Come il “politically correct” ci rende persone peggiori

Se mai è esistita una società attenta a non urtare la sensibilità altrui, è senz’alcun dubbio la nostra. In nome del “politically correct”, grandi crociate sono state portate avanti per trovare e condannare i promotori d’idee ritenute, per un motivo o per l’altro, offensive. Eppure, dopo anni di sforzi, basta un breve giro in rete per rendersi conto del marcio dietro a questa facciata di progresso. Questo perché il “politically correct” non ci rende persone migliori. Anzi, esso contribuisce attivamente a renderci persone peggiori.

La via per l’inferno è lastricata di buone intenzioni, ed il “politically correct” non fa eccezione. Certamente esistono molte persone che, in buona fede, considerano la cultura politicamente corretta (PC culture) come uno strumento in grado di rendere il mondo un posto più accogliente e gradevole per tutti. Sfortunatamente, non è così che essa si manifesta nella vita quotidiana.

Il “politically correct” si manifesta, innanzitutto, come censura. Se un’idea è politicamente scorretta, cioè offensiva, allora non merita di essere discussa. Se questa offende molte persone, allora non si può consentire ai suoi sostenitori di parlarne, per il bene superiore. I sentimenti della maggioranza, infatti, sono più importanti della libertà di parola della minoranza.

Una simile intransigenza è, in primo luogo, incompatibile con i valori che hanno reso grande l’Occidente. La speculazione ed il dibattito fra tesi opposte sono la base del vero progresso, e non possono essere soggetti a censura. Ma questo non è l’unico problema della “PC culture”. Essa, infatti, è anche inutile e controproducente.

Il “politically correct” è inutile, in quanto non elimina il marcio, ma si limita a nasconderlo. I fanatici e gli zeloti di tutte le bandiere, infatti, non sono scomparsi, si sono solo nascosti. Inoltre, hanno elaborato sofisticate strategie per aggirare gli ostacoli dovuti alla PC culture”. L’esempio più comune è il dog whistle”.

Il dog whistle”, come suggerisce il nome, è un segnale, un messaggio che solo un pubblico ben preciso è in grado di recepire. Per esempio i neonazisti, per non essere riconosciuti come tali, hanno a disposizione una vasta gamma di termini, gesti e simboli. Inseriti in un discorso, solo altri neonazisti coglieranno il vero significato del messaggio, che passerà invece inosservato agli occhi degli altri.

Il “politically correct”, dunque, non è efficace contro i target della sua attività, ma non solo. Esso è controproducente, in quanto contribuisce alla formazione di nuovi fanatici e zeloti. Questo meccanismo è diabolico nella sua estrema semplicità.

I veri bersagli dalla “PC culture”, infatti, sono persone che hanno idee più conservatrici rispetto alla massa, specie in ambito sociale. Ma non sono jihadisti, neonazisti o ultraconservatori. Sono solo persone normali un po’ più all’antica, che non vogliono imporre agli altri le loro idee, ma non vogliono neanche rinunciarvi.

Questo è inaccettabile per i paladini del “politically correct”, per i quali il mondo si divide in progressisti (loro) e non progressisti (tutti gli altri). Ma se non sei un progressista, allora devi essere automaticamente un nazista/omofobo/sessista. Di conseguenza, o rinneghi in toto le tue idee, o diventi un paria.

Quindi è comprensibile, anche se non condivisibile, che molte di queste persone un po’ all’antica finiscano con l’essere attratte, in cerca di sostegno, dall’estremità opposta dello spettro ideologico. Del resto, come detto in precedenza, i fanatici sono diventati abili nel mascherare il loro fanatismo.

Pertanto la gente, nauseata dal “politically correct”, si rivolge verso il politicamente scorretto. Ed utilizzando il politicamente scorretto come esca, i veri estremisti conquistano un pubblico e potenziali nuovi seguaci.

