Il paradosso dei discriminati discriminanti

Il nove giugno 2018 è andata in scena la parata del RomaPride. Ormai una consuetudine consolidata, seppure è successo qualcosa di inusuale. Il corteo dei manifestanti Lgbtqi ha sfilato lungo le vie del centro della Capitale per cercare di far sentire la propria voce ad un’Italia leggermente sorda e immobile, per usare un eufemismo, ai diritti individuali, in questo caso riguardanti la sessualità con tutti i suoi corollari sociali, e alla loro tutela (con l’eccezione tanto agognata delle unioni civili su cui il Parlamento si è espresso nella scorsa legislatura).

Come ormai è tradizione, la parata è stata un momento di festa per i manifestanti i quali, con carri, maschere e molti colori hanno animato le vie capitoline. Fin qui tutto bene. Un momento di festa, non fine a sé stesso, che cerca di colpire non solo visivamente gli occhi di coloro che assistono ma cerca di smuovere anche le loro coscienze e di sensibilizzarle.

Ripeto: fin qui tutto bene; se non fosse che ad un certo punto l’associazione GayLib Italia, la quale aveva preso parte al Pride, viene cacciata dalla parata con delle motivazioni politiche ingiustificate (come riportato nel comunicato stampa dell’associazione https://goo.gl/fDmdSi). Un fatto piccolo e insignificante ai più, come si può notare dal fatto che la notizia non è stata riportata da nessuna testata giornalistica, ma che non deve passare inosservato e che vorrei fosse un punto di inizio per una riflessione sul tema dei diritti individuali, del ruolo dello Stato in questo rispetto e del ruolo e dei fini che le associazioni dovrebbero avere.

Innanzitutto, diamoci un po’ di coordinate: cos’è l’associazione GayLib Italia? La descrizione presente sulla pagina Facebook recita: “GayLib. Gay liberali e di centrodestra. Dal 1997 in prima linea per l’emancipazione e i diritti civili delle persone omoaffettive”. Fondata nel 1997 da Enrico Oliari, Alessandro Gobbetti e Marco Volante, in poche parole, GayLib nasce come alternativa politicamente liberale ai movimenti e alle associazioni Lgbtqi che, tradizionalmente, nello scacchiere politico si collocano a sinistra non solo in quanto “progressisti” ma anche e soprattutto come appartenenza politica. GayLib si presenta come alternativa non solo per il colore politico ma anche nell’approccio al tema dei diritti individuali.

Forse avete già intuito il motivo politico che ha portato alla “cacciata” di GayLib. Il comunicato stampa per mezzo delle parole di Daniele Priori, è chiaro: “Mi trovavo con una bandiera di GayLib alla testa del RomaPride. Un gruppo di attivisti del coordinamento organizzatore ha iniziato ad intonare Bella Ciao e ‘meglio froci che fascisti’ intimandomi di lasciare il corteo”.

Questa è la cronaca; permettetemi ora di riflettere politicamente sull’accaduto.

In primo luogo, vorrei soffermarmi su un problema che secondo me affligge il discorso intorno alle associazioni per i diritti individuali e in special modo quelli legati alla sessualità ovvero il fatto che siano associazioni politicizzate. È normale che le associazioni prendano un colore politico ben distinto ma ciò non le favorisce ed anzi è deleterio nonché sbagliato. Infatti, nel momento in cui le associazioni che si battono per i diritti individuali prendono una posizione politica ben precisa, avvicinandosi ai partiti o a loro esponenti, esse creano una spaccatura profonda e insanabile, come nel caso del RomaPride, con tutti coloro i quali non si identificano in quel partito o casacca politica.

