Ambientalismo e socialismo: una storia d’amore

“Gli ambientalisti sono come i cocomeri: verdi all’esterno, rossi all’interno”, dice il vecchio adagio. Questa piccola metafora contiene in sé un’importante verità. Quando, dopo il crollo del blocco sovietico, l’ideologia marxista perse gran parte della sua credibilità, i suoi seguaci si ritrovarono privi di un ideale da seguire. Molti di essi, quindi, abbandonarono la bandiera rossa in favore della bandiera verde.

Non è un caso, infatti, che i partiti Verdi come li conosciamo oggi siano nati tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta. Allo stesso modo, non è un caso che i Socialisti Democratici negli Stati Uniti abbiano fatto del “Green New Deal” un loro cavallo di battaglia.

Mentre si avvicinano le elezioni del 2020, sono sempre più numerosi i progressisti pronti a dare il loro endorsement a questo programma ambizioso, che già nel nome riprende lo spirito del fallimentare “New Deal” implementato da FDR negli anni Trenta.

Salvaguardare l’ambiente è un nobile obiettivo, condivisibile da tutti al di là del credo politico. Tuttavia, esistono alcuni punti di contatto fra ambientalismo e socialismo che possono essere sfruttati a scopo politico. In questo senso si può parlare di “ecosocialismo”.

Il primo ed il più evidente è la profonda sfiducia verso il capitalismo. Nello specifico, gli ambientalisti (o meglio, gli ecosocialisti) mettono in discussione la capacità di adattamento del sistema. Non solo, molti di loro sono genuinamente convinti che l’abolizione della civiltà capitalista sia necessaria per scongiurare un’apocalisse sempre più vicina.

Fortunatamente, tali profezie apocalittiche sono state più volte smentite dai fatti, i quali dimostrano la resilienza del capitalismo. Un esempio su tutti: la rivoluzione verde.

Nel 1968 Paul R. Ehrlich, ambientalista e biologo statunitense, pubblicò il suo bestseller “The Population Bomb”. In quest’opera egli dipingeva un futuro drammatico (gli anni Settanta), nel quale centinaia di milioni di persone sarebbero morte per via di carestie dovute alla sovrappopolazione.

La storia, come sappiamo, non è andata così. Tra il 1950 ed il 1970, lo sviluppo di nuove tecniche agricole, finanziato dalle industrie e da enti come la Rockefeller Foundation, ha reso possibile un incremento senza precedenti della produzione alimentare (rivoluzione verde).

Simili risultati, tuttavia, sono invisibili agli occhi degli ecosocialisti. La loro sfiducia verso il capitalismo resta granitica, e li spinge verso una strada già percorsa dai loro predecessori, l’intervento statale.

Gli ecosocialisti amano la burocrazia, le regolamentazioni, la visione top-down dell’economia e della società. Nel loro mondo ideale tutto, dal numero di figli che si possono avere alla quantità di acqua per lavarsi, è deciso a tavolino in un’economia pianificata, per ridurre al minimo l’impatto ambientale.

Si potrebbe pensare che la perdita di libertà sia un prezzo accettabile per salvare l’ambiente. Il problema è il seguente: l’unico risultato certo di questa linea d’azione sarebbe l’accentramento di potere nelle mani di pochi ecosocialisti. Una volta a capo dell’economia pianificata, il loro arbitrio sarebbe totale, mentre nulle sarebbero le garanzie di successo del sistema.

A dir la verità, i risultati a livello ambientale di questo sistema sono stati tutt’altro che incoraggianti in passato, come mostra il caso del lago di Aral. Il lago di Aral è, o meglio era, un grande lago salato situato fra Kazakistan ed Uzbekistan.

In epoca sovietica, i principali immissari del lago sono stati deviati per ordine delle autorità statali al fine di soddisfare i bisogni agricoli dell’Urss. In quarant’anni, i loro piani economici hanno ridotto gran parte del lago di Aral in un deserto tossico, uno dei peggiori disastri ambientali del secolo scorso.

Quindi un’economia pianificata, come proposta dai socialisti ieri e dagli ecosocialisti oggi, non solo non è più efficace nel salvaguardare l’ambiente rispetto ad un sistema capitalista basato sul libero mercato, bensì è potenzialmente molto più pericolosa.

Questo perché il secondo sistema ha una dinamicità invidiabile, che è il segreto del suo successo. Tutti sono protagonisti attivi nel libero mercato, tutti contribuiscono con le loro azioni e le loro idee alla direzione seguita dal sistema.

