Chi è il liberalconservatore di oggi?

Oggi il termine “conservatore” è diventato quasi una parolaccia, “liberale” è un insulto, “liberista” non ne parliamo; al contrario “nazionalista” viene percepito come un titolo di encomio. Che fine hanno fatto però i liberalconservatori? Chi è il liberal conservatore?

Oggi il termine sembrerebbe una contraddizione, ma in realtà non lo è. Minoranza di una minoranza (i liberali), i liberalconservatori sono ritenuti ambigui proprio per la loro attitudine positiva verso il laissez-faire in economia e il conservatorismo relativo in alcuni cosiddetti valori, sebbene siano aperti alla cosiddetta “nuova generazione” dei diritti, senza dimenticare la centralità e l’unicità dell’individuo.

Nell’economia e nella società, il mercato è la loro guida. Sono tante le sfumature di liberalismo; le versioni occidentali non-anglosassoni, come evidenziato da Friedrich von Hayek, cercano disperatamente di tenersi alla larga dal liberalism, a cui si ispirano i movimenti del centrosinistra (e dalla ex Terza Via, in voga negli anni Novanta), che con John Locke o Adam Smith hanno poco a che fare.

Innanzitutto, quando si tenta di identificare i liberalconservatori c’è storicamente un’enorme confusione nei termini da utilizzare per definire la categoria. «Moderati, liberali, centristi: non sono sinonimi» ha scritto Angelo Panebianco (Corriere della Sera, 26 giugno 2019). Inoltre: «Un moderato è uno che non sopporta né le urla né le semplificazioni/banalizzazioni» (in questo senso, è avversario supremo dei demagogo-populisti di destra e di sinistra); «un moderato non è necessariamente un liberale: erano moderati (ma non liberali) quegli elettori della Democrazia Cristiana […] che accettavano come normale un livello di intrusione statale nella vita economica tale da suscitare la ripulsa dei (pochi) liberali allora in circolazione.»

In Italia il liberalismo non ha attecchito granché (non stupisce dunque l’assenza o quasi dei liberalconservatori), ma sebbene la cultura liberale sia poco studiata e applicata in diversi campi sociali, questo non vuol dire che non sia presente.

Ai margini della vita politica ed economica del paese, i liberalconservatori vanno distinti categoricamente dalla destra sociale (quella sì ben presente in Italia), che a livello economico ha sempre promosso ricette e formule, semplificando, para-socialiste. La destra (più o meno sociale) non è affatto mancata nell’Italia repubblicana e non è stata neppure tanto una minoranza (sebbene mai maggioranza).

Solo nella cosiddetta Seconda Repubblica ce ne sono state addirittura tre: una postfascista, corporativista, antiliberale, nazional-statista (l’ex Movimento Sociale, poi Alleanza Nazionale, oggi Fratelli d’Italia); una leghista, protezionista, localistica, secessionista, anti-nazionalistica prima (Lega Nord 1987-2012) e nazionalista e a tratti xenofoba poi (Lega 2013 oggi); una berlusconiana, confusamente colbertista, a parole liberale, vagamente post-democristiana, antistatalista, affaristica (Forza Italia 1994-2008, Popolo della Libertà 2008-2013, Forza Italia 2013-oggi?).

A sua volta, la destra (di nuovo, più o meno sociale) va distinta dal “conservatorismo”. Secondo Ernesto Galli della Loggia (Corriere della Sera, 1° ottobre 2016), «cultura conservatrice vuol dire identificazione ragionata con il lascito del passato, con gli edifici, il passaggio e i costumi di un luogo, l’attaccamento ai valori ricevuti […]; e poi senso delle istituzioni, considerazione non formale per i ruoli, i saperi, le competenze, rispetto delle regole.»

In tutto questo, c’è poco di liberale, ma un ponte primordiale con tale micro-universo politico lo aveva gettato nel 1972 nel Manifesto dei Conservatori Giuseppe Prezzolini, secondo cui «il Vero Conservatore si guarderà bene dal confondersi con i reazionari, i retrogradi, i tradizionalisti, i nostalgici, perché il Vero Conservatore intende “conservare mantenendo”, e non tornare indietro a fare esperienze fallite». In questo paradossale “progressisimo”, è vicino al liberale. Il conservatore può essere moderno e molto vicino a quest’ultimo (come ha spiegato proprio von Hayek). I due non sono incompatibili.

Una figura controversa nel mondo tradizionalista come Giovannino Guareschi scrisse ad Alcide De Gasperi sintetizzando bene alcuni elementi liberal-conservatori: «Siamo noi, […] noi cittadini liberi […] Noi che siam […] cristiani pur rifiutando sdegnosamente di metterci in testa papaline colorate, noi che sentiamo la necessità di una migliore giustizia sociale ma che mai accetteremo di fare alcunché di demagogico. Noi che per vivere dobbiamo lavorare duramente come l’ultimo dei proletari ma abbiamo l’orgoglio di essere borghesi. Noi che siamo per l’ordine ma che odiamo ogni tipo di dittatura. Noi che siamo per il trionfo dell’individuo ma non ammettiamo il divismo. Noi che abbiamo orrore della guerra ma che non ci siamo mai sottratti […] ai nostri doveri di cittadini […] Noi che sosteniamo il diritto di scioperare ma che non abbiamo scioperato mai […] Noi che vogliamo il trionfo dei nostri diritti ma ci preoccupiamo, prima di ogni altra cosa, di fare il nostro dovere.» (Il Candido, 1948, riportato da Bombardate Roma! di Mimmo Franzinelli).

