Siamo tutti miliardari

Qual è la minima quantità di denaro che chiederesti per vivere nel passato allo stesso modo di John Rockefeller nel 1916?  22 milioni di dollari del 2019 (che corrispondono a 1 milione del 1916)? 

Oppure 1 MILIARDO di dollari del 1916? 

Questa gran quantità di denaro ti permetterebbe di comprare abbastanza beni e servizi di altissima qualità in grado di rendere la tua vita nel 1916 diversa da quella che vivi oggi, con il tuo attuale stipendio?  

Pensaci attentamente. 

Se tu fossi stato un miliardario americano del 1916, avresti potuto comprare beni immobiliari esclusivi. Avresti potuto comprare casa sulla 5th Avenue o una che affacciasse sull’Oceano Pacifico o meglio ancora una sulla tua isola tropicale privata dall’altra parte del mondo. 

Avresti anche potuto comprarle tutte. 

Ma qualora avessi deciso di viaggiare dalla tua casa di Manhattan al tuo palazzo sulla west-coast, il viaggio sarebbe durato giorni. Tra l’altro, se lo avessi pensato in estate, non avresti nemmeno avuto l’aria condizionata durante il tragitto nella tua auto privata. 

E se tu fossi stato uno dei pochi a poter avere l’aria condizionata a casa, non l’avrebbero comunque avuta le case dei tuoi amici, bar e ristoranti che ami frequentare. In inverno, poi, molti erano scarsamente riscaldati rispetto ad oggi.

Per raggiungere l’Europa ci volevano giorni. Per arrivare nelle terre sperdute oltre Europa avresti potuto impiegare più di una settimana. 

E se tu avessi voluto inviare una lettera (come fai oggi con mail e messaggi) da New York a Los Angeles in piena notte? Impossibile. Non avresti potuto ascoltare la radio (fu inventata nel 1920) o guardare la TV. 

Tuttavia avresti potuto comprare il fonografo migliore del tempo. Che non era stereo ed era di qualità infima rispetto agli standard a cui siamo abituati da decenni. Non potevi chiaramente nemmeno scaricare la musica con un semplice download. C’erano davvero pochi film da guardare. Anche se avresti potuto tranquillamente costruire un intero cinema a casa. 

Il tuo “telefono” sarebbe stato una specie di mattoncino attaccato al muro. Non lo avresti potuto connettere a Skype per guardare i tuoi amici e parenti lontani. 

Avresti potuto comprare una limousine. Ma avrebbe avuto molte più possibilità, rispetto alla tua utilitaria del 2019, di rompersi in mille pezzi durante la marcia. 

Nel frattempo, a bordo della tua inutile, ma costosissima, scatola a quattro ruote, non avresti potuto chiamare nessuno per avvisare di essere in ritardo per l’appuntamento. 

Se in una tranquilla serata nella tua casa di Manhattan avessi avuto voglia di sushi, falafel, pho vietnamese o qualche altro cibo non autoctono del tuo Paese, saresti stato destinato a digiunare. Anche nel caso tu avessi avuto la fortuna di conoscere tali sapori lontanissimi, il tuo chef difficilmente sarebbe stato in grado di emulare piatti tanto complessi e sconosciuti. 

Avresti avuto la possibilità di rifornire di mirtilli la tua casa anche a Gennaio, ma la spesa, nonostante l’enorme disponibilità economica, sarebbe stata gravosa.  La tua connessione wi-fi sarebbe stata lentissima – ah, aspetta: non esisteva. Non importa, tanto non avresti nemmeno avuto un computer o internet. 

La sanità dell’epoca era a livelli orribili. Le cure erano poco efficaci e dolorosissime (da ricordare il figlio di Coolidge*). Gli antibiotici non esistevano. Disfunzione erettile? Disturbi psichici? Avresti solo potuto convivere con tali patologie. Sarebbe stata la tua unica opzione.

Tua moglie, tua sorella o tua figlia avrebbero avuto serie probabilità di morire durante il parto. Il neonato, tra l’altro, avrebbe avuto possibilità estremamente minori rispetto ad oggi di sopravvivere

Nonostante la tua vanità, non avresti potuto comprare lenti a contatto o trattamenti speciali per i capelli. E dimentica la liposuzione in grado di eliminare i frutti delle tue cene poco salutari. 

I contraccettivi erano primitivi: erano molto più dolorosi e molto meno efficaci di qualsiasi contraccettivo economico in vendita oggi

Saresti stato completamente escluso dalla ricchezza culturale generata dalla globalizzazione durante tutto il secolo scorso. Non c’era musica ispirata da America o Gran Bretagna come il rock’n’roll. Niente reggae. Il jazz era ancora alle primissime fasi e avresti potuto ascoltare davvero poche canzoni.

Avresti potuto comprare i più pregevoli orologi svizzeri, ma non sarebbero stati in grado di misurare il tempo così accuratamente come un qualsiasi Timex economico odierno o qualsiasi smartphone.

Sinceramente, non accetterei mai di abbandonare il 2019 per essere un miliardario del 1916. Per gli standard del 1916, io oggi sono ben più che miliardario. Questo significa che il me di oggi è nella pratica più ricco di quanto il miliardario John Rockefeller non fosse nel 1916. E se, come credo, le mie preferenze non sono inusuali, allora ogni occidentale borghese oggi è in pratica più appagato di quanto non fosse l’uomo più ricco del mondo soltanto 100 anni fa.   