Certo, il contributo di un grande imprenditore, di un Elon Musk, non sarà lo stesso di una persona comune, ma la natura del sistema impedisce anche ai più ricchi industriali di ignorare le esigenze ed i desideri dei loro consumatori. In questo senso, un boicottaggio è uno strumento più potente di una rivoluzione.

Questo non accade in un’economia pianificata. In tal caso i pianificatori, una volta ottenuto il potere assoluto facendo grandi promesse, non hanno alcun incentivo reale a mantenerle, ed in caso di fallimento non corrono alcun rischio.

Esistono solo due tipi di ecosocialisti. I primi, che sanno tutte queste cose, sono spinti solo dall’avidità e dalla sete di potere, e sono parte del problema.

I secondi, che hanno realmente a cuore la causa e che sono ingannati dai primi, sono quelli che vorrei raggiungere con questo articolo.

Dimenticate la storia che vi raccontano da sempre, quella dell’imprenditore cattivo che cospira contro la Madre Terra e del politico buono che lo sconfiggerà (dopo essere stato eletto o rieletto, naturalmente).

Invece di delegare ad un politico il potere di costringere gli altri a vivere come voi vorreste che vivano, siate individualisti. Scegliete per voi stessi di vivere una vita a basso impatto ambientale, e lasciate agli altri questa stessa libertà.

Lasciate che il libero mercato sia vostro alleato, premiate con il vostro denaro le imprese che danno ascolto alle vostre richieste, e boicottate (a titolo personale) quelle che non lo fanno. Ormai è giunta l’ora di porre fine a questa storia d’amore tossica con il socialismo, ed andare avanti senza più credere nelle sue menzogne.

 

Ecologia, conservazione e sviluppo in assenza di Stato (4); M.N. Rothbard (For a New Liberty, analisi 2^ parte)

Conservazione, ecologia e sviluppo:

In questa sezione, Rothbard affronta un cavallo di battaglia dei liberal di sinistra e dei socialisti, ovvero l’ecologia, la tecnologia e il loro rapporto col libero mercato e il capitalismo. A detta di Rothbard, i liberal di sinistra vedono nello Stato la soluzione per ogni problema, tra cui ovviamente il rispetto e la salvaguardia dell’ambiente, lo sviluppo della tecnologia e il progresso della società. Ma, fa notare, nel corso del tempo i vari liberal hanno sostenuto tesi contraddittorie. Eccone un piccolo riassunto che mostra l’attualità di alcune situazioni:

  • Tra gli anni ’30 e ’40 i liberal sostenevano che il capitalismo era in un “ristagno secolare” che avrebbe generato disoccupazione di massa permanente.
  • Negli anni ’50 il capitalismo stava crescendo ma non abbastanza rapidamente, era necessario l’intervento dello Stato per alimentare l’economia.
  • Alle soglie degli anni ’60 la situazione si capovolge, gli americani erano troppo benestanti e stavano perdendo la loro spiritualità tra gli scaffali dei supermercati. Lo Stato doveva ridurre questo esagerato benessere.
  • Poco dopo, il problema non era più l’eccessiva ricchezza ma l’eccessiva povertà: entra in scena la “guerra contro la povertà”.
  • Nel 1964, la “Ad Hoc Committee on The Triple Revolution” pubblica un manifesto in cui dice che, continuando di questo passo, il capitalismo avrebbe automatizzato tutti i mezzi di produzione: la produzione sarebbe stata sovrabbondante ma ne sarebbe conseguita una disoccupazione di massa. Questo è il periodo dell’”isteria dell’automazione.”
  • Successivamente, al centro dell’attenzione entra l’ecologia: il capitalismo non la salvaguarda, c’è bisogno dello Stato e di una società a crescita zero.

Rothbard fa notare che non è raro trovare persone che affermano contemporaneamente che viviamo in un’epoca di post-scarsità, dove non è necessario più della proprietà privata e del capitalismo, e al tempo stesso che viviamo in una società dove l’ingordigia capitalistica divorerà tutte le risorse a livello mondiale. Però, qualunque sia il problema, la risposta liberal è sempre una e solo una: socialismo e pianificazione statale.

