Riformiamo il sistema detentivo guardando a San Marino

La vicina Repubblica di San Marino è uno Stato all’avanguardia in materia di sistema penale.

Sarà per contingenza, dato che l’unico carcere della Repubblica ha sei celle, sarà perché è noto che gli Stati piccoli curano di più gli individui che ci vivono rispetto a quelli grossi, che tendono a punirli e basta.

Cosa possiamo imparare dalla piccola Repubblica del Titano?

Riforma della giustizia

Ha poco senso parlare di riforma del sistema detentivo finché il codice penale italiano resta quello fascista, che come scopo aveva quello di instillare nei cittadini il Sacro Timor di Stato.

Dobbiamo abolire i reati senza vittima, iniziare un ampio piano di legalizzazione della droga e introdurre, come già accade in altri Stati, l’azione penale facoltativa, la giustizia bagatellare e i danni punitivi, che vanno ad escludere l’azione penale creando, però, l’effetto deterrente.

In tal modo si alleggerirà di netto il sistema penale e carcerario: Non vi verranno immessi spacciatori e taccheggiatori, affidati alla giustizia bagatellare, né piccoli criminali, che potrebbero cavarsela con un danno punitivo pagato alla vittima.

Niente cautele

In Italia si fa ampio uso della custodia cautelare, col risultato che chi viene assolto dovrà essere risarcito, a spese dei contribuenti  e non del giudice. Se, intanto, l’ingiustamente detenuto è membro di qualche categoria “cattiva”, come ad esempio un imprenditore maschio e donnaiolo, non si può escludere che il giudice che l’ha mandato in galera sia stato mandato in Parlamento.

A San Marino le misure cautelari sono scarsamente utilizzate. Oltre a far pagare ai giudici le spese per l’ingiusta detenzione l’Italia dovrebbe adottare altre misure cautelari come il divieto di avvicinamento ad una persona specifica o ad un luogo ed, eventualmente, il concetto di cauzione.

Misure alternative

Ma la vera vittoria della Serenissima Repubblica sta nella riabilitazione: Invece di rinchiudere chi sbaglia, come se fosse un’onta da nascondere, esiste una commissione nazionale che si occupa di riabilitazione ed ogni condannato ha un tutor che deve reinserirlo, consigliandolo come un amico, nella società e nel mondo del lavoro.

Se indubbiamente alcune persone, come mafiosi e assassini gravi, è meglio tenerle chiuse e separate, almeno temporaneamente, dalla società è innegabile che tanti reati oggi puniti col carcere potrebbero essere  gestiti in modo migliore per tutti tramite un sistema di riparazione, compensazione e, per lievi reati dovuti alla povertà, al reinserimento nel mondo del lavoro, con una cesura minima tra l’individuo che ha sbagliato e la società, riducendo anche il rischio di reiterazione.