Ciò sfavorisce il dialogo costruttivo e la mobilitazione delle persone ed inoltre, proprio per il fatto che le richieste e le lamentele giungano da uno schieramento politico piuttosto che da un altro (la distinzione associazione-schieramento politico è divenuta molto labile), coloro che devono prendere decisioni in merito, se sono dell’altro schieramento, saranno più restii ad avallare queste istanze. Questa nota è rivolta non solo alle tradizionali associazioni Lgbtqi di sinistra ma anche alla stessa GayLib (capisco la loro esigenza di essere un punto di riferimento per chi non si riconosce nella Sinistra, seppure la soluzione non sia delle migliori).

In secondo luogo, prendiamo in esame il ruolo che lo Stato dovrebbe avere riguardo queste questioni. Ormai, purtroppo, da lungo tempo lo Stato ha trovato terreno fertile nel campo dell’etica e anzi ci sono sostenitori di un vero e proprio “Stato Etico” alla Hegel. Come un “buon padre”, lo Stato si impegna a dirci cosa è possibile fare, cosa è sbagliato, con chi è giusto andare a letto e con chi è possibile sposarsi; per di più lo Stato si fa garante delle minoranze, cosa che gli riesce in maniera pessima, ignorando una delle più grandi verità che Ayn Rand ci ha donato: “la più piccola minoranza al mondo è l’individuo. Chiunque neghi i diritti dell’individuo non può sostenere di essere un difensore delle minoranze”.

Questa è una delle aberrazioni più fastidiose e nocive del sistema stato; uno Stato che si permette di regolare la vita dell’individuo fino al dettaglio è la morte dell’individuo stesso. Invece, esso dovrebbe ritirarsi da questa sfera, lasciare che gli individui possano esprimersi al meglio delle loro possibilità in tutti i campi e che possano decidere come e cosa fare della loro sessualità, del loro denaro e di tutti i loro averi. Purtroppo, lo Stato non gradisce questa soluzione, anzi la ignora completamente; per questo motivo, visto che non intende ridurre il suo perimetro, deve garantire a tutti la tutela della propria individualità: deve garantire a tutti gli individui di potersi sposare con chi vogliono e di poter decidere cosa è giusto per loro.

In questo momento esistono cittadini di serie A e cittadini di serie B: alcuni possono fare determinate cose, altri sono impossibilitati. Ma qui si nasconde il pericolo: lo Stato non deve trattare le minoranze (sembra quasi inutile ricordare qual è la minoranza più piccola) come gruppi privilegiati e particolari accordando loro speciali diritti. Lo Stato deve avere come punto focale l’individuo e la sua salvaguardia. Oppure levarsi di torno.

Infine, dopo queste considerazioni, vorrei far notare agli amici del RomaPride il paradosso che hanno creato: una manifestazione di persone ingiustificatamente discriminate hanno ingiustificatamente discriminato (solo sulla base dell’appartenenza politica) altre persone che si sentono discriminate e che volevano far sentire la loro voce. Possono esserci solo “froci comunisti”? Come ciliegina sulla torta vi lascio alcuni dei punti del Romapride che in teoria facevano ben sperare ma che sono stati traditi in un battito di ciglia.

CHI SIAMO

Siamo un avamposto di opposizione e resistenza all’avanzata di vecchi e nuovi fascismi, l’incubo di chi vuole una società schiacciata nell’omologazione ed agisce soffocando chiunque non si voglia conformare.

Non vogliono omologazione, ma guai ad avere idee politiche diverse.

IN COSA CREDIAMO

In un lavoro socio-culturale per il superamento di schemi binari, stereotipi di genere e supremazia del modello di maschio, bianco, occidentale, abile, cattolico ed eterosessuale su cui è stata costruita la nostra società.

Vogliono superare gli schemi binari. Ma il binarismo fascista-comunista non gli interessa.

COSA RIVENDICHIAMO

Rivendichiamo la libertà di autodeterminazione delle persone perché tutti possano scegliere liberamente e consapevolmente per sé e per il proprio corpo senza l’ingerenza dello Stato, della Chiesa, delle religioni o di qualsivoglia moralismo.

Rivendicano la libertà di autodeterminazione ma non puoi autodeterminarti diversamente.