Essere (felicemente) schiavi di se stessi

In questi giorni, si parla tanto di schiavi del lavoro, di dignità, di chiudere la domenica, di chi ha un salario troppo basso. Tutto ciò trascurando il fatto che esistono tantissime persone che decidono di essere padrone del proprio destino. Si tratta di una decisione responsabile, quella di puntare tutto su te stesso e di prendere in mano la tua vita, incurante di ciò che accade intorno a te.

Chi compie questa decisione spesso non rispetta un vero e proprio orario di lavoro, potrebbe lavorare sia in ufficio che a casa, anche solo per la programmazione del lavoro futuro. Ma prima di continuare vorrei riportare queste tre citazioni:

Sono convinto che circa la metà di quello che separa gli imprenditori di successo da quelli che non hanno successo sia la pura perseveranza. Steve Jobs

L’ingrediente critico è alzare le chiappe e metterti a fare qualcosa. È così semplice. Un sacco di gente ha delle idee, ma sono pochi quelli che decidono di fare qualcosa a riguardo subito. Non domani. Non la prossima settimana. Ma oggi. Il vero imprenditore è un uomo d’azione. Nolal Bushnell

Dietro ogni impresa di successo c’è qualcuno che ha preso una decisione coraggiosa. Peter Ferdinand Drucker

 

A coloro che parlano tanto di dignità e schiavi, siete consapevoli che tante di queste persone che hanno deciso di mettersi in proprio, sono obbligate a lavorare di giorno e pensare di notte?
Forse non sapete che tante di queste persone, che sono ancora agli inizi, si ritrovano costrette a dover far tanti sacrifici?
Questo perché l’imprenditore, il commerciante ed il libero professionista sono spesso (felicemente) schiavi di se stessi, alla ricerca di continue soddisfazioni personali, economiche e professionali.

Non hai datori di lavoro, non hai un giorno prefissato per la bustapaga, devi riuscire a coniugare il tuo guadagno con le tasse da pagare e, se si è imprenditori con dipendenti, pagare gli stipendi. Come detto in precedenza, fare impresa in Italia è roba da eroi e coraggiosi, perché chi ha il capitale da investire viene spesso scoraggiato dall’altissima pressione fiscale, e dalle spese per l’iter burocratico.

Rispetto ai nostri genitori, riscontro nei giovani un’ammirevole volontà di mettersi in gioco, di voler rischiare, di voler tentare una strada alternativa rispetto al declino italiano. Questo è di buon auspicio per tutta la nazione, in chiave futura, in quanto credo che per essere imprenditori non si debba necessariamente aprire un’azienda. Anche un operaio (o un dipendente) potrebbe essere imprenditore di se stesso.

Infatti esserlo non è soltanto una scelta, ma soprattutto un atteggiamento. In Italia ci hanno abituati a “vegetare” nella stessa azienda per 30-40 anni. In futuro sarà sempre più una rarità vedere un dipendente lavorare nella stessa azienda per tutta la vita lavorativa, proprio perché il lavoro diventerà sempre più flessibile e dinamico.

Ciò che stiamo vivendo in Italia è una fase del lavoro flessibile-statica, in quanto si cambia spesso lavoro, ma le retribuzioni sono le stesse, o persino più basse. Oggi riusciamo a raccogliere tante esperienze professionali, ma a questa esperienza non corrispondono stipendi più alti o impieghi più delicati ed importanti. Questo perché i contratti di lavoro tradizionali sono troppo carichi di tasse, sia per l’imprenditore che per il lavoratore, e sono troppo carichi di burocrazia, compresa la presenza (inutile?) dei sindacati.

Pertanto, occorre lavorare affinché il mondo del lavoro diventi flessibile e dinamico, in modo tale che anche chi ha un contratto a tempo indeterminato sia spinto a non accontentarsi del posto fisso, bensì a tentare qualcosa di nuovo, ed investirci sopra.

Adam Smith diceva che la forza lavoro è la prima proprietà privata dell’uomo, ma di questo parleremo un’altra volta.

Come rendere sconveniente il lavoro nero

Vi è lavoro nero quando un datore di lavoro non versa i contributi pensionistici e assicurativi per suo dipendente e perciò quando non lo assume regolarmente. In questo articolo non si proporrà una soluzione per quel tipo di lavoro nero che non può non essere tale, cioè quando l’attività economica sottostante è di tipo criminale e perciò impossibile l’assunzione di personale in maniera regolare, ma solo di quando l’attività economica è lecita.

Per spiegarvi la mia idea, vi mostro le conseguenze economiche di quando un imprenditore sceglie di assumere regolarmente o irregolarmente un lavoratore dipendente:

  • Se assume un lavoratore dipendente in modo regolare (ipotizziamo il contratto standard e non stage, tirocinio, apprendistato ecc.), dovrà pagare oltre al salario lordo i contributi pensionistici e assicurativi, il TFR e la tredicesima e assumersi altri impegni di tipo contrattuale (tutele crescenti)
  • Se assume un lavoratore in modo irregolare, a lui dovrà corrispondere solo il salario lordo che in questo caso sarà pari a quello netto; dato che ovviamente il lavoratore non potrà pagarci le tasse e la parte di contributi a suo carico. Oltre a questo, l’imprenditore potrà prendere in considerazione il costo del rischio di essere trovato in flagrante e pagare multe o subire altri tipi di sanzioni non solo economiche.

