avevano l’obiettivo di provvedere liquidità ai partecipanti del mercato creditizio (Banche Commerciali) le quali, a loro volta, dovevano stimolare il credito a famiglie ed imprese. La BCE ha fornito liquidità senza avere garanzie reali tangibili a queste istituzioni, cosa che andava contro anche il suo statuto, e per questo ha dovuto modificarlo. Né la Fed né la BCE hanno seguito i principi di pensiero liberisti della scuola di Chicago ed hanno attuato una politica espansionistica monetaria senza precedenti in Europa con l’uso di tutti gli strumenti di politica monetaria possibili.

 

– Quando le idee politiche si scontrano con la realtà –

I programmi della BCE dovevano stabilizzare i mercati, stimolare i prestiti bancari ed infine aumentare la crescita economica in maniera omogenea a livello europeo. Il vero risultato e’ che questi programmi non hanno aumentato sufficientemente i prestiti bancari e di conseguenza la crescita in molti paesi non ha avuto i risvolti sperati. Le politiche della BCE dal 2008 hanno rallentato l’aggiustamento strutturale nell’area dell’euro (obiettivo del pagamento primario del debito di ciascun paese membro) e hanno incoraggiato un processo di diminuzione del credito verso quelle aree depresse per cui queste politiche erano state destinate, creando ulteriori squilibri all’interno dell’Area Euro. Le banche fortemente indebitate continuano a porgere un pericolo per la stabilità finanziaria. Gli interventi della BCE nel mercato delle obbligazioni hanno permesso ai governi di prendere in prestito a tassi inferiori rispetto a quelli di mercato, grazie al fatto che le banche destinatarie dei fondi della BCE compravano bond dei propri paesi e di conseguenza vi e` stato un immediato abbassamento dei tassi dei paesi in difficoltà. Tuttavia, contrariamente ai nobili presupposti dei banchieri centrali, i governi non hanno utilizzato il margine di manovra per attuare le riforme necessarie alla crescita come promesso. Come conseguenza delle crisi politiche dei grandi partiti europei, il processo delle riforme strutturali si è rallentato notevolmente.

Acquisti Obbligazionari –

Quando la pressione sui governi dell’area periferica dell’euro è aumentata, la BCE ha iniziato ad acquistare obbligazioni sovrane direttamente sui mercati secondari per ridurre i rendimenti obbligazionari. La BCE ha acquistato, ad esempio, titoli di Stato attraverso un suo programma Security Market Program (SMP) fino al 2012. La paura sui mercati e le varie speculazioni finanziarie hanno depresso i valori di mercato obbligazionari destinatari di questo programma (delineato per i paesi della periferia dell’euro area), creando ulteriore instabilità nel sistema monetario e finanziario. Di conseguenza la BCE ha annunciato il famoso programma di acquisto obbligazionario pubblico illimitato (il famoso Bazuca), il programma Outright Monetary Transactions (OMT), nel luglio 2012. Nel 2015, la BCE ha iniziato il suo “programma di acquisto di asset esteso” (APP) o piu` conosciuto come Quantitative Easing (QE), per aumentare le aspettative dell’inflazione e stimolare l’economia. La BCE continuerà ad acquistare obbligazioni di tutti i tipi (Anche Corporate Bond con Ratings sotto l’Investment Grade) almeno fino alla fine del 2017.

– Alterazioni dei Valori dell’Economia Reale –

Tutte queste politiche monetarie sicuramente hanno alterato in maniera forzosa i valori di mercato sia del costo del denaro che i valori mobiliari ed immobiliari, aprendo possibili scenari di bolle speculative in determinati mercati. Sicuramente la politica monetaria ha efficacemente ridotto i costi di finanziamento governativi, mitigando la crisi del debito dei paesi in difficoltà. Questo e’ stato il grande successo di Draghi del famoso programma “Whatever takes” per salvare l’area dell’euro nel 2012. Ma ciò non esula il sistema finanziario europeo da possibili shock di medio lungo periodo che potrebbero realizzarsi qualora ci fosse un prolungamento esteso del Quantitative Easing, e soprattutto di future crisi fiscali dei paesi ad alto debito, se tali paesi non aumentassero in maniera sostanziale i loro tassi di crescita reale. Se questo scenario accadesse, la BCE sarebbe inerme avendo esaurito tutte le politiche monetarie contro la crisi, con una possibile implosione dell’Euro – tra i scenari più negativi.