Sfatiamo anche questo mito: il politicamente scorretto non è un baluardo contro le follie della PC culture. Il politicamente scorretto è una conseguenza della “PC culture”, che spesso gente priva di scrupoli usa a proprio vantaggio, per ottenere denaro, fama o sostenitori.

Ma se neanche il politicamente scorretto può fornire una via d’uscita da questo circolo vizioso, che è alimentato dall’intransigenza e dal fanatismo delle persone, e che genera a sua volta fanatici ed intransigenti, allora com’è possibile fermarlo?

Per farlo, bisogna ricorrere allo strumento che tutti gli estremisti temono: il dibattito, e di conseguenza la libertà di parola. Molti pensano che la censura sia un male necessario per difendere la libertà di parola, ma questo è un ossimoro: censurando le parole delle persone, non le cambi nel loro intimo.

Con la censura, le persone razionali continuano ad essere tali, così come i fanatici. Ma con la libertà di parola, e quindi con il dibattito, c’è la possibilità di combattere i nemici della società aperta, mostrando alla gente chi sono veramente.

Certo, se si sceglie la libertà di parola bisogna anche accettare il rischio opposto, cioè che demagoghi senza scrupoli la usino per i loro scopi. Ma questo, purtroppo, è un rischio insito nella democrazia stessa.

Per questo la libertà di parola è così importante: senza un dibattito costante che convinca le persone dell’importanza della libertà, si apre la porta ai fanatici, e quando i fanatici conquistano il potere, solo le pallottole possono toglierglielo.

 

 

Senza mutande e in libertà. Ecco Alessandra Cantini.

NOTA: L’intervista non rappresenta in alcun modo il pensiero de L’Individualista Feroce, essendo -di fatto- un’intervista.

Alle 4 di pomeriggio stava uscendo da un ristorante di Livorno. Un pranzo a base di crudo di mare. È famosa, è nota, ha fatto parlar di sé in ogni modo possibile, sia per ciò che ha scritto e sia per ciò che ha fatto. Alessandra Cantini risponde al telefono ma mi dice che mi avrebbe richiamato venti minuti dopo. Passano dieci minuti e squilla il mio telefono. Eccola.

Ciao Alessandra, come va il raffreddore? Mi hai detto l’altro giorno che ti sta martoriando.

Ciao, va meglio. Ieri è stata la giornata peggiore, oggi sto piuttosto bene.

Mi verrebbe da dirti che il raffreddore viene a chi si scopre troppo. E ogni riferimento alla tua performance da Chiambretti è puramente casuale.

Sì, hai ragione, ma in realtà mi sono raffreddata giorni fa mentre mi recavo a un evento della Lega: sono caduta in una pozzanghera e mi sono bagnata. Ero a Firenze e c’erano 4 gradi. I numerosi che mi hanno soccorsa avevano previsto questo raffreddore.

È questo un periodo in cui passi diverso tempo scoperta. C’è chi spera allora che tu incontri sempre più pozzanghere sul tuo cammino. Ma come mai eri a un evento della Lega?

Adoro Salvini, adoro quel che sta facendo, adoro la sua coerenza. Sta facendo ciò che aveva promesso. Ha le palle.

In che senso ha le palle? In tutti e due i sensi?

Scommetto di sì. È un sacro maschio. Ha le palle quando lavora e si inimica senza pensarci i buonisti italiani e ha le palle come uomo, ne sono certa. Ha quell’atteggiamento duro e risoluto che solo un uomo con le palle può avere.

E la Luxuria, con cui ti sei scontrata a Chiambretti, cos’è? 

Di certo non è una donna. Ha le palle anche lei ma solo in senso stretto. È assurdo che una persona non accetti il genere con cui è nata. E le palle in senso metaforico non ce le ha perché si schiera sempre dalla parte facile, quella comoda, quella politicamente corretta. A me sta sulle palle una come lei nonostante io non ne sia munita.

Vista la sua particolarità, c’è qualcosa che non le hai detto ma che avresti voluto dirle?