Interessanti considerazioni su cosa sia un conservatore oggi – e quest’ultimo va conosciuto e studiato per differenziarlo dal liberale – le ha fatte Gian Enrico Rusconi nel suo Dove va la Germania?, in cui ha stabilito chiaramente le differenze tra il mondo conservatore e quello della destra (sociale): «Il conservatore sa che il cambiamento generale non può essere impedito: vuole dare forma a questo cambiamento. Il tradizionalista decide che tutto deve rimanere com’è. Il reazionario vorrebbe far tornare indietro la ruota del cambiamento. Il conservatorismo non conosce verità eterne, al contrario: […] difende oggi quello che ieri ha combattuto». Cosa che non è del tutto estranea all’immoderatezza, all’anticonformismo e all’effervescenza liberale.

A dispetto di quanto afferma chi lo identifica come populista, «il conservatore accetta la pluralità delle culture e la loro coesistenza. Quello di destra invece è un modo di pensare che mette al primo posto la (presunta) omogeneità del proprio gruppo, ed è indifferente verso le altre culture e forme di vita finché non interferiscono con la propria»; parliamo dei nazionalisti-populisti, o altrimenti detti, sovranisti. Profondamente collettivisti e, come tutti i collettivisti (di destra e di sinistra) – seguendo Ayn Randrazzisti.

Non da ultimo, continua Rusconi, «una differenza fondamentale tra conservatori e destra sta nel linguaggio. I conservatori sanno che molte delle loro richieste […] non trovano consenso maggioritario, ma non per questo recriminano parlando di “terrorismo” nei loro confronti o di “stampa bugiarda”, quando le loro opinioni non sono accolte. Un vero conservatore considera l’ordinamento liberale della società un valore in sé e la difesa più grande contro i tentativi autoritari.» Un conservatore è moderato individualista (lo è anche il liberale); un nazionalista è un estremista collettivista. I ponti tra liberali e conservatori ci sono. I liberalconservatori esistono.

 

Capire il Libero Mercato: 10 aforismi di personaggi famosi

Immagina di essere con i tuoi amici e, ad un certo punto, come sempre, inizia il dibattito politico. Nessuno sa cosa sia il libero mercato, ma lo criticano tutti. Per te loro sono tutti socialisti, tu per loro sei uno strano egoista turbocapitalista che vuole la disumanizzazione totale.

Ecco 10 piccoli passi per capire e far capire il Libero Mercato ai profani:

  1. Condannare il libero mercato a causa di ciò che accade oggi non ha senso. Non ci sono prove che il libero mercato esista oggi. Siamo profondamente coinvolti in un’economia pianificata dall’interventismo, che consente ai partiti di ottenere importanti benefici dal punto di vista elettorale. Si può condannare la frode e il sistema attuale, ma devono essere chiamati con i loro nomi propri: inflazione keynesiana, interventismo e corporativismo. [Ron Paul]
  2. La generazione di oggi è cresciuta in un mondo in cui, sia tramite la scuola che nella stampa, l’imprenditorialità è stata rappresentata come attività disonesta e cercare il profitto è stato definito un atto immorale, e dare un lavoro a centinaia di persone è considerato sfruttamento, ma è considerato onorevole far dare ordini allo Stato ad altrettante persone. [Friedrich Von Hayek]
  3. La nostra libertà di scelta in una società competitiva si basa sul fatto che, se una persona rifiuta di soddisfare i nostri desideri, possiamo rivolgerci a qualcun altro. E non può avvenire con un monopolio statale. [Friedrich Von Hayek]
  4. La grande virtù di un sistema di libero mercato è che non importa di che colore siano le persone; non importa quale sia la loro religione; importa solo se possono produrre qualcosa che vuoi comprare. È il sistema più efficace che abbiamo scoperto per consentire alle persone che si odiano l’un l’altra di confrontarsi e aiutarsi a vicenda. [Milton Friedman]
  5. Tutti i sistemi sono capitalisti. È solo una questione di chi possiede e controlla il capitale – che sia un re, un dittatore o un privato. Dovremmo concentrarci sul contrasto tra un sistema di libero mercato, in cui gli individui hanno il diritto di vivere come re se hanno la possibilità di guadagnare quel diritto, e un sistema in cui l’economia è controllata dallo Stato, come nelle nazioni socialiste. [Ronald Reagan]
  6. Ci son 4 modi per spendere i soldi. Puoi spendere i tuoi soldi per te stesso: in tal caso, sarai davvero attento a cosa starai facendo e cercherai di avere la massima resa per la tua spesa. Oppure, puoi spendere i tuoi soldi per qualcun altro: per esempio, io ho comprato un regalo di compleanno per una persona; in realtà non ho grande interesse per il contenuto del dono, ma sono stato molto attento al costo. Altra possibilità, tu puoi spendere i soldi di qualcun altro per te: e allora se puoi spendere i soldi di qualcun altro per te stai sicuro che ci scapperà una bella mangiata al ristorante! Infine, io posso spendere i soldi di qualcuno per un’altra persona ancora; e se io dovrò spendere i soldi di uno per un altro, non sarò preoccupato a quanto ammontino, né sarò preoccupato su come li spendo. E questo è quel che fa lo Stato. [Milton Friedman]
  7. Il libero mercato è una rete di scambi volontari e gratuiti in cui i produttori lavorano, producono e scambiano i loro prodotti per i prodotti degli altri attraverso prezzi volontariamente raggiunti. [Murray Rothbard]
  8. Il benessere degli Stati Uniti non fu creato dai sacrifici pubblici per il bene comune, ma dal genio produttivo degli uomini liberi che perseguivano i propri interessi personali e la realizzazione del proprio destino. [Ayn Rand]
  9. Il fatto centrale più importante su un mercato libero è che nessuno scambio avvenga a meno che entrambe le parti non ne traggano vantaggio. [Milton Friedman]
  10. Più lo stato pianifica, più l’individuo si trova in difficoltà nell’organizzare la propria vita. [Friedrich Von Hayek]

