Gli europei tra cristianità e libertà individuali

Mi definisco un liberal-conservatore, ma cerco sempre di allontanarmi dallo pseudo-bigottismo che contraddistingue i conservatori classici. Il mio punto di vista non è quello di un cattolico vero e proprio, in quanto ormai da qualche tempo mi identifico come un ateo-agnostico. Per questo motivo, ritengo di poter dire che la mia visione sul tema delle radici della cultura europea non può essere in alcun modo influenzata da fattori che mi possano legare particolarmente al tema della santissima trinità e di tutto ciò che ne è attinente.

Eppure, ritengo che la verità sia questa, per quanto possa essere difficile da digerire per alcuni di voi che magari si legano particolarmente alla visione laica dello Stato (che io stesso ritengo oltre che giusta, doverosa), ostinatamente proposta soprattutto dagli ambienti della sinistra radicale.

Ma procediamo con ordine. La maggior parte delle persone che leggeranno questo articolo avranno visto il video promosso da Vice in cui un gruppo di ragazzi, tra cui il nostro caro Alessio Cotroneo, esprimevano le loro posizioni su tantissimi temi, dall’Europa, all’immigrazione, dall’antifascismo a Salvini. Tra questi temi, uno che mi ha colpito particolarmente è quello delle radici cristiane del nostro continente, promosso da un famoso giovane conservatore come Francesco Giubilei, respinto in toto da un altro ragazzo della sinistra radicale, il quale ha affermato che “le radici non sono cristiane; se vediamo alla storia, queste sono pagane, perché il cristianesimo nasce nell’anno 0, l’Europa no”.

Per quanto io possa almeno in parte capire l’obiezione di questo ragazzo, ritengo che alla base delle sue argomentazioni ci sia un errore di fondo, che ha a che fare con la definizione di radici. Non si parla di radici per definire “chi è arrivato prima”, altrimenti non staremo qui a parlare nemmeno dei greci, ma dei fenici, dei messapi, dei dauni, degli etruschi, dei sabini e di tutti quei popoli che hanno popolato il nostro continente di cui al giorno d’oggi poco o nulla è rimasto nella nostra cultura. Certo, abbiamo avuto influenze da parte anche di tante altre popolazioni; dai greci che ci hanno tramandato almeno in parte il concetto di democrazia, dalla cultura latina (spesso e volentieri niente più che una copia di qualcosa che era stato già trattato dai primi), dagli arabi saraceni, dai normanni e quant’altro.

Ma non sono i loro valori, quelli che ci sono stati tramandati al giorno d’oggi in maniera inequivocabile. Infatti, moralmente parlando, siamo più legati alla visione della morte dei romani o dei cristiani? E cosa dire del concetto di carità, di amore, di fratellanza, di rispetto del prossimo? Siamo magari più vicini alla visione degli arabi saraceni o alla morale delle parabole di Dio?

Forse, quel ragazzo aveva ragione nel ritenere che il Cristianesimo nasce nell’anno 0 e l’Europa no. Ma cos’è effettivamente l’Europa? Qualcuno potrebbe obiettare affermando che essa sia semplicemente un continente, un’entità geografica, una zona. Ma non è così. Il concetto d’Europa, dalla quale segue anche quello di radici europee non è legato ad una semplice visione geografica, bensì ad una entità sociale, politica, economica e culturale che nasce persino qualche secolo dopo la nascita di Gesù.

Infatti è facile scoprire che il termine “Europa”, la cui appartenenza è legata originariamente al nome della figlia di Agenore, raramente identifica un popolo o un territorio, almeno fino al VI secolo d.C. con il Monaco Isidoro Pacensis che utilizzò tra i primi questo temine per indicare i combattenti sotto la guida di Carlo Martello nella battaglia di Poitiers. Combattenti che non soltanto rappresentavano un esercito di stampo plurinazionale (in quanto questi appartenevano a diverse nazioni del tempo), ma probabilmente il primo esercito europeo occidentale biunivocamente collegato alla cultura cristiana del periodo, che si scontrò per la prima volta contro i Mori che stavano cercando piano piano di razziare l’intero continente.