Avrei dovuto chiederle di alzarsi la gonna come ho poi fatto io, provando così la sua tanto sbandierata femminilità. Io, quando la Zanicchi mi ha sfidato, ho accettato la sfida senza pensarci un attimo e mi sono alzata la gonna. Ed ecco il mio adorabile culo in prima serata. Lei, se le avessi chiesto di far la stessa cosa, avrebbe piantato una grana delle sue accusandomi di chissà quale odio verso quelli come lei.

È una trans?

Non ne ho idea di cosa sia.

Nemmeno io, e chi cazzo se ne frega. 

I froci, allo stesso modo, dovrebbero piantarla di rompere le palle con le loro rivendicazioni. Devono sapersi accettare ed evitare di trasformarsi. Noi etero mandiamo avanti il mondo procreando. Fossimo tutti froci, l’umanità avrebbe i giorni contati.

Tu vuoi proprio essere arsa viva in pubblica piazza, eh?

Farò la fine di Giovanna d’Arco, che me ne frega, ma almeno avrò vissuto dicendo ciò che penso in libertà. Io i froci li chiamo froci o al massimo ricchioni. Come fa Feltri, un altro sacro maschio senza peli sulla lingua e per questo condannato dal tribunale del bon ton politicamente corretto.

Dovresti creare un movimento ideologico in cui racchiudere le tue idee. 

In favore degli eterosessuali. Alla fine noi rappresentiamo la stragrande maggioranza della popolazione, eppure sembriamo una esigua minoranza. È assurdo. Eppoi vorrei rispondere ai loro gay pride con un atto osceno in luogo pubblico. D’altronde loro fanno di tutto durante i loro eventi, ma io se mostro il culo in tivù vengo tacciata di puttanesimo. Sì, l’atto osceno in luogo pubblico s’ha da fare. 

Io mi prenoto come partner o come accompagnatore o come aiutante. Insomma, una parte la voglio! Come si chiamerà il movimento?

Si chiamerà The Venusians, come il mio blog. Combatterà per la bellezza e per l’importanza di Venere da cui tutto discende.

Aggiudicato. Ma poi com’è andata la vicenda della gonna alzata?

La signora Zanicchi pensava di trovarsi difronte a una qualunque. Io sono di parola e quella sera ero da Chiambretti senza mutande.

Con un perizoma fine avresti potuto tenerle nascoste. Dai dimmi la verità.

La verità è quella che ti ho appena detto. Ero senza mutande come dovrebbero fare tutte le donne. Tanto non è antigienico e soprattutto non cela la parte vitale di ogni donna che ci contraddistingue dagli uomini. 

Dopo la tua performance in quanti ti vengono dietro?

Non lo so perché non tengo il conto. Posso però dirti che il numero di followers su Instagram è aumentato sensibilmente. E dei moralisti, poi, non me ne frega niente. Persone buone solo a bacchettare gli altri quando non possono più dare il cattivo esempio, come diceva giustamente De André. 

Ho anche scoperto che hai una vena da imprenditrice. Sei una mercatista: hai messo in vendita le tue mutande sul tuo blog. Ho anche visto che Cruciani ne apprezzava molto l’odore, l’altro giorno durante La Zanzara.

Sì, credo nel libero mercato perché si basa sulla libertà degli individui e sulle loro capacità. Le persone in un regime capitalistico danno il meglio di sé. Io sto dando il meglio di me ma molto deve ancora venire. Io ho creato un bisogno e ne sto ricavando un guadagno.

Quale sarebbe questo bisogno?

È il bisogno di avere a che fare con donne disinibite e disincantate. Oggigiorno gli uomini sono vessati dalle femministe talebane che da una parte fanno le libertine invocando diritti su diritti ma dall’altra denunciano vent’anni dopo una leccatina di figa. Ah, secondo me l’Argento gliel’ha data subito a Weinstein.

Soprattutto è arduo pensare a una violenza consistenza in un cunnilingus.

