Come si autorealizza un Individuo? La risposta di W. von Humboldt

Nella sua eccelsa opera “I Limiti dell’Azione Statale”, un titolo che già lascia presagire 92 minuti di applausi per ogni paragrafo letto, Wilhelm von Humboldt intraprende la sua analisi partendo da come un Individuo debba autorealizzarsi: “Dell’Individuo e dei più alti confini della sua esistenza“, così il titolo del secondo capitolo. Eccone alcuni estratti, quelli a parer mio più significativi:

Il vero fine dell’Uomo, o ciò che è prescritto dai dettami eterni e immutabili della ragione e non suggerito da desideri vaghi e passeggeri, è lo sviluppo più alto e più armonioso dei suoi poteri verso un’interezza completa e coerente.

La libertà è la prima e indispensabile condizione che presuppone la possibilità di tale sviluppo; ma c’è anche un altro essenziale, – intimamente connesso con la libertà, è vero, – ossia la varietà delle situazioni. Anche il più libero e autosufficiente degli uomini è ostacolato nel suo sviluppo quando si trova in una situazione di staticità.

Quindi deduco,in maniera naturale da quanto sostenuto, che la ragione non può desiderare per l’uomo alcuna condizione diversa da quella in cui ogni individuo non solo gode della più assoluta libertà di svilupparsi con le proprie energie, nella sua perfetta individualità, ma in cui anche la natura esteriore è lasciata fuori moda da qualsiasi agenzia umana, ma riceve solo l’impronta che gli viene data da ciascun individuo di se stesso e dal proprio libero arbitrio, secondo la misura dei suoi desideri e istinti, e limitato solo dai limiti del suo poteri e i suoi diritti.

Humboldt dunque vuole arrivare a spiegare come l’azione statale impedisce all’uomo di realizzarsi correttamente e pienamente, ponendogli i bastoni fra le ruote o facilitandolo eccessivamente rendendogli inutile ogni sforzo, ma pur sempre a scapito di tutti gli altri Individui.

Oltretutto vuole far notare l’ipocrisia degli statalisti, un’ipocrisia “data dal fatto che essi considerino ciò che l’uomo possiede rispetto a ciò che è realmente, e che rispetto a quest’ultimo non coltivano, neppure all’uniformità, le facoltà fisiche, intellettuali e morali” nonostante si ergano a protettori del suo spirito, della sua mente, del suo corpo. Questi statalisti, dunque, vorrebbero decidere la maniera in cui ogni Individuo debba condurre la propria vita, facendosi carico del fardello che non riescono a sorreggere sulle proprie spalle pur di avere il Potere decisionale, di vita e di morte sugli altri , sostenendo come unico valore “l’unità perfetta di tutto l’essere“.

E con un coraggioso confronto asserisce: “Gli antichi cercavano la felicità nelle virtù; i moderni hanno troppo a lungo cercato di sviluppare le virtù a partire dalla felicità“, dunque, critica la scelta di imporre la felicità qualunque cosa si faccia, anziché di lasciare che la si cerchi a partire dai propri valori e dalle proprie virtù, passando per la realizzazione individuale.