Intervista a Daniele Priori di GayLib

Ho avuto una piacevole conversazione telefonica con Daniele Priori, referente per l’associazione GayLib Italia per discutere di quanto accaduto al RomaPride 2018 del nove giugno scorso e per riflettere sulla situazione italiana concernente i diritti individuali.

Daniele, volevo farti qualche domanda sull’accaduto perché ritengo che siate stati ingiustamente allontanati dal corteo in una maniera così becera e vi ribadisco la vicinanza della nostra associazione sia in quanto liberali sia in quanto attenti ai diritti individuali. Molto spesso pensano che i liberali parlino solo di economia quando invece i diritti dell’individuo sono fondamentali…

Sai, purtroppo questo è un errore figlio della storia del pensiero liberale italiano. Si sono un poco abbandonate certe tematiche e questo è uno dei motivi per cui se ne è appropriata la sinistra, anche in una maniera indegna, perché se si va a vedere la storia del Partito Comunista insomma… dai regimi di sinistra gli omosessuali hanno subito le peggiori cose.

Innanzitutto, volevo chiedervi cosa sia successo al Pride e perché siate stati allontanati, ma soprattutto perché vi hanno tacciato di fascismo cantandovi “Bella Ciao” come la cantavano i partigiani ai nazifascisti.

Per essere precisi la mia associazione non aveva aderito a questo Pride, avevamo aderito ad altre manifestazioni in passato come l’Europride 2011 ma dal 2012 non siamo più riusciti ad aderire a nessun Pride romano; in altre parti di Italia il la situazione è più distesa e c’è più confronto, ma Roma è divenuta una piazza infrequentabile anche perché il movimento è stato cannibalizzato da quelle aree “antagoniste”, da non intendere come un insulto. Un’ area molto organizzata che si appoggia al Circolo Mario Mieli, il quale organizza eventi di cui alcuni molto belli e interessanti, ma che definisco antagoniste perché si rifanno alla sinistra extra-parlamentare. Considera che insieme a noi sono stati allontanati anche esponenti moderati del PD perché credevano che facessero parte della nostra associazione… Quello che è successo a noi è stupido, non riesco a trovare altre parole. Eravamo presenti solo con una bandiera per essere solidali con l’evento e siamo andati senza nessuna volontà di provocazione. Pensa che il 17 maggio scorso abbiamo organizzato un incontro alla Camera dei Deputati grazie alla Vicepresidente della Camera Mara Carfagna invitando tutte le associazioni per la giornata contro l’omo-transfobia e tutte le associazioni si sono presentate, tranne chi mi ha poi allontanato, e mi hanno ringraziato in quanto organizzatore dell’evento. Tutto pensavo tranne che a questo finale… non avevamo striscioni, solo una bandiera. Credo che un uomo con una bandiera possa muoversi liberamente all’interno del corteo, quando invece mi hanno detto che io volevo provocare…

Capisco l’amarezza, una manifestazione che dovrebbe essere inclusiva…

Esatto, una manifestazione contro la discriminazione in cui accade il contrario.

Coloro che manifestano contro la discriminazione divengono i discriminatori solo per l’appartenenza politica.

Figurati che quest’anno ricorre, per così dire, il decimo anniversario da un fatto simile, quando non ci hanno permesso di partecipare al Pride di Lubiana del 2008. Eravamo in Friuli a commemorare Pim Fortuyn, leader della destra olandese, omosessuale dichiarato e assassinato nel 2002 che per le sue posizioni sull’Islam e l’integrazione dei musulmani fu tacciato erroneamente di essere xenofobo, quando invece proponeva un modello di integrazione nuovo per l’Olanda anche alla luce di alcuni episodi a Rotterdam in cui le coppie omosessuali non potevano andare in giro per mano perché venivano aggrediti. Per questa nostra partecipazione non ci permisero di partecipare al Pride di Lubiana perché eravamo persona sgradite. Dieci anni dopo a Roma succede quasi la stessa cosa.

Quasi un marchio che vi hanno lanciato addosso da tempo.

Sì, assolutamente. Anche se poi pensi sempre che il tempo faccia pulizia di queste “perversioni mentali”.

