Mentre in tutto il mondo le restrizioni anti-Covid vengono alleggerite o rimosse, l’esatto opposto sta succedendo in Cina.
Un lockdown, severo come non mai, è stato imposto a Shanghai, uno dei centri nevralgici del Paese, abitato da 25 milioni di persone. Girano voci di cittadini cinesi ridotti alla fame, perché il governo non gli permette di uscire di casa per procurarsi da mangiare.
Cosa ha portato a tutto ciò? Quale potrebbe essere l’impatto di questa decisione sul futuro del Partito Comunista Cinese?
I FATTI
La situazione è ancora in corso, ed il PCC sta censurando il flusso di notizie in uscita dal Paese, per cui non abbiamo un quadro molto chiaro su cosa stia realmente accadendo. Ad ogni modo, questi dovrebbero essere i fatti.
Negli ultimi due anni Shanghai era sfuggita alle restrizioni più dure imposte ad altre zone della Cina. A partire dalla fine di marzo, tuttavia, la città è stata colpita severamente dalla diffusione della nuova variante Omicron del virus.
Contro tale variante, il vaccino cinese si è rivelato meno efficace rispetto ai vaccini a mRNA occidentali, ma il governo si è rifiutato di importarli. Dietro a questa decisione non vi è alcun motivo valido, se non una sorta di “nazionalismo vaccinale”.
Ora, a differenza di quasi tutti gli altri governi al mondo, quello cinese resta fedele alla sua strategia “zero-Covid”. Secondo tale strategia, qualsiasi misura restrittiva, anche la più severa, è giustificabile al fine di stroncare la curva dei contagi sul nascere.
Pertanto, il 28 marzo è stato ufficialmente dichiarato il lockdown.
A dispetto della linea dura adottata dal PCC, i contagi sono saliti. Apparentemente, il picco è stato raggiunto circa un mese fa, con oltre 27.000 nuovi casi ogni giorno verso la metà di aprile.
Sul fronte virus sembra infine che le cose stiano migliorando, ed il governo ha annunciato che presto le restrizioni verranno allentate. Ma tra quello che dice il PCC e quello che fa davvero ci sono grosse discrepanze.
Molti cittadini, infatti, si lamentano sul web perché le autorità continuano a limitare severamente la loro libertà di movimento. Numerosi abitanti di Shanghai si sono affrettati a fare scorte appena possibile, temendo un lockdown prolungato de facto.
Ma anche se il governo cinese mantenesse la parola data, il danno ormai è fatto.
Sul versante meramente economico, il PIL nazionale potrebbe aver perso quasi 30 miliardi di dollari per ogni settimana di lockdown, ed altrettanti per ogni settimana in cui Shanghai continuerà ad essere paralizzata.
Ancora più pesante è il costo umano. Per settimane gran parte dei 25 milioni di abitanti di Shanghai è stata confinata in casa. Non potevano uscire per fare una passeggiata, per fare provviste, o perfino per recarsi in ospedale.
Potevano solo uscire per sottoporsi ai test anti-Covid (cosa che comunque molti evitavano, per il timore di prendere il virus nei centri sovraffollati).
Tutto ciò ha minato la sanità fisica e mentale di milioni di persone, generando un malcontento popolare come se ne vedono raramente, sotto l’occhio vigile del PCC.
“Voci di aprile”, un video realizzato con gli audio di diversi cittadini di Shanghai, in cui ognuno descrive l’impatto del lockdown sulla propria vita, è diventato virale sui social media cinesi.
LE MOTIVAZIONI
Dal momento che le misure draconiane del PCC hanno danneggiato l’economia nazionale e hanno reso critici del governo milioni di cittadini, perché Xi Jinping non ha cambiato rotta?
La risposta più probabile è forse la più semplice: in un sistema come quello cinese, chi è al potere non può permettersi di ammettere di aver sbagliato.
Il regime comunista cinese può sembrare inattaccabile dall’esterno, ma la realtà è che la sua presa sul potere non è salda come vorrebbe far credere ai suoi nemici.
Spogliato di tutta la retorica marxista, esso non è altro che l’incarnazione moderna di quella forma di governo centralista, burocratica ed assolutista che ha dominato la Cina per millenni, durante l’epoca imperiale.
Tale governo, però, deve legittimare il proprio potere sulla base di un mandato divino, il “Mandato del Cielo”. Secondo tale pensiero, se chi è al potere non riesce più a garantire prosperità e sicurezza alla nazione, allora vuol dire che ha perso tale “Mandato del Cielo”, quindi può e deve essere deposto.
Sin dai tempi delle riforme di Deng Xiaoping, il PCC ha giustificato il proprio diritto di governare tramite la drastica riduzione della povertà prodotta dalla liberalizzazione dell’economia cinese.
Oggi tuttavia, per tutta una serie di fattori (declino demografico, diminuzione delle risorse naturali, competizione da parte dei Paesi in via di sviluppo), la crescita è rallentata. Anzi, con il repentino invecchiamento della popolazione, è probabile che la Cina entri in futuro in un periodo di stagnazione economica.
Il PCC ne è al corrente, e sta correndo ai ripari.
Ecco dunque il perché della retorica aggressiva di Xi Jinping su Taiwan, ed ecco perché non può tornare indietro sulla strategia “zero-Covid”.
Soffiare sulla fiamma del nazionalismo aiuta a distrarre i cittadini dalla situazione economica, supportando così il “Mandato del Cielo” del PCC.
Al contrario, se Xi Jinping cambiasse la propria linea sul Covid, questo vorrebbe dire ammettere ai cittadini che il governo ha inflitto loro sofferenze inutili.
Un simile governo, ovviamente, sarebbe un governo che ha perso il “Mandato del Cielo”.
LE CONSEGUENZE
Sia ben chiaro: il Partito Comunista Cinese gode ancora di una forte presa sul potere. Decine di milioni di cinesi, fra funzionari del Partito e semplici iscritti, traggono vantaggio dal suo governo, e sono pronti quindi a difenderlo.
Oltretutto, a differenza delle dinastie imperiali che lo hanno preceduto, il PCC dispone di sofisticati sistemi tecnologici per tenere a bada il malcontento popolare, e stroncare sul nascere qualsiasi seria opposizione.
Tuttavia, il tempo non sembra essere dalla sua parte. La sua gestione del Covid in generale, e gli ultimi lockdown in particolare, hanno disilluso molti cittadini in merito ai vantaggi della vita sotto il regime comunista.
Senza dubbio, questa non è l’ultima crisi che Xi Jinping ed i suoi successori si ritroveranno ad affrontare. Forse il lockdown di Shanghai sta per finire, ma è facile che in futuro il PCC sarà costretto a prendere altre decisioni impopolari, per non ammettere i suoi fallimenti.
Ad ogni crisi, sempre più cittadini resteranno disillusi, ed arriveranno alla conclusione che i benefici offerti dal sistema non superano più gli svantaggi.
In questo scenario, chissà per quanto ancora il PCC riuscirà a preservare il suo “Mandato del Cielo”.
FONTI
1) https://www.vox.com/future-perfect/23057000/beijing-covid-zero-lockdown-china-pandemic
2) https://www.bbc.com/news/world-asia-china-61023811
3) https://www.reuters.com/world/china/shanghai-inches-towards-covid-lockdown-exit-beijing-plays-defence-2022-05-21/
4) https://www.ilpost.it/2022/03/30/cina-zero-covid-omicron-coronavirus/
5) https://www.afr.com/world/asia/worse-than-wuhan-shanghai-suffers-as-xi-doubles-down-20220505-p5aiun