Vi starete forse chiedendo: come si fa a rendere conveniente assumere un lavoratore se assumerlo in modo irregolare ha molti meno costi? Ottima domanda. L’imprenditore quando assume un lavoratore può detrarre dalla base imponibile (ciò che si moltiplica per le aliquote fiscali per calcolare le imposte da versare al fisco) i suoi costi. Perciò, la differenza fra le due opzioni in questo caso non è uguale ai costi precedentemente elencati, ma si deve prendere in considerazione anche l’aliquota a cui è assoggettata l’impresa. L’IRES in Italia è del 24%, perciò ora vediamo la tabella delle opzioni attuabili dall’imprenditore e dei suoi possibili risultati (Calcolo approssimativo):

Scelta

Salario lordo del lavoratore

Cuneo fiscale lato imprenditore

Tredicesima, TFR, ferie pagate

Risparmio fiscale sulla base imponibile (Totale*24%)

Totale costo

Assunzione regolare

1000

320

270

382

1208

Assunzione irregolare

1000

1000

La differenza è di 208€, pari al 20,8% del salario lordo. I calcoli sono approssimativi perché i costi sono diversi a seconda di tante variabili (costo indiretto in termini di burocrazia), ma comunque verosimili. Come si tutelano gli imprenditori che rispettano le regole? Le soluzioni sinteticamente sono 3: una vigorosa, una drastica e una soft (adatta per la politica) che non risolverebbe appieno il problema ma comunque aiuterebbe.

La prima soluzione vigorosa, semplice quanto impraticabile a livello politico, è il passaggio da un sistema in cui i costi dei contributi sono ripartiti fra imprenditore e lavoratore (in sostanza i soldi escono solo dalla tasca dell’imprenditore) a uno in cui sono tutti a carico del lavoratore, a cui ovviamente si accompagnerebbe un aumento dei salari di pari misura per quelli già in essere. Per gli imprenditori il costo rimarrebbe identico e i lavoratori si renderebbero conto del costo di tutti questi contributi e diventerebbe un’esigenza elettorale anche dei lavoratori la diminuzione del cuneo fiscale.

Oltre a questo, per fare diventare questa una proposta drastica bisognerebbe rendere TFR, 13sima e ferie non obbligatori per gli imprenditori ( assolutamente inverosimile ottenerlo a breve-medio termine). Con ciò, ci dovrebbe essere una cancellazione di tutte quelle forme che prevedono sconti fiscali o particolari condizioni di vantaggio per alcuni imprenditori che causano semplicemente distorsioni della concorrenza fra imprese e fra lavoratori e non creano sana occupazione. I contratti di lavoro così servirebbero solo per definire salario, benefits e responsabilità reciproche (pura illusione), e la burocrazia relativa ai contratti sarebbe praticamente azzerata.

Con queste due soluzioni il costo del lavoro regolare diventa minore di quello irregolare, perciò sarebbe economicamente stupido non assumere un lavoratore quando ce ne è bisogno.

La soluzione soft e non efficace economicamente quanto le altre due (fra poco vediamo perché) è la riduzione del cuneo fiscale. Dato che è soft, sarà ed è quella che viene perseguita politicamente per altre meritorie ragioni (dare più competitività alle imprese italiane). Il problema è che solo per ottenere la parità di costi fra lavoro nero e regolare (presupponendo la parità di salari lordi) bisogna abbassare “eccessivamente” il cuneo fiscale.

Hai detto fino ad ora  di azzerare il cuneo fiscale e adesso ti lamenti che si abbassi eccessivamente? Non esattamente. Il cuneo fiscale ha in buona parte la funzione di pagare assicurazioni e pensioni, per cui se le pensioni e le assicurazioni rimangono pubbliche come ora bisogna che qualcuno le paghi, ed è meglio che ognuno si paghi la sua quando ne ha la possibilità dato che rompere questo legame fra versamenti e pensioni e contributi versati potrebbe far cadere qualcuno nella tentazione di pensioni uguali per tutti o retributive. La parità di costo economico fra lavoratore regolare e irregolare con un IRES al 24% si otterrebbe con un cuneo fiscale più costi accessori (ferie, TFR e tredicesima) pari al 31,6% del salario nominale.

131,6 x (100-24) = 100

Dato che di quel 31,6% , 27 sono già occupati dai costi extra, significherebbe avere un cuneo fiscale del 4,6%, insostenibile per le casse dello Stato. Perciò, o si attua solo in parte questa terza misura, o si fa un mix fra questa misura e quelle precedenti, o il problema rimane.

Alla classe politica l’ardua scelta.