De Stefani e le riforme liberiste odiate dai fascisti

Il fascismo, più che giustamente, è ricordato come un regime di tipo socialista e nazionalista: il suo creatore, Benito Mussolini, crebbe nelle fila del Partito Socialista e ruppe con esse principalmente a causa del suo spiccato nazionalismo.

Chi oggi ricorda con favore quel periodo lo fa solitamente in chiave collettivista e statalista: “Quando c’era lui c’erano le case popolari, gli italiani erano aiutati, poi c’era la befana fascista…

Non possiamo non analizzare, tuttavia, il breve periodo liberista del regime fascista, principalmente rappresentato dalle politiche di Alberto De Stefani.

De Stefani, di scuola manchesterista, aderì al PNF poco prima che andasse al governo e venne nominato nel 1922 Ministro del tesoro e delle finanze.

In tale ruolo effettuò riforme come una deregulation delle leggi emanate durante la guerra, una riduzione della spesa pubblica e l’aumento delle imposte indirette in favore della diminuzione di quelle dirette, oltre ad una lotta contro l’inflazione, che lo portò a bruciare cartamoneta personalmente.

Durante tale periodo l’Italia divenne molto più forte: la disoccupazione crollò a picco, la spesa pubblica venne più che dimezzata e le esportazioni crebbero nettamente.

Nel 1925, tuttavia, De Stefani venne silurato: era infatti inviso a gran parte del fascismo. C’era chi lo riteneva troppo vicino ai liberali, c’era chi lo contrastava per interesse, come i proprietari terrieri e i piccoli imprenditori che non gradivano la concorrenza.

In pochi mesi il fascismo passò a un dirigismo spiccato ed entro il 1930 ogni volontà liberista venne abbandonata: La nuova idea del fascismo era di realizzare la dipendenza di imprese e individui dallo Stato.

Tutto ciò rende ovvio l’abbandono del liberismo: se è vero che uno Stato liberista non è garanzia di una politica libera, è anche vero che rendere gli individui economicamente indipendenti dallo Stato impedisce di realizzare il totalitarismo, ossia il dominio totale dello Stato sull’individuo.

E per Mussolini, già compresso tra la Monarchia e la Chiesa, sarebbe stato inaccettabile essere un semplice leader autoritario senza poter dettare vita, morte e miracoli degli italiani. E mettere l’economia in mano allo Stato è stata la maniera migliore per farlo.

E l’Italia ha potuto reggere le sue folli politiche economiche guerrafondaie e di autarchia solo grazie al rafforzamento economico che le politiche di De Stefani hanno creato in pochi anni.

Minatori e pastori: Il male delle aziende protette dallo Stato

Poche settimane fa abbiamo visto la crisi dei pastori sardi, con tutta la politica che invocava l’intervento statale: chi meno, come Antonio Tajani che ha proposto l’uso di fondi UE per progetti in grado di modernizzare e far conoscere il settore, chi più, come il vicepremier Matteo Salvini che ha ribadito la necessità “che lo Stato torni a fare lo Stato” e che metta un prezzo minimo di contrattazione.

I meno giovani di noi si ricorderanno i minatori britannici, il cui licenziamento iniziò già durante il governo laburista precedente ma viene tipicamente imputato a Margaret Thatcher, che attuò politiche di smantellamento più forti.

Entrambi questi casi hanno in comune due cose:

  1. La prima, di essere lavori manuali, faticosi e che in Stati meno ricchi costano di meno pur producendo un prodotto analogo. Il carbone, già da inizio anni ’70, costava meno come prodotto da importazione che come prodotto da estrazione in loco. La stessa cosa vale per il latte sardo che, eccetto che per le produzioni tutelate dov’è obbligatorio utilizzare latte locale, può essere sostituito da latte straniero munto in Paesi dove il lavoro viene pagato meno e un ricavo che per un pastore sardo è perdita per un pastore locale è un buon incasso.
  2. La seconda, di essere stati protetti dallo Stato. Nel Regno Unito le miniere erano così infruttuose che ebbero bisogno di essere nazionalizzate. In sostanza i britannici pagavano parte delle proprie tasse per permettere ai minatori di lavorare e il loro sindacato aveva un vero e proprio potere politico, non eletto da nessuno, di decidere sulle attività parlamentari e governative. Ovviamente alla Lady di ferro tutto ciò non andava bene: era inaccettabile che un’azienda inefficiente dovesse andare avanti a spese dei contribuenti, specie se era ormai una vera lobby.

La sua lotta fu fruttuosa: le miniere vennero chiuse, ottenne ampio consenso elettorale e oggi l’economia del Regno Unito va decisamente meglio di molte altre; oltre ad una bassa disoccupazione si è vista un’evoluzione economica che ha portato il Paese a puntare di più sul settore terziario e sulle industrie specialistiche, come l’aerospaziale, oltre che sul petrolio.