Ma certo. Sono tutte idiozie inventate e raccontate da donne morte di fama, e come al solito è un sacro maschio ad avergliela poi concessa. L’uomo, per sua natura, sparge il proprio seme. A me è capitato di trovarmi in situazioni non propriamente divertenti ma ho sempre accettato le conseguenze delle mie azioni. Beninteso: una violenza va denunciata e punita, ma se si entra in una camera da letto non ci si può meravigliare se si finisce scopate. 

Tu che rapporto hai con le relazioni serie? Ho letto la tua idea di poligamia tacita dovuta alla necessità dell’essere umano di interagire con gli altri.

Sì. Io ero impegnata fino a poco tempo fa con un lord inglese. Vivevo in una gabbia dorata e la prigione era la sua gelosia. Ad un certo punto ho iniziato a nutrire fantasie non consone alla monogamia. Volevo spiccare il volo e fare ciò che desideravo. L’idea di poligamia tacita è nata in quel momento.

Perché il tuo libro si intitola Sacro maschio?

Perché l’uomo è sacro in un momento di gravi violenze nei suoi confronti. L’uomo è vessato, malinteso, accusato, considerato colpevole fino a prova contraria. Un macello. 

E la donna?

La donna è il collo su cui si poggia la testa. Lei alla fine dirige perché ha un sacco di capacità che un uomo si sogna. Ma il suo ruolo rimane quello e non può pensare di oltrepassare i confini dei ruoli. 

Quante mutande hai già venduto?

Boh, alcune, forse poche, forse tante. Ti consiglio di comprarne un paio. Non hanno un odore troppo forte perché sono completamente sana pur non indossandole, ma rendono comunque.

Ci penserò. E tu pensi mai a chi in questo momento probabilmente sta annusando un paio delle tue mutandine?

In effetti no, ma è un’idea carina questa. Alcuni uomini mi stanno annusando sebbene siano distanti da me. Il mio odore, come il mio verbo, conquisterà il mondo.

Che combini per Natale e per Capodanno?

Natale coi tuoi e Capodanno con chi vuoi.

Non era riferito alla Pasqua?

No, anche al Capodanno. Forse mi farò rapire o forse andrò a Monaco, un paradiso. Lì le donne non rompono i coglioni e si godono la vita accompagnandosi con signori facoltosi e magari vecchi. A dirlo oggi sembra un’eresia. 

Già. Le ragazze che frequentavano Berlusconi vennero massacrate da quelli che si ergevano a protettori.

Sì, hai ragione, ma di Berlusconi non mi interessa più niente. È inconcepibile che un uomo così intelligente e potente si faccia sempre metter sotto dalle donne. Amiche, colleghe, compagna, moglie. Il sacro maschio è Salvini. 

Per conquistarti cosa si deve fare?

Evitare assolutamente i fiori. Odio i fiori. Una volta un tizio mi regalò cento rose rosse. Finirono nel bidone poco dopo. Se vuoi spendere, regalami un braccialetto di Hermes o dei mocassini di Gucci. Dei cioccolatini o un peluche. Io non sono ipocrita. Sono per i regali seri e per la scopata libera. 

Libertà, libertà! Al posto di onestà, onestà!

La libertà è per chi vuol lottare per sé stesso e per la propria felicità. L’onestà lasciamola agli ipocriti. Il fine giustifica i mezzi. Sempre. 

L’oscurantismo comunista minaccia le università

Il fatto

La mattina del 27 Novembre, all’Università “La Sapienza” di Roma, una legittima opinione ha dovuto nuovamente combattere contro l’oscurantismo comunista e il rifiuto che gli appartenenti a questa setta, fra le più sanguinarie della storia, hanno verso qualunque opinione non riconosca nel Comunismo il bene assoluto, eterno ed universale. Nell’atrio della facoltà di Lettere sono stati esposti dei pannelli che raccontano la Rivoluzione d’Ottobre dal punto di vista di un movimento studentesco vicino a Comunione e Liberazione, associazione cattolica italiana.

