Concorrenza federale e secessione

Non serve indossare un elmo verde con le corna o bere l’acqua del Po per parlare di federalismo e secessione.

Anzi, basta un bagno di realtà e guardarci attorno per avere dubbi sul paradigma dello Stato sovrano nazionale, messo in dubbio sia in zone ricche e produttive (si veda la crisi catalana) sia in zone povere (come in Corsica), sia in zone grossomodo normali come la Scozia.

Ci si può arroccare in parole scritte su carta, facendo finta di credere alla nazione “una e indivisibile”, oppure si può pensare a come riformare lo Stato, guardando ad esempi funzionanti, come in Europa abbiamo la Svizzera e il Liechtenstein.

Svizzera: Federalismo concorrenziale

Seguendo una discussione sull’autonomia lombardo-veneta, mi è capitato di leggere che “grande è meglio”.

Il bello è che stavo leggendo questa discussione mentre ero seduto su una panchina a Chiasso. Ero appena uscito dalla Regione più ricca del “grande Stato” per approdare in un Cantone povero del “piccolo Stato”… e il cantone era superiore praticamente in tutto. Si tratta di aneddoto, ma basta controllare qualsiasi statistica per vedere la Confederazione battere l’Italia, una e unitaria.

La ragione è semplice: i Cantoni sono in concorrenza tra di loro. Quando il Direttorio, il Parlamento o il Popolo decidono qualcosa devono aspettarsi che ciò abbia delle conseguenze.

Quindi, in sostanza, se Zugo decide di finanziare un Reddito di Cittadinanza tassando chi produce non può lamentarsi se qualcuno sposta la sede legale a Zurigo, a pochi chilometri di distanza. Questo è un “voto con i piedi“.

In Italia, invece, sappiamo bene come funziona: con la logica assistenzialista e con una centralizzazione tale che tutte le scelte politico-economiche vengono prese a Roma, c’è una grande distanza (o, perlomeno, molta confusione) fra chi paga i servizi assistenziali e chi li riceve.

Cosa sarebbe successo in un’Italia “svizzera“, ad esempio, col Reddito di Cittadinanza?

Per prima cosa, sarebbe stata una misura adottata a livello regionale/provinciale. Magari anche in modo coordinato tra varie Regioni, ma sta di fatto che ogni Regione avrebbe pagato il proprio Reddito e che qualche Regione nemmeno l’avrebbe adottato.

Consideriamo il fatto che ogni Regione avrebbe pagato il suo reddito: sarebbe dunque necessario per tale Regione tassare di più cittadini e imprese. Ma ricordiamoci che le imprese possono rapidamente spostare la sede legale in un’altra Regione, più libera economicamente. Quindi il governo di una Regione deve pensarci non una, non due ma cento volte prima di chiedere soldi per misure che non generano benessere.

Liechtenstein: Secessione legale

Abbiamo visto scene vergognose in Catalogna, roba che avrebbe fatto vergognare persino Josef Radetzky, che non voleva processare Cattaneo e ordinò ai propri soldati di non nuocere ai bambini.

Altri Stati, con governi più maturi, hanno provato a rispondere a queste istanze: in Italia, ad esempio, dopo il referendum indipendentista della Lega Nord vi fu una riforma autonomista voluta dal centrosinistra.

Ma un piccolo fazzoletto di terra tra Austria e Svizzera è andato oltre: il Liechtenstein, infatti, permette ai propri comuni di secedere per via referendaria, un’azione seguita poi da un trattato o da una legge e da un referendum conservativo.

Qualcuno obietterebbe che in Italia tale sistema sarebbe impossibile dato che, con tutta probabilità, giungerebbe alla Corte Costituzionale una richiesta dalla Lombardia il giorno stesso dell’approvazione della legge.

Non voglio aprire uno spinoso dibattito se la libertà valga più dell’unità, ma se penso a tutti i vantaggi che ha la Lombardia a non essere uno Stato sovrano, come ad esempio il poter contare sulla forte diplomazia italiana o il non dover mantenere un esercito, evidentemente c’è un problema in Italia, ossia la mancanza di federalismo concorrenziale.

Il diritto di secessione, in tal caso, si costituirebbe come ultima difesa contro il parassitismo di Stato che non potrebbe sviluppare misure impopolari solo in una parte del Paese, in quanto tali parti potrebbero secedere.

Cosa dobbiamo imparare

All’Italia serve al più presto un federalismo ad ogni livello, per avvicinarsi il più possibile all’individuo e renderlo più cosciente di come avvengono le spese vicino a lui.

Ciò non vuol dire solo federalismo regionale ma anche provinciale e comunale: giacché alcuni servizi dovrebbero per forza essere esercitati da Roma,  è altrettanto ovvio che molti più servizi, se fossero di competenza locale, sarebbero notevolmente migliori e rischierebbero molto meno gli effetti del clientelismo e della burocrazia.

A livello costituzionale, comunque, è a mio parere storicamente e logicamente sensato, in un contesto di sussidiarietà già descritto, definire le Regioni come federate a formare la Repubblica italiana, che poi potranno, nelle loro Costituzioni e a seconda delle loro necessità, decidere se agire come semplici strutture decentrate o anch’esse come federazioni.

Riguardo alle secessioni dovrebbe essere l’Europa a muoversi e a impedirci di rivedere scene come quelle catalane: definire un quadro unico europeo che coniughi principi come la legalità di una dichiarazione d’indipendenza secondo il diritto internazionale, come definito nell’advisory della Corte Internazionale di Giustizia nel caso Kosovo, con le necessità degli Stati e delle loro spese fatte nelle Regioni è, oltre che un modo per fornire garanzie ad entrambi, un enorme passo verso un’unità europea che non si limiti a controfirmare le velleità protezionistiche dei propri membri ma che provi a portare concordia ove vi è discordia.