Con questo, si può dire che il ragazzo che nel video si oppone alla considerazione di Giubilei, non si sbaglia una ma ben due volte nella sua obiezione. L’Europa, infatti, nasce grossomodo con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente avvenuta nel 476 d.C., anno in cui il Cristianesimo esisteva ormai da almeno quattro secoli, in cui gli apostoli, gli evangelisti e tanti altri contribuenti della causa cristiana avevano ormai diffuso a macchia d’olio in tutta Europa e in buona parte dell’Africa e dell’Asia Minore la parola di Cristo. Inoltre, sempre in questo periodo, abbiamo la vera creazione della cosiddetta “Europa degli stati e delle nazioni” con la costruzione dei vari regni romano-barbarici che si stanziarono in tutto il suolo europeo, come gli Ostrogoti in Italia, i Visigoti in Francia e Spagna, i Suebi nell’Iberia occidentale e via discorrendo e che nel giro di poco tempo arrivarono ad abbracciare la cultura e i valori cristiani.

Non solo: la storia vera a propria dell’Europa che siamo abituati a considerare, comincia nel Natale dell’800 d.C. con l’incoronazione di Carlo Magno, il quale fu il pioniere di una lunga tradizione di imperatori del Nord Europa che si faranno incoronare da quel momento in poi non solo come “regnanti” delle loro terre, ma come difensori di Roma e della fede cristiana. Fu infatti proprio Adriano I ad incoronare, nel Natale dell’800, Carlo Magno Imperator Romanorum, con la conseguente conversione di tutti i Franchi, originariamente di fede pagana, in quanto in quel periodo il Cristianesimo si dimostrò nido di tutta la cultura, di tutta la tecnologia e di tutto il sapere dell’epoca. Fu con lui che cominciò quella lunga tradizione di stampo cristiana degli imperatori europei e che caratterizzò il nostro continente nel corso della storia.

Cominciò così quel processo storico che vedrà tutti i regnanti europei nel corso della storia non solo come Re, Imperatori o quant’altro della loro terra, ma anche come difensori della fede cristiana, talvolta andandone addirittura contro e facendo come Enrico VIII, il quale, in disaccordo con Papa Clemente VII decise di fondare una Chiesa tutta sua, autodichiarandosi quale difensore di questa nuova fede, tanto che ancora oggi la Regina Elisabetta è anche a capo della Chiesa Anglicana la quale, esattamente come la fede cattolica o protestante, ebbe i suoi alti e bassi.

Perché, assieme a tutte le cose positive, noi europei siamo gli eredi culturali anche di quelli che sono stati gli orrori e le atrocità perpetrate dai cristiani in quel periodo, come la distruzione della città cristiana di Costantinopoli, delle crociate e soprattutto della soppressione di molte libertà individuali dei periodi passati. Pensiamo alla Santa Inquisizione, alla caccia alle streghe, a Copernico, a Galileo, a Giordano Bruno e a tanti altri esempi che ben conosciamo del passato.

In ciò, però, mi sento di spezzare una lancia a favore del Cristianesimo in quanto, se è vero che è a causa sua che molte scoperte scientifiche tardarono ad arrivare nel corso della storia, è anche vero che moltissimi progressi della Scienza sono stati portati avanti e foraggiati da enti della stessa chiesa Cristiana. Possiamo pensare ai Gesuiti, i quali nel corso della storia furono tra i più sensibili nei confronti delle nuove scienze, raggiungendo spesso grandi risultati in molte discipline scientifiche e che si proposero come dei custodi del sapere e della cultura scientifica in Europa, o di come la Riforma Protestante abbia indiscutibilmente un doppio legame con l’emergere della rivoluzione scientifica e dell’affermarsi della scienza come forma del sapere dominante e che portò successivamente, fenomeno che anche Max Weber ebbe modo di segnalare, ad una rapida evoluzione del capitalismo e della sua vasta diffusione nel nord Europa.

Consideriamo inoltre John Heilbron, il quale sostenne che nel periodo della Rivoluzione Scientifica, ed in particolare durante il XVII secolo, la Chiesa Cattolica non si oppose ai progressi della scienza, ma li promosse in modo attivo e fecondo. Pensiamo ad esempio alle meridiane, agli orologi astronomici, ai laboratori e agli osservatori conservati nelle cattedrali dell’epoca, visibili ancora oggi. Prima fra tutti la meridiana conservata all’interno della Basilica di San Petronio a Bologna. Potremmo in tal senso fare tante citazioni, come ad esempio il pendolo di Foucault, i cui esperimenti vennero fatti proprio all’interno del Pantheon di Parigi.

