Perché si vive meglio negli Stati piccoli?

Dei dieci Paesi europei economicamente più liberi ben nove sono classificabili come Stati piccoli, per territorio o popolazione. L’unica eccezione è il Regno Unito. Lo stesso per le libertà civili: nove su dieci sono Stati piccoli, l’unica eccezione è il Portogallo. Per il PIL pro capite? Nove sono Stati piccoli, la Germania è l’unica eccezione. Sanità? Tutti e dieci Stati piccoli. Felicità? Ancora nove con l’eccezione dello UK. Inoltre, quasi nessuna di queste classifiche tende a classificare microstati come il Liechtenstein, che sappiamo avere un’economia molto libera.

Per quale ragione gli Stati piccoli primeggiano? Tanti direbbero – ti consiglio di leggere l’articolo linkato! – “perché sono paradisi fiscali che rubano agli stati sociali europei”, ignorando il fatto che spesso gli Stati che primeggiano sono quelli scandinavi: piccoli in popolazione – e a volte la popolazione nel determinare la “grandezza” in senso socioeconomico conta più della superficie – ma con forti Welfare State.

Le ragioni si possono desumere conoscendo il liberalismo. Già nell’Ottocento Alexis de Tocqueville faceva notare:

Nulla è più contrario dei grandi stati al benessere generale e alla libertà individuale […], se non vi fossero che i piccoli Stati e non i grandi, l’umanità sarebbe senza dubbio più libera e felice.

Alexis de Tocqueville

Sicuramente era un bastian contrario della sua epoca: un francese – cittadino del Paese che ha dato i natali allo Stato nazionale – che nell’epoca in cui si anelava l’unità d’Italia e di Germania criticava i grandi Stati. Ma la storia gli ha dato ragione.

Quali sono, in pratica, le motivazioni che rendono i piccoli Stati migliori di quelli grandi? Vediamolo assieme.

Meno autarchia e più libero commercio

I piccoli Stati tendono ad avere meno risorse sul proprio territorio rispetto a quelli grandi per ovvie ragioni. Quindi possono dipendere meno da sé stessi e devono per forza puntare sul commercio internazionale.

I grandi Stati, invece, possono in larga parte usare proprie risorse. Se ciò ad una prima analisi può sembrare una cosa positiva, in realtà non lo è: porta gli Stati a favorire il proprio anche quando è economicamente sconveniente, come nell’esempio dei minatori e della Thatcher.

La ragione è banale: a livello politico è impopolare far estinguere settori solo perché economicamente sconvenienti. Più uno Stato è grande più avrà settori da proteggere e quindi rallenterà la propria economia.

Più uno Stato è piccolo, invece, più questo Stato dipenderà dal libero commercio con Paesi lontani e vicini e dal mantenere buoni rapporti con loro. Questo Paese sarà più legato alle leggi del mercato e sarà in grado di creare più ricchezza in tal modo. Infatti secondo il Global Enabling Trade Report, in Europa, dei dieci Paesi più liberoscambisti otto sono piccoli.

Concorrenza (fiscale) più semplice

Secondo la narrazione mainstream la concorrenza fiscale è un male da limitare ma in realtà è un bene da incentivare. La ragione per cui negli ambienti europeisti di sinistra la si critica è che avvantaggia gli Stati efficienti, che sono praticamente sempre quelli piccoli. Voler risolvere i problemi dei grandi Stati vietando a quelli piccoli di funzionare bene è come avere una perdita in cucina e smettere di mangiare invece che ripararla: non ha alcun senso. Bisognerebbe invece chiedersi “perché il piccolo funziona?” e trarne lezioni anche per i grandi, come suggerisce il buon Giovanni Adamo II del Liechtenstein.

Se le unità statali sono piccole è più facile accedere a questa concorrenza. Basta spostarsi di pochi chilometri per avere condizioni fiscali più adatte alle proprie esigenze. Con Stati grandi ciò è molto più difficile, quindi hanno un minore incentivo a mettersi al servizio dei contribuenti e delle aziende e a efficientarsi in modo da avere un livello di servizi adeguato alla tassazione.

Ma concorrenza non vuol dire averla solo sulle tasse. Piccole unità territoriali – statali o sottostatali decentrate – possono concorrere anche nel tipo e nella quantità di servizi che forniscono. Si tratta del concetto espresso nel libro “Lo Stato nel Terzo Millennio” del già citato Principe del Liechtenstein e che provo a spiegare meglio qui.

Più decentramento

Una spiegazione sul sistema svizzero fatta dalle autorità svizzere

Sembra assurdo pensare che gli Stati piccoli decentrino di più di quelli grandi, in fin dei conti a trarre beneficio dal decentramento dovrebbe essere il grande, non il piccolo.