 

– Accesso Al Credito –

I programmi della BCE hanno avuti risultati largamente al di sotto delle aspettative per lo stimolo dei prestiti bancari. Diverse ricerche sui prestiti bancari della BCE ( ECB bank lending surveys) indicano che l’impatto della caduta dei tassi di interesse del QE è stato limitato riguardo al tasso di crescita dei prestiti nel 2016. Anche se la politica dei tassi d’interesse della BCE ha diminuito il tasso di prestito bancario, ha anche compresso la differenza bancaria (tasso di interesse meno tasso di deposito), avendo un impatto negativo sui bilanci di alcune traballanti banche europee. Inoltre i risultati del Quantitave Easing sul fronte stabilità delle banche non sono più rosei. Sebbene l’annuncio di un programma OMT migliorasse i bilanci delle banche in quanto i prezzi delle obbligazioni ritornavano ai valori ante crisi, l’annuncio di queste politiche ha avuto effetti indesiderati. Contrariamente alle intenzioni della BCE, le banche dell’area dell’euro (sottocapitalizzate) non hanno utilizzato il maggior capitale a basso costo per estendere i prestiti alle imprese sane. Le banche hanno iniziato a ricomprendere prestiti per prevenire perdite e limitare le svalutazioni delle proprie azioni, come spiegato in questo articolo del fondo monetario (unintended real effects.)

In parole povere, invece di promuovere prestiti bancari e stimolare la domanda aggregata, come il meccanismo di trasmissione implicherebbe, nell’attuale sistema, la politica monetaria ha rallentato l’accesso al credito o molte volte allocandolo in maniera inefficiente, creando l’effetto opposto. Come in Giappone (a partire dagli anni ’90), la stagnazione potrebbe diventare un ostacolo alla crescita in Europa e complicare l’uscita dalle politiche a basso tasso di interesse.

– Riforme Strutturali –

Molti economisti sostengono, esplicitamente, che la politica monetaria da sola non crea alcuna crescita reale, ma ha solo effetti monetari di breve periodo. In pratica, esortano le riforme nei paesi dell’area dell’euro a promuovere l’imprenditorialità, gli investimenti e la crescita. Mario Draghi è uno di loro. Secondo Draghi, la politica accomodante potrebbe aiutare a stabilizzare i mercati e fornire ai governi un certo raggio d’azione per attuare le riforme individuate come necessarie per un decollo sostenibile delle proprie economie. A seguito di questa logica, Draghi e la BCE devono aver assunto che i governi utilizzino l’”opportunità” aperta dalla politica monetaria per attuare le riforme. Riforme che in paesi come la Francia e Italia tardano ad arrivare. Il vero problema che a seguito di una grande crisi finanziaria, l’Europa ha una grande crisi politica all’interno. Infatti, l’attuale scenario post Brexit e le varie divisioni dovute al malcontento generale delle politiche europea, pongono una significativa sfida a questo pensiero di fondo di tali grandi economisti.

Bisogna dare atto che il Presidente della BCE Mario Draghi ha sempre ripetuto necessario che i governi nazionali si impegnino per ulteriori riforme. Ha sottolineato nei discorsi che la BCE stava facendo il proprio lavoro, ma i governi non stavano facendo il loro. Ma questa situazione di stallo potrebbe diventare un vicolo cieco. Gli acquisti obbligazionari della BCE hanno attenuato la pressione di aggiustamento del debito per i vari governi dell’area dell’euro. Dal 2012, i rendimenti obbligazionari di governo non rispecchiano coerentemente i fondamentali del mercato perché la BCE è pronta ad acquistare obbligazioni e ridurre i rendimenti, se necessario, alterando di fatto il mercato. In tale assenza di pressione del mercato, gli economisti, tra i quali Draghi, sembrano parlare con un muro. Contrariamente alle ipotesi di Draghi, la politica monetaria ha scoraggiato i governi (di fronte ad un elettorato) di attuare riforme di grande portata. La politica di Draghi sembra essere stata controbilanciata.

 

– Draghi rischia la sua fortuna? –

Nonostante le numerose conseguenze non predette, Draghi continua ad applicare le stesse politiche. Alcuni critici, soprattutto nell’asse tedesco olandese, dicono che questa è la prova che il vero obiettivo di Draghi è quello di consentire ai governi ad alto debito di ottenere finanziamenti a costi molto bassi. La mia ipotesi è che se non c’è una agenda ben determinata di uscita da queste politiche monetarie espansive in un breve periodo, Draghi potrebbe rischiare grosso alla prossima crisi finanziaria.

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