È così, veniamo a scoprire che accanto ai progressi della scienza dei nostri tempi abbiamo radici in un cattolicesimo capace anche di accettare l’innovazione scientifica e tecnologica del tempo, promulgandola ed in alcuni casi foraggiandola attivamente.

Non solo, la cultura non è solo scienza e così possiamo pensare alle arti letterarie, come ad esempio alla Divina Commedia di Dante, alle opere di San Francesco d’Assisi patrono d’Italia, alla Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso, ai Trionfi di Petrarca e molti altri ancora. Oppure possiamo pensare alle arti figurate: alla Pietà e al Mosè di Michelangelo, al Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino, alla volta e al Giudizio universale della Cappella Sistina, alla Maria sulla seggiola di Raffaello, all’ultima cena, al San Giovanni Battista, al battesimo di Cristo di Leonardo da Vinci, oppure alle varie opere di Giotto, ai suoi polittici ed alle varie opere dei suoi allievi, all’Allegoria della Concezione, alla Natività, alla Deposizione ed alla tentazione di San Girolamo del Vasari. Siamo circondati delle opere che trattano motivi religiosi Cristiani, anche nell’architettura. Pensiamo alla cattedrale di Notre Dame de Paris, andata a  fuoco lo scorso anno, o alla cattedrale di Westminster, alla Sagrada Familia a Barcellona, Santa Maria di Tyn a Praga, alla Cattedrale di Santo Stefano a Vienna, per poi arrivare in Italia e trovare la Basilica di San Marco a Venezia, il Duomo di Milano, la Basilica di Santa Maria Novella a Firenze, il Vaticano a Roma, il Duomo di Napoli, Catania, Lecce o la Basilica di San Nicola a Bari. Ovunque andiamo in Italia, la maggior parte della cultura del posto è legata in qualche modo alla fede Cristiana. Oppure, pensate ancora alla famosa Lega Santa ed alla famosa Battaglia di Lepanto vinta dalla Lega Santa Cristiana, nel nome della difesa del Cristianesimo dall’invasione dell’Islam. Parlando di Lega Santa, sarebbe assurdo non nominare l’assedio di Famagosta, il quale rappresentò, assieme all’assedio di Malta una delle lotte più importanti condotte dagli Europei in nome della cristianità. Oppure, potremmo pensare alla stessa battaglia di Poitiers precedentemente citata, ai martiri d’Otranto, alla battaglia di Vienna o ancora alla battaglia di Las Navas de Tolosa. Tutte guerre combattute in un modo o nell’altro per la difesa della cristianità e delle sue radici culturali nel nostro continente.

Insomma, ovunque andiamo in Italia o in Europa, potremmo tranquillamente constatare come il Cristianesimo sia al centro della cultura Europea, essendo stato non solo centro dello sviluppo, ma anche del mantenimento e della custodia del sapere, delle arti e delle scienze fino al nostro tempo.

Ripensiamo nuovamente alla nostra morale, alla nostra indole di stampo caritatevole in Europa che affondano le loro radici negli insegnamenti di Cristo, il quale nelle sue parole ci diceva esplicitamente di amare il prossimo, di non fare agli altri ciò che non vorremmo sia fatto a noi (sebbene io preferisca la versione di Peterson di questo detto, ovvero “Tratta te stesso come fai con chi si affida a te”) o al dare a Cesare ciò che è di Cesare, che secondo me rappresenta una delle radici della cultura liberale nel mondo.

Infatti, non siamo persone che ragionano per stereotipi, per dogmi o quant’altro come al contrario fanno (o hanno fatto) tanti collettivisti al giorno d’oggi, ma siamo capaci di discernere ciò di positivo o di negativo di cui è fatto qualcosa. E vale allo stesso modo per il Cristianesimo: se siamo dei veri liberali dovremmo essere coscienti del fatto che alla base della cultura della nostra Europa c’è senza dubbio un’influenza di tipo pagana, latina o greca. Ma dal VI Secolo in poi la maggior parte della cultura del nostro continente si basa su quelli che sono, senza se e senza ma, dei preconcetti teorizzati dal Cristianesimo. E la negazione di ciò non è solo irrispettosa, ma irriguardosa e da ingrati.

