“I liberali se ne fregano dei poveri”: un mito da sfatare

La retorica collettivista e socialista, che poggia sull’unico fondamentale pilastro del “o con noi o contro di noi”, va dicendo indisturbata da quasi un secolo una delle più grandi ed ingiuste menzogne, che gli ambienti liberali hanno, dalla fine dell’800, dovuto sopportare. E cioè che chi è liberale e, a maggior ragione, liberista non ha a cuore i meno fortunati e pensa più a tutelare la libertà dei ricchi che la dignità dei poveri.

Innanzitutto va detto che la politica è, per definizione, il perseguimento della maggiore felicità e del maggior benessere di quanti più cittadini possibile. E chiunque non abbia questo come suo unico obiettivo non fa politica: fa affari. In secondo luogo, si tende a riconoscere come amico dei meno abbienti chi propone misure immediate e, concedetemi, molto facili a dirsi, per dare più soldi a chi ne ha di meno. Dimenticando che il fine ultimo delle politiche di destra è lo stesso (sulla carta per ideologia e non in tutte le applicazioni storiche). Quindi i liberali non vogliono privare i più poveri di aiuti o di assistenza e non mancano di umanità, come viene loro spesso imputato.

Ma invece credono che, perché si possano aiutare i più deboli, sia necessaria un’economia forte, capace di sopportare quelle misure assistenzialistiche che sono degne di uno stato umano. Si è già visto in molti paesi socialisti come il collettivismo porti a grande povertà. Per dirla in maniera più spicciola: è inutile avere giustizia sociale se poi da spartire c’è una mela per ogni 10 cittadini.

Si è dimostrato che uno Stato forte e arricchito dall’economia liberista ha poi le risorse necessarie per poter far fronte a quelle riforme sociali che, altrimenti, o non sarebbero possibili o farebbero crollare l’economia nazionale.

E’ grazie al mercato libero e alla forte economia guadagnata nei lunghi anni di lavoro sui mercati che Paesi come la Germania, la Francia, l’Inghilterra e l’Italia stessa possono vantare uno stato sociale forte e che, per quanto poco ce ne si accorga in patria, ci rende un esempio nel mondo. Chi dubita di questo può consultare “Where to invade next”, l’ultimo film di Michael Moore, famosissimo regista americano d’inchiesta e socialista, che in viaggio in Europa ha dimostrato tutto ciò in cui secondo lui l’Europa è anni avanti agli Stati Uniti. Perchè solo un Paese forte può provvedere ai meno fortunati. Se Bismarck non avesse avuto alle spalle, a fine ‘800, un’economia potente come quella tedesca non gli sarebbero state possibili tutte quelle riforme socialiste che beffarono l’SPD. Il primo in Italia a parlare di riforme sociali al governo fu Giolitti, liberale, che migliorò le condizioni dei lavoratori grazie all’apertura italiana ai mercati europei operata dalla destra storica e da Crispi. Tanti sono gli esempi di misure sociali supportate da un’economia in grado di farvi fronte. Ed è molto facile riconoscerle: sono quelle che durano ancora oggi.

Quindi la si smetta di credere i liberali e i liberisti insensibili, classisti, cinici e dal cuore di pietra. L’obiettivo di chi si occupa di politica è quello di avere quanta più felicità possibile tra gli uomini. Il fatto di avere strade diverse secondo cui giungervi non rende né gli uni né gli altri meno determinati per quel fine.