*Nel 1924, il figlio del presidente USA Coolidge morì a causa di una infezione al piede ricavata durante una partita di tennis nei giardini della Casa Bianca. 

Articolo tradotto da CafeHayek.com

Il grafico sottostante mostra come sempre meno persone vivano in condizioni di estrema povertà (nel 1820 il 90% della popolazione viveva con meno di 1,20 dollari al giorno, oggi solo il 10%. E siamo 7 miliardi in più!).

Articolo 81: perché ignoriamo il principio di responsabilità?

Se c’è una cosa che da sempre stimola il dibattito politico e istituzionale italiano è la Costituzione. Non esiste partito politico che non si sia forgiato almeno una volta della retorica del celebre articolo 1: “la sovranità appartiene al popolo!” dicono. E fanno bene.

Peccato che spesso – oltre a dimenticare “i limiti e le forme” che la carta traccia – ci si dimentichi che la nostra Costituzione getti anche le basi per una buona condotta fiscale da parte dello Stato.

Quanti di noi hanno mai sentito nominare nei dibattiti dei salotti televisivi italiani l’articolo 81? Quanti di noi conoscono effettivamente cosa rappresenti questo articolo?

Ecco.

Secondo tale articolo:

 

lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico. […] Il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono stabiliti con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera, nel rispetto dei princìpi definiti con legge costituzionale.”

Per Luigi Einaudi «costituisce il baluardo rigoroso ed efficace voluto dal legislatore allo scopo di impedire che si facciano nuove o maggiori spese alla leggera, senza avere prima provveduto alle relative entrate».  

Ma perché è così importante avere un quadro costituzionale ordinato in materia economica? 

Deve essere chiara una cosa. L’ampio grado di discrezionalità che ha guidato la politica economica italiana si è rivelato un disastro. 

La legittimazione dei disavanzi e delle politiche economiche in deficit spending, seguite all’abbandono di una prospettiva costituzionale in materia economica e fiscale hanno condotto alla crescita incontrollata della spesa pubblica e del debito pubblico. Per corroborare questa osservazione basta ricordare come il debito, dopo il definitivo abbandono del principio costituzionale qui discusso, sia passato nell’arco di soli quattro anni (1989-1993) dal 98% del Pil a quasi il 120%.

Ad oggi, la spesa pubblica vale il 47% del Pil del paese e ha toccato la cifra mostruosa di 900 miliardi di euro. Per quanto riguarda il debito pubblico (132% del PIL), invece, siamo preceduti soltanto da USA, Giappone e Francia (parlando in termini numerici e non in rapporto al Pil, che per i suddetti stati è maggiore di quello italiano, ndr).

La possibilità da parte dello Stato di spendere a credito, nota argutamente Antonio Martino, aggiunge un altro metodo di “finanziamento” delle spese a quelli ortodossi ed ostacola la valutazione del costo effettivo delle decisioni di spesa. 

Le conseguenze drammatiche sono il drastico aumento della spesa pubblica «irrazionale» e delle asimmetrie nella percezione di costi e benefici della suddetta.  Aumenta quindi l’incentivo a spalmare i benefici su un ristretto gruppo di cittadini a scapito dell’intera collettività. 

Così facendo, infatti, si evitano tensioni interne grazie alle pressioni dei pochi grandi beneficiari e alla consistente negligenza di una collettività danneggiata da oneri di dimensioni ridotte. 

Ricordando un celebre pamphlet di Bastiat, poi, la seconda asimmetria è causata dal rapporto tra i benefici visibili (ciò che si vede, direbbe il filosofo) e i costi invisibili (ciò che non si vede, poiché non avvertiti direttamente dalla collettività).

La mancanza di una prospettiva costituzionale in maniera fiscale, inoltre, è anche la causa della preoccupante e costante instabilità politica del nostro Paese. 

Ogni governo dura in media 10 mesi, e alle prospettive di una breve vita si affianca la necessità di produrre un beneficio immediato a scapito della collettività del domani. Il deficit spending, insomma il modus operandi di chi ritiene come Keynes che “nel lungo periodo saremo tutti morti”, si traduce praticamente in una imposta sulla collettività del futuro.

E per cosa? Per rallentare ulteriormente la crescita della spesa privata produttiva.

Il disavanzo pubblico sottrae di fatto fondi all’investimento privato (i cittadini che richiedono un prestito sanno di doverlo ripagare, di conseguenza cercheranno di investire i capitali nella maniera migliore) per indirizzarli al consumo, dissipando la capacità produttiva del paese intero.

Le numerose spese per trasferimenti e per gli investimenti delle aziende passive pubbliche, infatti, non apportano nessun miglioramento alla produttività nazionale. Senza considerare poi il rallentamento degli investimenti causato dalla paura dell’aggiunta in futuro di imposte per ripagare il debito spropositato o i relativi e sempre crescenti interessi (proprio quelli che i cultori dell’avanzo primario italiano ignorano).

È così importante, dunque, che i governi seguano una rigida disciplina fiscale e che non si lascino guidare dalla discrezionalità? Decisamente. 

Solo in questo modo, attraverso una norma costituzionale e un vincolo all’arbitrio nelle decisioni di spesa, ci si può aspettare di creare una finanza e un governo responsabili.