Giornalismo: il cane da guardia del potere

Siamo tutti cresciuti con la dicotomia destra e sinistra. L’estrema destra fascista contro l’estrema sinistra comunista. Che tu ti muova verso destra o verso sinistra sulla scala politica il punto di arrivo è lo stesso: uno stato enorme.
Non è un caso che la lotta politica rappresentata dai mainstream media interessi due entità che non mettono in dubbio l’istituzione statale ma bensì la rafforzano.
La lotta politica attuale è uno specchietto per le allodole. Lo stato ha usato il giornalismo (e l’istruzione) per far uscire di scena l’unico attore che ne minava l’esistenza: il liberalismo (e gli ha pure rubato il nome).

COME HA FATTO?

Prima dell’avvento delle tecnologie di informazione e comunicazione (ICT), l’offerta sul mercato dell’informazione era molto limitata. Ciò permetteva di tenere i prezzi relativamente alti.
Per leggere le ultime news su un quotidiano dovevi spendere 1500 lire. Per riceverle dalla tv o dalla radio pagavi le tasse. Gli introiti erano abbastanza non solo per retribuire i giornalisti ma anche per fare dell’informazione un business redditizio.

Perchè l’offerta era limitata? Perchè l’informazione è potere. Controllare il popolo senza limitare l’informazione è impossibile.
Lo stato ha sempre sfruttato i canali di informazione pubblici e anche quelli privati (attraverso scambi di favori con le lobby) per fare propaganda.

Essendo proprietario delle infrastrutture tecnologiche che ne permettono il funzionamento, ha sempre eretto e controllato le barriere all’entrata del mercato.
Ha sempre filtrato e bloccato le iniziative private scomode.

Tutti questi canali di informazione offrivano un, limitato e oculatamente selezionato, spettro di opinioni e punti di vista.

Il giornalismo non è mai stato il garante della democrazia bensì il cane da guardia del potere.

L’INFORMAZIONE OGGI

Le cose sono cambiate. Internet ha distrutto le barriere all’entrata, chiunque può creare un canale di informazione senza dover passare dai “custodi della verità”.
E’ arrivata la concorrenza e si è riaperto il mercato delle opinioni.
L’aumento di offerta sul mercato dell’informazione ne ha fatto crollare il prezzo costringendo i vecchi attori al quasi-fallimento.
Quasi, non perchè si siano svegliati ma perchè sono stati salvati dai politici prima che potessero tirare l’ultimo respiro.
Non potevano fare diversamente: lasciare morire il proprio cavallo voleva dire perdere la gara.

Oggi il mercato dell’informazione è spietato e ha margini minimi. In questo ambiente estremo, i mainstream media stanno provando diverse strategie di sopravvivenza:

  1. Essere alla mercè delle forze politiche.
    I politici gestiscono i miliardi delle tasse dei cittadini. Sono ben felici di aiutare i media che ne facilitano la carriera.
  2. Polarizzare il panorama ideologico.
    Possiamo anche definirla “Hooliganizzazione”. Un ultras che va sempre allo stadio, compra il pay per view in tv e ha pure le mutande coi colori della squadra fa incassare molti più soldi rispetto a un tifoso occasionale o moderato. L’ultras ama alla follia la propria squadra e odia quella nemica. Stessa cosa vale per le fazioni politiche. Più i media riescono a creare “ultras” irrazionali più incassano.
  3. Click bait professionale.
    Non solo titoli accattivanti per spingere gli utenti a cliccare in modo da ottenere ritorni pubblicitari, ma articoli sensazionalisti studiati per creare fobie, manie, ossessioni.
    Un cambiamento climatico catastrofico e imminente che crea ambientalisti fanatici e suscita forti emozioni fa incassare di più di un cambiamento climatico incerto.
  4. Fake news e hate speech. Questi ultimi due sono l’arma definitiva partorita dalla simbiosi tra mainstream media e politica per riprendere il controllo della narrativa dominante. Meritano un articolo a sè che verrà pubblicato prossimamente.