Nel caso sardo l’intervento statale ed europeo non ha fatto altro che prolungare il calvario: qualsiasi attività che ha bisogno di sostegno a lungo prima o poi arriverà al punto in cui questo sostegno sarà così costoso che una comunità, per quanto ben intortata a considerare i sussidi come “aiuto al Made in Italy“, non vorrà più pagarlo. E in tal caso il fallimento sarà ancora più disastroso, perché i soldi e il tempo che lo Stato avrebbe potuto usare per favorire una migrazione ordinata e non traumatica è stato sprecato per mantenere lo status quo.

Inoltre, come ben fa notare il Principe del Liechtenstein Giovanni Adamo II, che regna su di un Paese con poche risorse che dunque ha necessità di commerciare col mondo, il sostegno statale alle imprese e il protezionismo hanno come conseguenza un rallentamento tecnologico che, se perdurante, rende impossibile salvare quel settore economico.

Vediamo bene come pochi siano i marchi italiani internazionali e in quale  stato tecnologico versi nostra agricoltura, ultraprotetta, che adopera moderni servi della gleba per andare avanti. E più la proteggeremo, più quando non sarà possibile proteggerla il disastro, economico e sociale, sarà duro.

L’inversione della curva dei tassi d’interesse: è in arrivo una nuova crisi?

La linea blu rappresenta il tasso di interesse sui titoli del Tesoro USA a 3 mesi. La linea rossa, il tasso di interesse sui titoli del Tesoro USA a 30 anni.

Le barre grigie verticali rappresentano i periodi di recessione economica.

(ignorate la discontinuità della linea rossa tra il 2002 e il 2006, è un errore dell’algoritmo) 1

Anche un osservatore laico può immediatamente percepire una relazione diretta: ogni volta che la linea rossa cade sul blu – e specialmente quando è sotto il blu – si verifica una recessione pochi mesi dopo.

Vediamo ora quest’altro grafico. La linea blu continua a rappresentare il tasso di interesse sui buoni del Tesoro a  3 mesi . La linea verde, il tasso di interesse dei titoli del Tesoro  decennale.2

Possiamo fare la stessa osservazione che è stata fatta per il primo grafico, con l’unica eccezione per il lontano 1966, l’unica volta in cui le linee si intersecarono e non ci fu recessione.

Il fenomeno

Tale fenomeno è chiamato inversione della curva di interesse. In inglese, c’è un termine pomposo: inverted yield curve.

L’inversione si verifica quando i tassi di interesse a lungo termine (in questo caso, 30 anni) sono inferiori ai tassi di interesse a breve termine (in questo caso, 3 mesi). Chiaramente, è un’anomalia che i tassi di interesse a lungo termine raggiungano livelli inferiori ai tassi di interesse a breve termine.

In tempi normali, gli agenti economici (proprio come qualsiasi individuo) tendono a richiedere un interesse maggiore per periodi più lunghi. Più lungo è il periodo di un prestito, maggiore è l’interesse richiesto. Fondamentalmente, tre elementi definiscono il tasso di interesse per un prestito: il rischio, l’aspettativa di inflazione dei prezzi e la preferenza temporale.

  • Più lungo è il periodo del prestito, maggiore è il rischio. Pertanto, maggiore è l’interesse richiesto per compensare questo rischio.
  • Più lungo è il periodo del prestito, maggiori sono le possibilità di una grande perdita del potere d’acquisto della valuta. Pertanto, maggiore è l’interesse richiesto per compensare questa perdita di potere d’acquisto.
  • Più lungo è il periodo del prestito, più tempo dovrai rinunciare al tuo consumo. Dunque, l’interesse richiesto sarà maggiore per rinunciare a questo consumo nel presente, in cambio di più denaro in futuro. Questa è la base delle preferenze temporali.

Pertanto, è un’anomalia che i tassi di interesse a lungo termine diventino inferiori ai tassi di interesse a breve termine. E questa anomalia precede sempre una recessione.

Ma perché si verifica? E perché precede una recessione?

Cosa dice la teoria convenzionale

Il sito Investopedia3 offre questa definizione:

Storicamente, le inversioni dei tassi di interesse hanno preceduto diverse recessioni negli Stati Uniti. A causa di questa correlazione, la curva degli interessi è spesso vista come un modo accurato di prevedere variazioni nel ciclo economico.