Naturalmente la versione raccontata difende la Russia zarista e cristiana, portando dati a sostegno della tesi per cui la Russia, prima dell’Ottobre, vantasse un’economia in espansione e un principio di progresso che la Rivoluzione bloccò. I baldi giovani comunisti della FGC, allergici alle libere opinioni come io lo sono al polline, davanti ad un’idea diversa dalla loro hanno avuto un attacco di starnuti e lacrimazione. Hanno dunque deciso di salvare dagli sbalzi di salute gli altri che, certamente intolleranti come loro alla libertà di pensiero, ne avrebbero potuto soffrire.

Pertanto, la mattina hanno coperto i pannelli incriminati con la loro “controinformazione”, con la loro “verità”, in un blitz o falsh mob che è stato rivendicato il giorno stesso sulla loro pagina Facebook. Questo non è certamente il primo episodio di questo genere in un’Università, anzi è ormai una prassi consolidata che mina sempre più la libertà di parola e pensiero negli atenei. Chi volesse, in preda a non so quale follia, permettersi di esporre una propria opinione che non citi testualmente il Capitale di Karl Marx in un’Università sa a quale rischio va incontro.

 

Una prassi consolidata

Qualche mese fa il collettivo Link Sapienza ha cacciato dalla stessa facoltà degli studenti che facevano una campagna di sensibilizzazione pro-Vita, costringendoli a sgomberare il loro presidio, regolarmente concesso dal Rettore dell’università. Ma si sa, chi è un banale rettore davanti a dieci gloriosi imbecilli? Qualche anno fa, ennesimo esempio che mi viene in mente, ma che non è che una goccia di un oceano. Alla Federico II di Napoli gli studenti del centro sociale che poi formò Potere al Popolo occuparono una facoltà per impedire a Massimo D’Alema di parlare.

L’Università, per eccellenza luogo di incontro, analisi, dibattito e confronto è evidentemente sotto attacco. La libertà di pensiero e di manifestazione che l’hanno sempre contraddistinta sono in pericolo. Ma da un attacco, naturalmente, ci si deve sempre difendere. E se non se ne ha il potere, si fa appello a chi lo ha affinché lo eserciti.

Per cui chiedo, e se vorrete unirvi a me dirò “chiediamo”, perché mai se un tifoso ripetutamente crea disordini allo stadio, impedendo agli altri di godere di ciò per cui ha pagato, questi viene interdetto dal frequentare quella sede con un Daspo, mentre le associazioni comuniste che ripetutamente violano uno dei principi fondanti non solo dell’Università, ma anche del nostro Stato, rivendicando fra l’altro il tutto ogni volta su Facebook, possono fare il buono e cattivo tempo liberamente senza che vengano presi provvedimenti?

Non vanno neanche scovati o cercati, ogni volta che tappano la bocca a chi esprime un’opinione diversa dalla loro producono un ridondante comunicato in cui spiegano quanto sono stati vigliacchi. Perché alle liste che portano lo squadrismo dentro gli atenei è permesso di candidarsi alle elezioni del Consiglio? Perché nessuna ripercussione sugli studenti che ne fanno parte viene minacciata? Ma soprattutto mi chiedo questo, non sapendo darmene risposta: perché i giovani comunisti hanno una tale riluttanza verso le opinioni che non appartengono al Vangelo secondo Marx?

 

Comunismo e ignoranza dogmatica

Come è possibile che non si riescano a capacitare del fatto che le opinioni diverse sono una ricchezza? Perché, cari comunisti, non riuscite a rispettare chi la pensa diversamente, perché non riuscite a guardare gli altri esprimere le proprie convinzioni per poi, pacificamente ed educatamente, esporre le vostre in antitesi? La vostra ideologia deriva da Marx e quindi da Hegel, per cui il meccanismo della dialettica dovreste averlo presente, ammesso sempre che abbiate la minima idea di ciò di cui parlate. Lasciate le tesi dei giovani di Comunione e Liberazione affisse nella facoltà e chiedete al Rettore di esporre le vostre quando le loro verranno ritirate. In un Paese liberale si fa così. E dal momento che sembrate non volerne rispettare le leggi e i principi, non lamentatevi della repressione delle vostre idee, quando siete i primi a reprimere chi invoca la libertà di opinione.