Riguardo l’associazione, dato il fatto che siete una realtà particolare all’interno del panorama delle associazioni per i diritti degli omosessuali per il vostro ascendente liberale, volevo chiedervi perché avete sentito il bisogno di proporvi, anche nel nome, come alternativa liberale sia migliore e in cosa si differenzia un approccio di questo tipo al tema dei diritti individuali rispetto a quello proposto dalle altre associazioni?

In maniere molto semplice potrei dirti perché “il mondo è bello perché è vario”. Noi crediamo che l’essere liberale non sia assolutamente antitetico all’avere un orientamento omosessuale né a qualsiasi altra battaglia per i diritti civili. Anzi la battaglia per i diritti civili è un caposaldo del liberalismo. I diritti civili sono i diritti dell’individuo ma soprattutto i diritti della persona. Io non riesco a fare tanta distinzione tra i diritti civili, i diritti umani e anche alcuni di quei diritti sociali che fanno parte ad esempio della dignità del lavoro e te lo dico da liberale, anche se qualcuno mi dice che sia una cosa socialista. Per esempio, un grande tema che GayLib ha portato nel dibattito è quello sulla diversity nel mondo del lavoro che all’estero c’è ed è rispettata. In Italia non sanno nemmeno cosa sia e forse non lo sanno anche i militanti di queste associazioni di sinistra. Ma in Italia purtroppo molti pensano a fare gli antagonisti… anche se per fortuna ne sto conoscendo molti che si approcciano seriamente alla dignità dell’individuo e alla libertà dello stesso… Mentre a sinistra continuano a fare tante ed infinite distinzioni in cui di mezzo ci vanno sempre le libertà e gli individui.

Per quanto riguarda il vostro programma come associazione, che posizioni avete?

Alcune delle tesi che puoi trovare oramai sono vecchie di vent’anni e stiamo ragionando e cercando di elaborarne di nuove per portare nuovi ingredienti all’interno del dibattito. Basti pensare al fatto che vent’anni fa non si parlava di step-child adoption o di maternità surrogata e avere una posizione seria e concreta su questi temi ha bisogno di discussione. Stiamo cercando di elaborare una nuova linea. Ma ci siamo mossi su altri fronti: grazie al mio contributo e a quello di Mara Carfagna e di Francesca Pascale, nel 2014 abbiamo fatto sì che Forza Italia, che rimane un partito di ispirazione liberale, si dotasse del Dipartimento di Libertà civili e diritti umani.

In conclusione, cosa manca secondo te nel panorama italiano per fare il salto di qualità nella questione dei diritti individuali?

Oggi ti potrei dire che, paradossalmente, la situazione è peggiore dell’altro ieri molto peggiore di ieri. Ci troviamo in un passaggio della storia in cui concetti e temi che sembravano archiviati come il razzismo sono tornati di attualità. E la cosa che mi inorridisce è il fatto che se non fai la “faccia brutta” davanti ad una persona di colore sei un “buonista”. Penso il mio impegno come militante per i diritti civili non possa prescindere dal tendere la mano ad un fratello africano, ad esempio. È un individuo che lotta per la sua libertà e il suo futuro e chi siamo noi per negarglielo… Poi, sul tema dei diritti individuali, chi è che nel 2018 pensa di poter fermare quei movimenti naturali che esistono da sempre? Penso che il processo di liberazione degli individui e di pacificazione dei paesi avrebbe dovuto portare a superare questa situazione e invece non è così. Ciò che manca in Italia è una tutela vera e propria a livello legislativo per quanto riguarda l’omofobia e la transfobia: c’è la legge Mancino che riguarda l’odio razziale e una soluzione potrebbe essere quella di allargarla. Ad esempio, grazie a noi di GayLib e all’Arcigay dal 2010 esiste l’OSCAT, un osservatorio della polizia e dei carabinieri contro gli atti discriminatori che grazie alla collaborazione di Manganelli e a Maroni, allora ministro degli interni del governo di centrodestra dell’epoca, si occupa di monitorare le varie denunce e di formare anche i corpi di polizia sul tema. Altra cosa importante è il fatto che nel luglio 2015 la Corte Europea dei Diritti Umani abbia emesso una sentenza contro l’Italia, in relazione al diritto di contrarre un’unione sanzionata e riconosciuta dallo Stato per persone dello stesso sesso, in seguito a dei ricorsi di alcune coppie gay italiane. La prima coppia italiana che ha portato avanti questi ricorsi è una coppia formata dal presidente della nostra associazione Enrico Oliari e dal suo compagno. Grazie a questa sentenza il Parlamento italiano si è poi smosso per pronunciarsi sulle unioni civili nella scorsa legislatura.

