Sfido i lettori a indovinare chi ha pronunciato le frasi di seguito (trovate le risposte in nota):
- “Le imprese si reggono sui consumi: perciò sui consumatori dobbiamo fare leva”;
- “La manovra ha un piano di investimenti pubblici e di sostegno alle imprese che non ha precedenti rispetto a tutte le altre manovre economiche”;
- “È evidente che si può sforare [la regola del 3%]: si tratta di un vincolo anacronistico che risale a 20 anni fa”;
- “Dare una mano agli ultimi è anche il miglior modo per rilanciare i consumi”[1]
Viviamo in un Paese dove la polarizzazione politica è sempre più forte e gli elettori si dividono in tifoserie che si guardano con odio reciproco.
Questo rende ancora più sorprendente l’uniformità del dibattito economico italiano. Con pochissime eccezioni, tutti i grandi partiti italiani concordano sulla ricetta da somministrare al Paese: spesa a deficit per rilanciare la domanda interna.
Le citazioni di cui sopra lo dimostrano perfettamente e quasi nessuno propone altre soluzioni. Poi certo, ci sono gradazioni diverse: chi propone più investimenti pubblici, chi sovvenzioni alle imprese, chi minori tasse o sussidi alle fasce più povere, ma la sostanza non cambia.
Tralasciando la propaganda, il ragionamento economico alla base delle proposte è all’incirca il seguente: maggiore spesa pubblica e/o minori tasse significano maggiori consumi; maggiori consumi, grazie al moltiplicatore keynesiano[2], significano maggiore crescita, più che sufficiente a ripagare il deficit accumulato.
Questo ragionamento è prova della profonda ignoranza (o malafede?) dei politici italiani in materia economica. Il moltiplicatore keynesiano non è una bacchetta magica e ha grosse incognite: punto primo, il denaro preso a prestito per finanziare il deficit ha un costo sulle casse dello Stato, in termini di interesse; punto secondo, se il denaro viene prestato allo Stato non può essere prestato ai privati, i cui investimenti dunque si riducono; punto terzo, il moltiplicatore keynesiano si basa sull’aspettativa che il maggior denaro a disposizione dei cittadini sia speso e messo in circolazione nell’economia, ma potrebbe anche essere risparmiato (in effetti è sempre parte speso e parte risparmiato, con proporzioni variabili); punto quarto, chi consuma potrebbe acquistare prodotti importati, diminuendo i benefici per le imprese locali; ed infine, senza investimenti dal lato dell’offerta la produzione non può aumentare né di quantità né di qualità[3].
Insomma, l’effetto positivo, di lungo termine, del moltiplicatore keynesiano non è affatto scontato. A questo aggiungiamo che secondo gli studi più recenti solo raramente, in tempi di recessione profonda, il moltiplicatore è maggiore di 1; più abitualmente non supera lo 0,6[4].
Tradotto, significa che per ogni euro speso, il PIL del Paese cresce di 60 centesimi circa: la strada maestra per accumulare sempre più debito fino ad un inevitabile default.
Ciò che manca nel dibattito politico italiano sono i problemi di fondo dell’economia italiana, riassumibili in un paio di statistiche: siamo all’80° posto per il livello di libertà economica e al 51° per la facilità di fare impresa.
Siamo così in basso[5] perché abbiamo un sistema giudiziario dai tempi lunghissimi e incerti, una tassazione eccessivamente alta, una burocrazia opprimente e una legislazione contorta e difficile da affrontare. Sono tutti problemi ben noti nel nostro Paese e che non si risolveranno certo con altri 2 o 3 punti percentuali di deficit; la domanda allora è un’altra: perché non se ne parla durante il dibattito politico?
[1] 1) Silvio Berlusconi, parlando della futura manovra finanziaria nel Novembre 2008 https://aostasera.it/notizie/news-nazionali/berlusconi-piu-consumi-per-evitare-crisi-finanziaria-estrema/
2) Matteo Salvini, parlando della manovra finanziaria nel Dicembre 2018 https://www.ilmessaggero.it/politica/salvini_diretta_facebook_basta_insulti_minacce-4150917.html
3) Matteo Renzi, Gennaio 2014, proponendo un’alleanza al Movimento 5 Stelle https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/01/02/renzi-richiama-grillo-caro-beppe-insieme-faremmo-grandi-cose/829856/
4) Alessandro Di Battista, parlando della manovra finanziaria nell’Ottobre 2018 https://www.fanpage.it/politica/di-battista-manovra-di-sinistra-pronto-ad-andarla-a-spiegare-nelle-piazze-italiane/.
[2] Il “moltiplicatore” è un concetto elaborato dal celebre economista inglese John Maynard Keynes, in base al quale un incremento della domanda aggregata porterebbe a un incremento più che proporzionale del reddito nazionale (PIL).
[3] Per approfondimenti, ad esempio http://vonmises.it/2018/06/01/il-moltiplicatore-keynesiano-e-unillusione/; https://www.adamsmith.org/blog/tax-spending/for-every-multiplier-there-is-a-de-multiplier; https://www.cato.org/publications/commentary/faithbased-economics.
[4] Ad esempio si vedano https://www.ecb.europa.eu/pub/pdf/scpwps/ecbwp1267.pdf?5ed52b5ab649fecb6236f72c090252f3; https://www.imf.org/external/pubs/ft/tnm/2014/tnm1404.pdf; https://www.imf.org/external/pubs/ft/wp/2013/wp1301.pdf;
[5] Per capire meglio la sconfortante situazione, nel confronto con i soli Paesi OCSE (l’organizzazione che raggruppa gli Stati più sviluppati al mondo) siamo rispettivamente 36° e 32° su 37 (fonti: https://www.doingbusiness.org/en/rankings; https://www.heritage.org/index/ranking)