 

 

Disclaimer

Il giornalista deve cercare di esprimere le proprie opinioni il meno possibile per conservare la propria obiettività, ma mai averne vergogna. E dato che già sento le accuse che mi saranno mosse contro, ossia di simpatizzare per Comunione e Liberazione, di essere contro l’aborto o di amare alla follia D’Alema, la violenza di opinioni che in questi tempi devasta questo Paese mi costringe a fare uno strappo alla regola per mettere le mani avanti e per dimostrare che qualcuno che commenterà non avrà letto fino in fondo, come ormai troppi fanno.

Perciò: non credo che la Russia zarista fosse un esempio di economia ruggente, ma anzi la considero un regime illiberale che andava certamente superato. Ho antipatia verso il movimento di Comunione e Liberazione e sono ateo, per giunta non battezzato. Infine sono per la libertà di scelta in materia di aborto e ho poca simpatia verso Massimo D’Alema. È solo che, cari compagni, ho un terribile ed inguaribile feticismo per la libertà di opinione.

Che liberale sei? Cinque liberali per trovare la tua strada

Il liberalismo ha sicuramente dei valori fondanti, ma non esiste un manifesto del partito liberale e potremmo dire che ogni liberale ha la sua personale ideologia, che poi può essere raggruppata in una delle macroaree che compongono il liberalismo.

In questo articolo parleremo di cinque liberali diversi tra loro, anche in modo radicale, per dare alcuni spunti ai lettori.

Margaret Thatcher: Liberismo conservatore

Margaret Hilda Thatcher, primo ministro inglese dal 1979 al 1990 fu protagonista di una vera e propria rinascita economica del Regno Unito, all’epoca lacerato da sindacati che dettavano legge, lavori inutili per l’economia ma intoccabili e, in generale, da una società ancora ancorata all’economia pre guerra mondiale.

La Thatcher si contraddistinse per la sua giusta caparbietà: Nota è la sua frase “The lady’s not for turning“, non si torna indietro. Infatti nei primi anni le sue politiche, eliminando lavori inutili, crearono disoccupazione che solo dopo qualche anno rientrò nella norma, dimostrando come in effetti il mercato sia stato in grado di regolarsi.

Credeva inoltre fortemente nel principio per cui tutti sono capitalisti: Favorì infatti la vendita delle case popolari a chi ci viveva dentro e la vendita delle azioni delle aziende statali, privatizzate, ai lavoratori.

Durante il suo governo si vide un’ampia crescita del PIL, una riduzione del debito ma soprattutto un calo costante dell’inflazione.

A dispetto del nome dell’ideologia per la sua epoca la Thatcher si rivelò abbastanza progressista: Fu tra i pochi deputati tory a votare la depenalizzazione dell’omosessualità maschile e dell’aborto e, mentre in USA si faceva la guerra alla droga senza quartiere, prese misure per tenere i tossicodipendenti al sicuro dall’HIV, ad esempio fornendo aghi puliti per prevenire gli scambi.

Luigi Einaudi: Ordoliberalismo all’italiana

Luigi Einaudi fu il secondo Presidente della Repubblica Italiana, monarchico e membro del Partito Liberale come il suo predecessore Enrico De Nicola.

Nominato Senatore del Regno nel 1919, supportò per le elezioni dello stesso anno una piattaforma che proponeva il decentramento, la fine del protezionismo e l’europeismo ante litteram, supportò la prima politica economica fascista in risposta ai dazi doganali del governo Giolitti per poi distaccarsene e diventare profondamente antifascista.