Una curva di interesse invertita prevede che i futuri tassi di interesse nell’economia saranno inferiori, e questo perché le obbligazioni a lungo termine sono più richieste delle obbligazioni a breve termine, e questa maggiore domanda abbassa i tassi d’interesse. […]

Ciò che influenza i tassi di interesse nel mercato sono le variazioni nella domanda di titoli di termini diversi in un dato momento e date determinate condizioni economiche. Quando l’economia è diretta verso una recessione, gli investitori – sapendo che i futuri tassi d’interesse saranno più piccoli proprio perché l’economia sarà in recessione – diventeranno più disposti a investire in obbligazioni a più lungo termine. Questa maggiore domanda aumenta i prezzi di questi titoli e, di conseguenza, diminuisce i loro tassi di interesse (maggiore è il prezzo di un titolo, minore è l’interesse che pagano).

Allo stesso tempo, un minor numero di investitori desidera investire in obbligazioni a breve termine, che stanno ancora pagando tassi di interesse più bassi rispetto alle obbligazioni a lungo termine. Con una minore domanda di obbligazioni a breve termine, i tassi di interesse tendono a salire, generando una curva invertita.

E adesso, una spiegazione più liberale

La spiegazione appena mostrata è tecnicamente corretta. Ma è limitato solo alla visione del mercato finanziario.

Cerchiamo ora di espanderla all’economia reale. Alla fine, vedremo che il ragionamento è lo stesso.

Il seguente grafico mostra l’evoluzione della base monetaria statunitense. Adesso è marzo 2019 e il grafico inizia ad agosto 2013.

Oggi, la base monetaria statunitense, che è una variabile completamente sotto il controllo della Fed, ha praticamente lo stesso valore cinque anni fa. La Fed sta mantenendo una politica monetaria restrittiva. Non c’è alcun dubbio su questo.

Questo dato può aiutare a spiegare perché il dollaro è forte in tutto il mondo.

La teoria economica della Scuola Austriaca insegna che quando la Banca Centrale inizia a stabilizzare la base monetaria, il ciclo di espansione economica viene interrotto. Inizialmente, la stabilizzazione della base monetaria inizia a incidere sui tassi di interesse a breve termine, che iniziano a salire (c’è meno denaro disponibile per il sistema bancario da prestare a consumatori e imprenditori).

Di conseguenza, per gli imprenditori, diventa più difficile continuare con le loro attuali politiche di espansione del business. Trovano più costoso prendere in prestito i soldi di cui hanno bisogno per completare le iniziative avviate quando immaginavano che la domanda dei consumatori sarebbe aumentata.

Gli imprenditori quindi iniziano a competere per prestiti a breve termine perché devono portare a termine i loro progetti. Quando competono tra loro per questo denaro, il tasso di interesse a breve termine aumenta.

Allo stesso tempo, non prendono prestiti a lungo termine perché hanno paura di non riuscire a ripagare il loro debito nel caso in cui l’economia entrasse in recessione. Come conseguenza di questa minore domanda di prestiti a lungo termine, i tassi di interesse a lungo termine iniziano a calare.

Nel frattempo, nel mercato obbligazionario (pubblico e privato), cresce il timore che la fase espansiva del ciclo economico stia volgendo al termine. Di conseguenza, gli investitori ritengono che sia una buona idea acquistare titoli a lungo termine (pubblici e privati) e ricevere gli interessi su questi titoli. Dato che ci sarà una recessione, avere un reddito garantito e bloccato a un tasso di interesse ancora alto è una buona idea.

Così, mentre gli imprenditori e le imprese riducono le loro richieste di prestiti a lungo termine, gli investitori iniziano a comprare più obbligazioni a lungo termine. Ciò riduce ulteriormente il tasso di interesse a lungo termine.

Tesi finale: quando inizia il processo di stabilizzazione della base monetaria, la tendenza è quella di aumentare i tassi di interesse a breve termine e di ridurre il tasso di interesse a lungo termine. Infine, c’è l’inversione della curva dei tassi di interesse.

Detto questo, vale la pena ricordare che di recente, il 22 marzo 2019 , c’è stata un’inversione della curva di interesse per le metriche 3 mesi e 10 anni, che già innesca un cattivo segnale. Ecco gli ultimi valori:

Conclusioni

La teoria sostiene ciò che la pratica ci sta mostrando. Sì, l’inversione della curva di interesse – che è un fenomeno atipico – è un buon segnale predittore di una recessione americana. In media, la recessione inizia 6-12 mesi dopo l’inversione (non c’è una teoria esatta a questo riguardo).

Finché i tassi di 30 anni e tre mesi non sono invertiti, non si può dire che si stia per affermare una recessione negli Stati Uniti. Tuttavia, l’inversione delle curve di 10 anni e 3 mesi – che è il secondo miglior predittore – attira l’attenzione. E accende un allarme.

Fonti:

  1. https://www.mises.org.br/Article.aspx?id=2971
  2. https://fred.stlouisfed.org/graph/?g=np1a
  3. https://www.investopedia.com/terms/i/invertedyieldcurve.asp