Cinque ragioni per preferire il sistema pensionistico a capitalizzazione

Oggi il sistema pensionistico in Italia, così come nella gran parte del mondo, è a ripartizione: chi lavora oggi paga per chi è pensionato oggi. Il sistema funzionava bene quando venne creato: la gente non viveva a lungo, quindi c’erano tantissimi lavoratori che potevano pagare la pensione ai pochi anziani in vita.

Oggi le cose sono cambiate: per ogni pensionato ci sono solo 1,4 lavoratori. E infatti il sistema pensionistico a ripartizione fa sempre più acqua da tutte le parti: tra riforme contabili come quella Fornero (che non è una riforma liberista, è una semplice riforma contabile) e aumenti sempre più necessari dell’età pensionabile, che sono tuttavia avversati dalla classe politica, il sistema va in buona parte a debito. Per capirci, in Italia spendiamo 280 miliardi l’anno in pensioni. Un po’ meno della metà, 110 miliardi, viene dalla fiscalità generale.

Ma esiste un’alternativa? Certo, il sistema a capitalizzazione individuale. In questo sistema la pensione non è altro che un investimento sicuro, garantito e a lungo termine che il lavoratore fa: quando arriva l’età pensionabile può disporre dei propri soldi o acquistare con essi un’assicurazione a vita. Lo Stato non si occuperebbe di tutti ma solamente degli indigenti.

E quali sarebbero i principali vantaggi? Vediamone cinque.

Sono soldi vostri

Nell’attuale sistema i soldi della vostra pensione non sono vostri. Se non avete risparmi e contate solo sulla pensione state, in sostanza, vivendo di un qualcosa che traballa fortemente.

I soldi che mettete in un fondo pensione sono, invece, vostri. Hanno chiaramente alcuni vincoli ma sono soldi vostri. Non dipendete da nessuno, se non da voi stessi, dal vostro impegno e da ciò che avete messo via.

Creano lavoro e valore

I soldi attualmente spesi in pensioni sono solitamente a basso rendimento: i pensionati di solito spendono poco e conservano molto.

In un sistema a capitalizzazione, invece, i soldi difficilmente verrebbero lasciati fermi: Verrebbero investiti, in modo da farli aumentare. E, spesso, gli investimenti creano lavoro e valore.

Increduli? In Cile i risparmi pensionistici costituiscono il 20% del PIL, arrivando in certi momenti della storia cilena al 70%, e hanno fornito molto denaro utile, assieme alle riforme liberiste, per passare da povero paese a Stato più ricco del Sudamerica.

I politici non possono giocarci

I pensionati sono, forse, la lobby elettorale più forte di questo Paese: non c’è un singolo partito in Parlamento che non moduli le proprie proposte con particolare riguardo per questa categoria.

I pensionati devono la propria ricchezza allo Stato e, di media, come ogni persona ne vogliono di più. Solo che questo volerne di più qualcuno lo pagherà, e questo qualcuno è chi paga le tasse e lavora.

Come già detto nel sistema a capitalizzazione i soldi sono i vostri: avete risparmiato molto? Avrete una pensione più alta. Avete comperato una casa bella risparmiando sui contributi? Avrete una pensione più bassa e, in caso, una casa da vendere. Avete speso tutto al bingo e avete una pensione appena appena sufficiente a vivere? Affaracci vostri.

Sia chiaro, non è che la pensione a capitalizzazione impedisce di comperarsi i voti di chicchessia. Rende, però, più difficile farlo.

Più libertà di scelta

La concorrenza porta a libertà di scelta. Oggi che il sistema pensionistico è uno e statale non c’è flessibilità: si va in pensione tutti allo stesso modo e, al massimo, c’è qualche finestra di prepensionamento.

Ma se c’è concorrenza i fondi pensione dovranno fare qualcosa per accaparrarsi la clientela. E ciò vorrà dire provare ad offrire tassi d’interesse migliore, consulenze buone e puntuali, informazioni e app migliori ma soprattutto più opzioni.

Immaginate prenotare un appuntamento col proprio consulente INPS per cambiare il proprio regime pensionistico con uno più fruttifero, ma un pelo più rischioso, e nel mentre annunciare di voler ridurre il contributo per qualche anno per poter pagare una casa più grande scegliendo di investire meno su un dato servizio accessorio (reversibilità se il fondo non è più ereditabile o contributo a spese sanitarie, per esempio). Impensabile, no? In fin dei conti, il sistema INPS è “uno e indivisibile”, paghi quello che ti dicono e ricevi ciò che ti dicono.

Ma in un sistema che dà libertà di scelta chi sceglierebbe un fondo così rigido? Nessuno. Quindi la situazione che ho descritto, che applicata all’INPS causerebbe quasi ilarità, è decisamente possibile in un sistema a capitalizzazione.

Altro punto è la possibilità di lavorare liberamente nel mondo: Se l’Europa Unita scegliesse tale modello non sarebbe più un problema lavorare un anno in Italia, tre in Slovacchia, due in Austria e sei mesi in Germania: ciò che versate non deve fare giri complicati tra le varie agenzie nazionali ma sarà versato direttamente nel vostro conto, dove frutterà.

È più semplice avere una pensione

In un sistema privato è più semplice avere una pensione. Pensate ad uno scenario relativamente comune, anche se ultimamente meno diffuso rispetto al passato: una donna che, lavorando, si sposa e quando nasce il primo figlio lascia il lavoro. Ha versato alcuni anni di contributi, ma se smette di contribuire perderà quegli anni. Sembra un ricatto e, in effetti, lo è.

E pensiamo che, sfortuna voglia, questa donna che ha lasciato il lavoro a 30 anni continui a versare e a 65, il giorno della prima pensione venga tirata sotto da un’auto e muoia: ha perso tutti i soldi versati.

In un sistema a capitalizzazione ciò non succederebbe, essendo i soldi della donna: potrebbe ritirarli o continuare a versare una somma ridotta fino ad ottenere una pensione ridotta per integrare quella del marito.

Idem vale per gli universitari: invece di una complicata procedura di riscatto possono semplicemente aprire il proprio conto, versarci qualche soldo ogni mese – prendendolo dalle mance o da qualche prestazione occasionale – per avere già qualche soldo via quando inizierà a lavorare e a versare completamente.

Sia chiaro, si può fare già oggi, ma è un sistema complementare rispetto a quello ufficiale, che resta ingessato dallo statalismo (e che obbliga ad versare comunque una parte consistente del reddito personale – ndr). Perché mantenere questi limiti, allora?