L’Amazzonia brucia, e non è colpa di Bolsonaro

In questi ultimi giorni i comodi salotti degli ambientalisti d’Europa sono stati agitati e sconvolti da un’allarmante notizia, l’Amazzonia, il “polmone verde del mondo” sta bruciando ad un ritmo preoccupante. I colpevoli? Molti. Quel fascista del presidente brasiliano Bolsonaro, il cambiamento climatico, il capitalismo, il patriarcato bianco eterosessuale, il neoliberismo, la famiglia Rothschild e Donald Trump sono stati tutti avvistati sul luogo del misfatto armati di taniche di benzina e fiammiferi, intenti a bruciare la più grande foresta del mondo per costruire la loro nuova villa con piscina.

L’Amazzonia vista in questi giorni da Brasilia

Ironia a parte, il dibattito sul tema si è subito caratterizzato per il livello di disinformazione totale; e mentre i luoghi comuni piovevano sui social come grandine ad Agosto, chiunque abbia tentato – anche vagamente – di dissentire è stato immediatamente additato come: fascista, nazista, servo del capitale, eccetera. Cos’è dunque che è sfuggito riguardo al delicato problema della deforestazione e degli incendi in Brasile?

È un’emergenza straordinaria?

No.

Secondo i dati della INPE (Istituto Nazionale di Ricerche Spaziali), che da anni monitora l’avanzamento del disboscamento e il numero incendi nell’Amazzonia, il numero di incendi che ha colpito quest’anno l’Amazzonia fino al 27 di agosto è assolutamente nella norma.

Si noti invece il preoccupante picco avvenuto negli anni 2000 – 2007, quando al potere c’era il socialista Lula del Partito dei Lavoratori (stranamente di boicottaggi e attacchi internazionali allora però non se ne videro). In quegli anni il Brasile affrontò davvero una situazione di emergenza nazionale, caratterizzata però da un numero di incendi doppio rispetto al 2019.

Se andiamo ad osservare la serie storica dei dati sul numero di incendi in un anno, i risultati sono simili: il 2019 non si dimostra un anno particolarmente preoccupante, per ora (anche se il picco del numero di incendi si registra tra agosto e settembre). Si noti che i dati sono aggiornati al 27 di agosto 2019, quindi includono tutto il periodo della fantomatica “emergenza”.

Inoltre, potrebbe essere ulteriormente utile andare a confrontare il dato di agosto 2019 con la media del numero di incendi nello stesso periodo, con il massimo e con il minimo.

Come si può vedere, il numero di incendi in Brasile nel mese di agosto 2019 è addirittura inferiore alla media.

Il numero di incendi in Brasile, in particolare in Amazzonia, è tuttavia effettivamente aumentato rispetto all’anno scorso. Questo è innegabile.

Questo aumento, significativo, ma non eccezionale, ha tuttavia una spiegazione scientifica ben precisa, che i canali di informazione mainstream spesso si “dimenticano” di menzionare. Il 2019 è stato caratterizzato dal fenomeno climatico noto come El Niño, ovvero un aumento della temperatura della fascia equatoriale dell’Oceano Pacifico. Tale fenomeno comporta una riduzione delle precipitazioni nel bacino dell’Amazzonia, quindi una maggiore siccità. Di conseguenza la regione diventa molto più sensibile e soggetta ad incendi.

Come si può notare dal grafico, negli ultimi anni in cui si è verificato El Niño (2007, 2010), il numero di incendi è considerevolmente aumentato in Brasile. Il 2019 non è ancora finito, ci avviciniamo infatti al mese critico di settembre, ma ad oggi il trend nel numero di incendi non è allarmante.

E si noti ancora come, nonostante El Niño, il numero di incendi verificatisi prima del mese di agosto 2019 resti decisamente inferiore rispetto al 2007 e al 2010.