La concorrenza è sleale o più efficiente? È questione di distruzione creativa

James Taggart, Il presidente di una compagnia ferroviaria discute con uno dei suoi dipendenti, Eddie Wilers, il quale gli fa notare che il loro servizio è pessimo da mesi e che stanno perdendo tutti i loro clienti:

«Jim! Non capisci che la nostra linea, la Rio Norte Line, sta andando in rovina, che qualcuno ci biasimi o no?»

«La gente la userebbe, sarebbe costretta a usarla… se non fosse per la Phoenix–Durango.»

Vide il viso di Eddie irrigidirsi. Continuò: «Nessuno si è mai lamentato della Rio Norte Line, finché non è venuta in campo la Phoenix–Durango!»

«La Phoenix–Durango sta facendo un magnifico lavoro.»

«Immagina, una cosa che si chiama Phoenix–Durango che fa concorrenza alla Taggart Transcontinental! Non era che una linea locale adibita al trasporto del latte, dieci anni fa.»

«Ora, però, ha ottenuto la maggior parte dei trasporti dell’Arizona, del Nuovo Messico e del Colorado.»

Dopo questo breve estratto del discorso fra Eddie e James dal romanzo La Rivolta di Atlante di Ayn Rand, mi viene in mente un solo concetto: la Distruzione Creativa di Schumpeter, ovvero l’innovazione che permette di produrre nuovi beni, offrire migliori servizi, aprire nuovi mercati, il tutto magari a costi ancora più convenienti.

Sì, le aziende che non si innovano vengono “distrutte”. E cosa c’è di male? Abbiamo visto tutti la fine della grandiosa Olivetti, l’impero industriale che ha influito sul mercato mondiale con i suoi prodotti, la stessa Olivetti che è passata da 26’000 dipendenti alla fine degli anni ’90 ad oggi con poco più di 500. La domanda e l’offerta si evolvono nel tempo, non è possibile rimanere ancorati al passato se si vuole guardare al futuro, anche con la propria azienda.

Ma allora perché questa distruzione è creativa? Perché la società si sviluppa, avanza tecnologicamente e nuove aziende con prodotti e servizi più adatti o migliori sostituiscono le aziende precedenti.

La situazione che permette tutto ciò è la concorrenza. Perché?
Un albero che è da solo nel campo cresce storto e spande lontano i suoi rami, mentre un albero che è in mezzo al bosco, con l’opposizione degli alberi vicini cresce dritto e cerca l’aria e il sole sopra di sé” (Immanuel Kant, Lezione sulla Pedagogia)

La concorrenza è il fulcro della sopravvivenza e dell’autodeterminazione, è la capacità di migliorare e migliorarsi per non rimanere indietro; è anche possibile fare una’analogia con l’eros platonico, la forza che permette al mondo di andare avanti e di evolversi. Si potrebbe anche dire che l’Individuo ha la tendenza a competere con la propria persona, per superarsi e migliorarsi, ma andrei in un altro, bellissimo ambito.

In sostanza, è sleale che qualcuno dia il meglio di sé, quando le regole sono le stesse per tutti? No, tutt’altro: è sbagliato fermarsi ed aspettarsi che la situazione diventi statica una volta arrivati al vertice. Bill Gates non sarebbe il primo nella lista di Forbes da lustri se non avesse saputo innovarsi, ma James Taggart -come milioni di persone nel nostro paese- era obnubilato da quella mentalità che non consente di vedere oltre il proprio naso, quella mentalità che preferisce preservare l’ordine anziché sovvertirlo per esaudire i propri sogni e al contempo migliorare la società.