Eppure, dati alla mano, spesso sono i Paesi piccoli a decentrare meglio. Pensate al federalismo svizzero o al decentramento comunale del Liechtenstein. Oppure, come non citare il fatto che nei Paesi scandinavi il welfare sia, in larga parte, in mano a entità locali (quando non è in mano a privati come alcune scuole in Svezia)?

Sulla ragione sono giunto ad una teoria: gli Stati grandi hanno molte situazioni socioeconomiche sul proprio territorio e molte di esse hanno problemi. Viene spontanea la creazione di un “nazionalismo sociale” che chiede che “non esistano cittadini di serie A e di serie B” e propone un marcato intervento dello Stato, quasi sempre fallimentare, negli affari locali per “dare a tutti gli stessi servizi”.

Gli Stati piccoli tendono ad essere per loro natura più uniformi e quindi possono mettere l’efficienza prima di questa forma di nazionalismo sociale, dunque decentrando e avendo, alla fine, servizi migliori e una struttura più funzionale.

Democrazia migliore

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Landesgemeinde, un’antica forma di democrazia diretta ancora praticata in parte della Svizzera. Fonte Wikimedia Commons

Nove delle dieci democrazie migliori d’Europa sono piccoli Stati secondo il Democracy Index. Non è chiaramente un fatto a sé: se come abbiamo già mostrato in questi Paesi lo Stato è leggero e decentrato è abbastanza ovvio che la qualità della democrazia sarà maggiore rispetto ai Paesi dove lo Stato deve affrontare mille questioni e vince chi urla di più inventandosi la crisi del momento.

Comunque, in generale, gli Stati piccoli hanno una democrazia migliore anche per le proprie dimensioni: è più semplice che i rappresentanti siano vicini al cittadino – come ad esempio accade in Svizzera – e l’esercizio della democrazia diretta non ha i costi proibitivi che ha nei Paesi grandi.

Molti direbbero che la democrazia diretta è meglio non averla, ma così non è: sono i nostri Stati elefantiaci e mastodontici a non avere una struttura adatta ad essa. Nei due Paesi europei dove c’è la democrazia diretta ha prodotto ottimi risultati e ha responsabilizzato i cittadini nell’uso dei propri soldi.

Unioni migliori

Quando ho osato criticare l’Unione europea è arrivato uno stuolo di nazionalisti che avevano barattato il loro tricolore con una bandiera a dodici stelle a lamentarsi animatamente – in un comportamento che una persona, che per di più non condivideva il contenuto originale, ha saggiamente definito “grillismo europeista” – perché, per loro, dire che ci sono Stati che possono stare bene senza Bruxelles è una brutta bestemmia.

Un giorno scriverò un articolo sulle critiche all’attuale integrazione europea da un punto di vista liberale, ma proviamo un attimo a immaginare un’Europa composta da piccoli Stati.

Per gli Stati piccoli è parecchio difficile avere una forza militare degna di tal nome. Sarebbe quasi spontanea un’unione ai fini militari di questi Stati, come già spiegavo nell’articolo linkato nell’introduzione.

Anche a livello diplomatico gli Stati piccoli, con le dovute eccezioni, tendono a pesare poco. Un’unione sarebbe spontanea anche qui e, tra l’altro, Stati piccoli tendono a favorire la stabilità per poter commerciare liberamente rispetto a interessi partigiani.

Anche un mercato comune di beni, persone, capitali e servizi, con il limitato governo che esso richiede, verrebbe spontaneo: infatti Stati piccoli possono affidarsi molto meno ad una “autarchia interna”, anche per quanto riguarda i lavoratori, come mostrato nei punti precedenti.

Fin qui basta. Non c’è bisogno di accentrare la democrazia – cosa che rende i politici meno responsabili – né di limitarsi la concorrenza come provano a fare gli Stati oggi usando l’UE come un mezzo per dire agli altri dove comperare, arrivando agli assurdi della Francia e dell’Italia che sostengono posizioni diplomatiche diverse in Libia ma guai a loro se commerciano con Paesi diversi.

Essendo il libero scambio per gli Stati piccoli un bene questa Unione cercherebbe trattati vantaggiosi per tutti ma non avrebbe nulla da contestare se uno degli Stati commerciasse liberamente con altri Paesi ancora, finché coerente con la linea diplomatica comune.

Ecco, io preferirei mille volte un’unione come quella descritta rispetto all’UE che, nei fatti, per favorire alcuni Stati membri è molto unita dove potrebbe non esserlo e disunita dove un’unione sarebbe benefica per tutti.

Fonti e documenti utili