Per concludere, vorrei sottolineare come questa situazione di fantomatica “emergenza” non stia colpendo solo il Brasile, ma anche alcuni dei paesi confinati tra cui soprattutto Bolivia e Paraguay.

Bensì, buona parte degli incendi in Amazzonia ha origine proprio al confine della Bolivia, dove i narcotrafficanti sfruttano la siccità della stagione calda (agosto-settembre) per dare alle fiamme ampie porzioni di foresta per poi costruirci piste di atterraggio clandestine da cui far decollare illegalmente i carichi di cocaina.

Proprio la Bolivia infatti in questi giorni sta affrontando una situazione di reale difficoltà. Il numero di incendi che ha colpito il paese fino al 27 di agosto è infatti ben superiore alla media stagionale:

Tuttavia, la comunità internazionale non si è scagliata contro l’eco-socialista Morales né ha lamentato come le sue azioni mettano a repentaglio il “polmone verde” del mondo, ignorando tra l’altro che sia stato proprio lo stesso Morales ad aver aperto alla deforestazione dell’Amazzonia boliviana, con un decreto sovrano di inizio luglio 2019.

C’entra la deforestazione?

No.

La cosa più fastidiosa del dibattito di queste ultime settimane è stata la quantità di fake news circolate in giro. Si è sentito di tutto:

“Bolsonaro ha dato il via ad una massiccia deforestazione”

“Bolsonaro ha emanato decreti per lo sfruttamento dell’Amazzonia”

“Bolosnaro è stato personalmente visto munito di motosega nell’Amazzonia ad abbattere alberi per farci stuzzicadenti”

In primis, da quando è entrato in carica Bolsonaro non ha modificato le normative ambientali brasiliane, che anzi restano le più rigide al mondo.

Basti pensare che in un paese ricoperto al 65% da vegetazione e foresta tropicale chiunque acquisti una certa quantità di terreno in Amazzonia è obbligato per legge a mantenere inviolato l’80% della sua proprietà. Vuol dire che il suddetto contadino potrà coltivare o lavorare solo il 20% del terreno che acquista, pena la confisca del terreno stesso da parte dello Stato.

In secondo luogo, la deforestazione nella foresta amazzonica (salvo piccole fluttuazioni su base annuale) è diminuita progressivamente nel corso degli anni. Di seguito sono riportati gli ultimi 20 anni di dati dell’INPE:

Ora, i dati sulla deforestazione non tengono conto della superficie di foresta tropicale persa a causa degli incendi. Ma per fortuna l’INPE ci fornisce anche quelli (purtroppo solo dal 2002, ma aggiornati a fine luglio 2019):

Come si può vedere il 2019 non risulta particolarmente preoccupante né per quanto riguarda la deforestazione né per quanto riguarda gli incendi. Certamente ci si aspetta che la serie negativa aumenti con i dati definitivi di agosto e di settembre, ma come già evidenziato dai dati precedenti sul numero di incendi, nulla fa presagire un anno straordinariamente negativo.

Si noti quindi il totale di superficie di foresta persa per deforestazione e incendi fino a fine luglio 2019:

Certo, quel dato aumenterà. La stagione secca è appena iniziata, ma di nuovo non c’è alcuna evidenza empirica che supporti l’esistenza di una qualche emergenza. Si confronti il 2019 con altri due anni caratterizzati da El Niño, il 2007 e il 2010.

Per concludere, si noti come dal 1977 ad oggi (la deforestazione è aumentata vertiginosamente fino al 2004) la superficie coltivata del Brasile non sia aumentata più di tanto. Mi domando allora se le “lobby dei germi di soia” non stiano allora forse bruciando e coltivando l’Oceano Atlantico.

L’Amazzonia è il “polmone verde” del pianeta?

No.