Il paradosso dei discriminati discriminanti

Il nove giugno 2018 è andata in scena la parata del RomaPride. Ormai una consuetudine consolidata, seppure è successo qualcosa di inusuale. Il corteo dei manifestanti Lgbtqi ha sfilato lungo le vie del centro della Capitale per cercare di far sentire la propria voce ad un’Italia leggermente sorda e immobile, per usare un eufemismo, ai diritti individuali, in questo caso riguardanti la sessualità con tutti i suoi corollari sociali, e alla loro tutela (con l’eccezione tanto agognata delle unioni civili su cui il Parlamento si è espresso nella scorsa legislatura).

Come ormai è tradizione, la parata è stata un momento di festa per i manifestanti i quali, con carri, maschere e molti colori hanno animato le vie capitoline. Fin qui tutto bene. Un momento di festa, non fine a sé stesso, che cerca di colpire non solo visivamente gli occhi di coloro che assistono ma cerca di smuovere anche le loro coscienze e di sensibilizzarle.

Ripeto: fin qui tutto bene; se non fosse che ad un certo punto l’associazione GayLib Italia, la quale aveva preso parte al Pride, viene cacciata dalla parata con delle motivazioni politiche ingiustificate (come riportato nel comunicato stampa dell’associazione https://goo.gl/fDmdSi). Un fatto piccolo e insignificante ai più, come si può notare dal fatto che la notizia non è stata riportata da nessuna testata giornalistica, ma che non deve passare inosservato e che vorrei fosse un punto di inizio per una riflessione sul tema dei diritti individuali, del ruolo dello Stato in questo rispetto e del ruolo e dei fini che le associazioni dovrebbero avere.

Innanzitutto, diamoci un po’ di coordinate: cos’è l’associazione GayLib Italia? La descrizione presente sulla pagina Facebook recita: “GayLib. Gay liberali e di centrodestra. Dal 1997 in prima linea per l’emancipazione e i diritti civili delle persone omoaffettive”. Fondata nel 1997 da Enrico Oliari, Alessandro Gobbetti e Marco Volante, in poche parole, GayLib nasce come alternativa politicamente liberale ai movimenti e alle associazioni Lgbtqi che, tradizionalmente, nello scacchiere politico si collocano a sinistra non solo in quanto “progressisti” ma anche e soprattutto come appartenenza politica. GayLib si presenta come alternativa non solo per il colore politico ma anche nell’approccio al tema dei diritti individuali.

Forse avete già intuito il motivo politico che ha portato alla “cacciata” di GayLib. Il comunicato stampa per mezzo delle parole di Daniele Priori, è chiaro: “Mi trovavo con una bandiera di GayLib alla testa del RomaPride. Un gruppo di attivisti del coordinamento organizzatore ha iniziato ad intonare Bella Ciao e ‘meglio froci che fascisti’ intimandomi di lasciare il corteo”.

Questa è la cronaca; permettetemi ora di riflettere politicamente sull’accaduto.

In primo luogo, vorrei soffermarmi su un problema che secondo me affligge il discorso intorno alle associazioni per i diritti individuali e in special modo quelli legati alla sessualità ovvero il fatto che siano associazioni politicizzate. È normale che le associazioni prendano un colore politico ben distinto ma ciò non le favorisce ed anzi è deleterio nonché sbagliato. Infatti, nel momento in cui le associazioni che si battono per i diritti individuali prendono una posizione politica ben precisa, avvicinandosi ai partiti o a loro esponenti, esse creano una spaccatura profonda e insanabile, come nel caso del RomaPride, con tutti coloro i quali non si identificano in quel partito o casacca politica.