Riprendendo inoltre ciò che ho scritto in precedenza, potremmo dire che ancor prima di Hayek, Mises o di Friedman sia stato il Protestantesimo a partorire una pre-condizione culturale per la forte presenza del capitalismo nel nostro tempo. In accordo con la visione di Max Weber, infatti, il lavoro e la ricerca del profitto sono trovano una concretizzazione morale nella visione calvinista e luterana dell’impegno la quale, al contrario della visione cattolica che si fonda per lo più nella divinizzazione dell’entità superiore per l’ottenimento di qualcosa, si basa più sulla gratificazione personale e sulla preghiera a Dio per ciò di cui si è già in possesso.

Parlando di Capitalismo, non si può non parlare anche di proprietà privata (e magari anche di imposte), ed anche in questo contesto il Cristianesimo ebbe modo di influenzare il nostro punto di vista.
Come si legge nel libro “Schiavi Fiscali” di Leonardo Facco, tra le varie citazioni che egli fa, c’è anche quella di Carlo Zucchi, il quale afferma che:

“Nel proprio ruolo di esattore la Chiesa di un tempo si è sempre limitata di esigere la decima e poco altro, e ha sempre difeso la proprietà privata come strumento della responsabilizzazione della persona. Non è un caso che la deriva positivista e collettivista dell’era moderna e contemporanea, che ha condotto a prelievi fiscali elevati come non mai, abbia sovente ricevuto la condanna della Chiesa”.

Non solo, a sostegno di una visione di stampo Anarco-Capitalista della Chiesa (si fa per dire) ci viene incontro anche la Storia.

Scherzi a parte, però, si può dire senza se e senza ma che un certo riconoscimento nei confronti di un’arcaica forma di “proprietà privata” abbia radici anche di stampo Cristiano. Come ben sappiamo, infatti, fu la stessa Chiesa Cristiana che durante gli anni dell’Alto Medioevo a cercare di promuovere nei confronti dei Vassalli, ancora fedeli ai vari sovrani Carolingi, una sorta di emancipazione delle loro terre dal comando del sovrano centrale.

Fu lei, infatti, a promuoverne una sorta di alienazione, cercando di sopprimerne i vincoli, padronali e familiari, con cui si cercava di legare in doppia maniera i vari Nobili al comando centrale del sovrano.

Inoltre, sempre secondo Weber, nella cultura calvinista l’accumulo di ricchezza e di capitale altro non è che la manifestazione materiale della grazia di Dio. Infatti, questo segno con Calvino si concretizza nella ricchezza, nel prosperare e nel benessere frutto del duro lavoro e del duro sacrificio. Non solo, se qualche europeista tra di voi sogna un giorno non troppo lontano di fondare una confederazione di stampo federale sotto la bandiera dell’Unione Europea, dovrebbe convenire che non può esistere uno stato sotto un’unica bandiera se prima non esiste una cultura capace di racchiudere al suo interno, almeno in maniera parziale, tutte le storie, i percorsi storici e le tradizioni dei Paesi che comporranno in futuro detta unione.

Chiaramente, a tutto ciò c’è comunque da aggiungere che il liberalismo ha alla base la volontà di preservare ad ogni individuo la propria libertà di culto, nel pieno rispetto delle regole, della civiltà, delle tradizioni e della cultura nel Paese in cui si trovano.

Il mondo è bello perché è vario e perché, laddove si va, si può sempre entrare a contatto con culture, punti di vista e conoscenze differenti ed è proprio ciò che ho voluto fare con questa mia analisi, che si basa esclusivamente su delle considerazioni personali di quelli che potremmo definire come dati storici ed empirici del nostro tempo. Perché, se è vero che le nostre radici rimangono e saranno per sempre di stampo Cristiano, c’è bisogno però di non estremizzare questo discorso e di non utilizzare queste argomentazioni per portare avanti nel dibattito pubblico e politico una discussione becera, fondata sul bigottismo, la misoginia, la xenofobia e l’odio in generale per le altre culture nel mondo.

Allo stesso tempo però, il Cristianesimo e le radici cristiane del nostro continente possono rappresentare un buon punto di partenza, per la costruzione di un’identità di popolo tramite la quale si può facilmente provare a costruire successivamente un’unione ricca e solida. Perché, se è vero che una cultura può vivere senza uno Stato, è anche vero che uno Stato non ha motivo di esistere senza una cultura.

Ebbene sì, qualcuno avrà mandato a quel paese questo articolo solamente leggendone il titolo, per questo motivo ringrazio tutti quanti voi che avete voluto comunque cimentarvi in questa lettura, dimostrandovi capaci di non giudicare un libro dalla copertina e di provare a capire un certo punto di vista.