In questi giorni si è diffusa forse la più grande di tutte le bufale sull’Amazzonia: quella per cui questa contribuirebbe da sola alla produzione del 20% dell’ossigeno del pianeta. Tralasciando il fatto che la maggior parte dell’ossigeno della Terra (il 50-70%) è prodotto dalla fotosintesi delle alghe oceaniche, l’Amazzonia, che non è una foresta in crescita, produce tanto ossigeno quanto ne consuma per i naturali processi di decomposizione; molto probabilmente essa è – al netto della quantità d’ossigeno richiesta -addirittura una consumatrice di O2, ovvero consuma più ossigeno di quel che produce, rilasciando CO2 nell’atmosfera.

E la Francia?

Il più acceso critico nei confronti del Brasile e del presidente Bolsonaro è stato proprio il presidente Francese Emmanuel Macron, il quale a colpi di tweet ha accusato la sua controparte un po’ di tutti i mali di questo mondo.

Sempre Macron ha invocato quindi una risoluzione globale al problema, in un tentativo alquanto interessante di mettere il Brasile sotto pressioni internazionali.

Il paladino dell’ambiente cade in doppio errore pubblicando dati falsi e una foto non di quest’anno

Non mi spingo oltre per non dare troppa attenzione a chi non ne merita. Vorrei solo ricordare che la Francia – un paese che riceve 7 miliardi di finanziamenti europei all’agricoltura – nella figura del proprio presidente, potrebbe stare reagendo in modo poco entusiasta all’accordo UE – MERCOSUL, che allentando i dazi tra i due blocchi commerciali, permetterà ai prodotti agricoli brasiliani di invadere gli scaffali dei supermercati francesi a prezzi più competitivi.

Quindi?

Per concludere, la situazione è seria dal momento che probabilmente quest’anno si assisterà ad un aumento del numero di incendi.

Tuttavia, non è una situazione straordinaria né di emergenza. Il disboscamento è aumentato nel mese di luglio rispetto allo stesso mese del 2018, ma resta assolutamente in linea con i dati degli anni precedenti. La superficie totale di Amazzonia persa fino a fine luglio tra incendi e disboscamento è assolutamente sotto la media, soprattutto considerando il fattore El Nino, mentre i dati di agosto (aggiornati al 26) sul numero di incendi confermano la realtà di una situazione assolutamente nella media.

Le uscite infelici di Bolsonaro sono indifendibili, ma altrettanto indifendibile è la disonestà intellettuale di una classe politica europea, che dopo aver conquistato lo sviluppo economico disboscando il 70% delle foreste nazionali, vuole andare a fare la morale ad una nazione ricoperta al 65% da foresta tropicale e vegetazione, basandosi su: notizie false, tendenziose, e luoghi comuni.

Il Brasile resta una delle nazioni con le regolamentazioni ambientali più severe di questo mondo. Bolsonaro non ha ancora tentato di modificarle, e anche qualora volesse (e in tal caso ci sarebbe da chiedersi perché non l’ha ancora fatto) avrebbe bisogno dell’appoggio del parlamento, cosa tutt’altro che scontata. In Brasile di fascismi non se ne vedono, e la democrazia funziona come dovrebbe. In Europa, forse, un po’ meno.

Fonti:

http://queimadas.dgi.inpe.br/queimadas/portal-static/estatisticas_paises/ (Brasile)

http://queimadas.dgi.inpe.br/queimadas/portal-static/estatisticas_paises/ (Bolivia)

https://www.forbes.com/sites/michaelshellenberger/2019/08/26/why-everything-they-say-about-the-amazon-including-that-its-the-lungs-of-the-world-is-wrong/amp/?__twitter_impression=true

https://rainforests.mongabay.com/amazon/deforestation_calculations.html

https://rainforests.mongabay.com/amazon/deforestation-rate.html

http://www.ciflorestas.com.br/cartilha/reserva-legal_qual-deve-ser-o-tamanho-da-reserva-legal.html

https://qz.com/1694263/the-amazon-rainforest-wildfires-will-worsen-this-year/