Dopo il referendum del 1946 divenne ministro nell’area dell’economia, dove pose le basi per il boom economico degli anni ’50 e ’60.

Einaudi era fortemente contrario ai sussidi, che riteneva svantaggiosi e dannosi per il progresso, e supportava una tassazione proporzionale, a patto che ad essa corrispondessero servizi migliori e infrastrutture più efficienti e non fosse un vuoto sistema per raggiungere una presunta giustizia sociale.

Pim Fortuyn: Liberalismo conservatore

Pim Fortuyn fu un politico olandese, dipinto dai giornali di sinistra come paradosso: Gay ma fortemente anti islamico.

Il paradosso, ovviamente, non c’è da nessuna parte: Pim Fortuyn, barbaramente assassinato da un estremista ambientalista che voleva difendere “le minoranze”, credeva semplicemente che una società islamizzata non potesse garantire alcuna delle libertà a cui egli fortemente teneva come i diritti gay, l’uguaglianza tra i sessi e la libertà di parola.

In economia Fortuyn era fortemente liberista: Amante di Margaret Thatcher sosteneva la deregulation, il laissez faire e il governo minimo, oltre che repubblicano.

Fortuyn fu dunque un conservatore nel senso più nobile della parola: Voleva conservare le libertà dal nemico che voleva abbatterle e che, in Olanda, era più l’islamismo che il comunismo. A molti non piace dirlo ma è ovvio: Una società che ha come costituzione il Corano non può aver nulla a che fare col liberalismo.

Inoltre ebbe una forma di comunicazione populista, aprendo una stagione di liberalismo populista ancor oggi esistente: Il motto della sua lista era “at your service” ed è ben noto un video in cui Fortuyn fa il saluto militare agli elettori ponendosi al loro servizio.

Vaclav Havel: Liberalismo verde

Classificare politicamente Vaclav Havel, ultimo presidente della Cecoslovacchia e primo della Cechia è abbastanza difficile perché ricoprì sempre ruoli più onorifici che pratici. Si potrebbe dire che Havel fu un amante della libertà nel senso più ampio del termine, che sviluppò il suo pensiero politico, forse inconsapevolmente, nel solco dell’ordoliberalismo.

Fu grande avversario sul campo di Vaclav Klaus, suo successore alla presidenza e noto liberista hayekiano: Si oppose principalmente alle privatizzazioni a voucher, col timore che portassero a povertà e magheggi, come accadde ad esempio in Russia.

Punti principali dell’idea di Havel furono l’ambientalismo, tanto da portarlo ad aderire ai Verdi Cechi, partito di centro, dal 2004 alla sua morte (prima supportava l’Alleanza Civica Democratica, partito di centrodestra che candidò per la prima volta Karel Schwarzenberg, altro nome del liberalismo ceco nonché consigliere di Havel) e l’esistenza di una società civile, idea invece fortemente avversata da Klaus.

Havel è ritenuto uno dei più importanti avversari del comunismo nell’Europa orientale e ha goduto del plauso di gran parte del mondo libero e, grazie alla sua propensione al dialogo, ha unito gran parte della società ceca: Dalla destra conservatrice al centrosinistra socialdemocratico passando per il centro cattolico o hussita.

Camillo Benso: Liberalismo classico

Camillo Benso, Conte di Cavour, primo ministro italiano e fautore dell’Unità d’Italia. Benso fu uno dei pochi liberali classici della storia: Sostenitore di un modello italiano semi-federale a livello regionale, sosteneva l’integrazione europea su modello confederale e riteneva il libero mercato la base di tutto e le infrastrutture, da costruire con aiuto pubblico ma da parte di privati, il sistema operativo di esso. Ovviamente si oppose con forza ai dazi, da evitare a tutti i costi a suo parere.

Benso propose dunque un’Italia, purtroppo, mai attuata: Decentrata, liberale ed europea, un modello ancor oggi vincente e, soprattutto, possibile