Ciò sfavorisce il dialogo costruttivo e la mobilitazione delle persone ed inoltre, proprio per il fatto che le richieste e le lamentele giungano da uno schieramento politico piuttosto che da un altro (la distinzione associazione-schieramento politico è divenuta molto labile), coloro che devono prendere decisioni in merito, se sono dell’altro schieramento, saranno più restii ad avallare queste istanze. Questa nota è rivolta non solo alle tradizionali associazioni Lgbtqi di sinistra ma anche alla stessa GayLib (capisco la loro esigenza di essere un punto di riferimento per chi non si riconosce nella Sinistra, seppure la soluzione non sia delle migliori).

In secondo luogo, prendiamo in esame il ruolo che lo Stato dovrebbe avere riguardo queste questioni. Ormai, purtroppo, da lungo tempo lo Stato ha trovato terreno fertile nel campo dell’etica e anzi ci sono sostenitori di un vero e proprio “Stato Etico” alla Hegel. Come un “buon padre”, lo Stato si impegna a dirci cosa è possibile fare, cosa è sbagliato, con chi è giusto andare a letto e con chi è possibile sposarsi; per di più lo Stato si fa garante delle minoranze, cosa che gli riesce in maniera pessima, ignorando una delle più grandi verità che Ayn Rand ci ha donato: “la più piccola minoranza al mondo è l’individuo. Chiunque neghi i diritti dell’individuo non può sostenere di essere un difensore delle minoranze”.

Questa è una delle aberrazioni più fastidiose e nocive del sistema stato; uno Stato che si permette di regolare la vita dell’individuo fino al dettaglio è la morte dell’individuo stesso. Invece, esso dovrebbe ritirarsi da questa sfera, lasciare che gli individui possano esprimersi al meglio delle loro possibilità in tutti i campi e che possano decidere come e cosa fare della loro sessualità, del loro denaro e di tutti i loro averi. Purtroppo, lo Stato non gradisce questa soluzione, anzi la ignora completamente; per questo motivo, visto che non intende ridurre il suo perimetro, deve garantire a tutti la tutela della propria individualità: deve garantire a tutti gli individui di potersi sposare con chi vogliono e di poter decidere cosa è giusto per loro.

In questo momento esistono cittadini di serie A e cittadini di serie B: alcuni possono fare determinate cose, altri sono impossibilitati. Ma qui si nasconde il pericolo: lo Stato non deve trattare le minoranze (sembra quasi inutile ricordare qual è la minoranza più piccola) come gruppi privilegiati e particolari accordando loro speciali diritti. Lo Stato deve avere come punto focale l’individuo e la sua salvaguardia. Oppure levarsi di torno.

Infine, dopo queste considerazioni, vorrei far notare agli amici del RomaPride il paradosso che hanno creato: una manifestazione di persone ingiustificatamente discriminate hanno ingiustificatamente discriminato (solo sulla base dell’appartenenza politica) altre persone che si sentono discriminate e che volevano far sentire la loro voce. Possono esserci solo “froci comunisti”? Come ciliegina sulla torta vi lascio alcuni dei punti del Romapride che in teoria facevano ben sperare ma che sono stati traditi in un battito di ciglia.

CHI SIAMO

Siamo un avamposto di opposizione e resistenza all’avanzata di vecchi e nuovi fascismi, l’incubo di chi vuole una società schiacciata nell’omologazione ed agisce soffocando chiunque non si voglia conformare.

Non vogliono omologazione, ma guai ad avere idee politiche diverse.

IN COSA CREDIAMO

In un lavoro socio-culturale per il superamento di schemi binari, stereotipi di genere e supremazia del modello di maschio, bianco, occidentale, abile, cattolico ed eterosessuale su cui è stata costruita la nostra società.

Vogliono superare gli schemi binari. Ma il binarismo fascista-comunista non gli interessa.

COSA RIVENDICHIAMO

Rivendichiamo la libertà di autodeterminazione delle persone perché tutti possano scegliere liberamente e consapevolmente per sé e per il proprio corpo senza l’ingerenza dello Stato, della Chiesa, delle religioni o di qualsivoglia moralismo.

Rivendicano la libertà di autodeterminazione ma non puoi autodeterminarti diversamente.