Ma il “padre” dei libertari è di un altro avviso. Non è fermando il progresso tecnologico o cercando di frenare il capitalismo i vari problemi che si possono incontrare verranno risolti. Anzi, è solo grazie al progresso e all’aumento del benessere che le condizioni di vita sono migliorate. Se la tecnologia tornasse all’era preindustriale il risultato sarebbero “solo” carestia e morte. Proprio per questo motivo, lo Stato deve levarsi di mezzo e smettere di soffocare l’economia con tasse e regolamentazioni in modo tale permettere che le risorse economiche siano utilizzate appieno dai privati, permettendo così lo sviluppo tecnologico e dell’economia stessa.

Arriviamo ora al nocciolo della questione: come potrebbero il capitalismo e il libero mercato salvaguardare l’ambiente e le risorse? L’ingordigia capitalista non divorerebbe tutto non appena gli lasciamo la strada libera? Per Rothbard non c’è nulla di più assurdo. Il capitalismo vive di risorse e non potrebbe esistere senza. I meccanismi di libero mercato, del vero libero mercato, riuscirebbero a regolare le cose. Come? Con i prezzi. I prezzi ci dicono molte informazioni, non complete, ma importantissime. Se una risorsa scarseggia è ovvio che il prezzo salirà. Questo cosa comporta? Innanzitutto che i proprietari delle risorse, per non vedere crollare i loro prezzi, cercheranno di dosare, ad esempio, l’estrazione di minerali e/o combustibili fossili. Poi, seguendo sempre l’indicazione dei prezzi, nel momento in cui una risorsa è troppo costosa si andrà alla ricerca di nuove tecnologie meno costose ed efficienti o di nuove miniere o giacimenti. Questi sono gli effetti “conservativi” dei prezzi.

Inoltre, cosa importantissima, il capitalismo “crea” risorse. Il petrolio, prima delle lampade a kerosene e delle automobili era un rifiuto indesiderato. Ora è l’oro nero. Questo accade per una infinità di materiali e di fibre naturali e per i nuovi materiali di sintesi o artificiali.

Rothbard non vuole negare l’inquinamento e il rischio di esaurimento delle risorse, ma ritiene che il problema sta nella mancanza di incentivi economici a mantenere le risorse. Infatti, essendo quasi tutte le risorse principali di proprietà dello Stato, ad esempio foreste, laghi e fiumi, coloro che le hanno in concessione non hanno il men che minimo interesse a non sfruttarle fino all’ultima goccia o a farsi scrupoli se scaricano rifiuti inquinanti in acqua. Non essendo di loro proprietà, una volta che hanno la possibilità di sfruttare lo fanno. Invece, se lo Stato non possedesse questi beni ed essi fossero nelle mani di privati, la situazione sarebbe ribaltata. Se una persona possiede una risorsa ma non la valorizza né se ne cura, avrà sicuramente una perdita. Ecco che in questa situazione i privati sono economicamente incentivati a salvaguardare le risorse. Nessuno vorrebbe vedere esaurita o inquinata la sua fonte di ricavi, che sia una foresta o un lago.

Per ciò che riguarda l’inquinamento, il pensatore newyorkese trova un altro punto critico. Le critiche sono in parte simili a quelle precedentemente esposte, ma nello specifico, il problema è individuato nella arroganza dello Stato che lascia inquinare nella mancanza di rispetto dei diritti individuali delle persone. Infatti, lo Stato permette di inquinare i suoi laghi, i suoi fiumi, di consumare e di sfruttare le sue terre e, cosa ancora peggiore, di inquinare l’aria che respiriamo. L’inquinamento dell’aria non può non essere visto come una violazione dei diritti delle persone, è una aggressione. In teoria, lo Stato dovrebbe tutelare i suoi cittadini, dovrebbe verificare ed impedire questo tipo di aggressioni; invece ne è complice e anzi le promuove nel nome del superiore “bene pubblico”. Non importa se un aeroporto fa rumore, non importa se una fabbrica inquina perché c’è una cosa più importante dei diritti individuali, il bene pubblico. Per Rothbard i diritti sono inviolabili il bene pubblico non può essere una buona ragione per passare sopra ad essi. Per questo motivo rifiuta anche la soluzione di Milton Friedman che affronta questi temi con un calcolo costi-benefici.

Chiudo il resoconto con le parole di Schumpeter, citato da Rothbard:

«il capitalismo si presenta davanti ai giudici, e questi hanno già la sentenza di morte nelle loro tasche. Tale sentenza sarà definitiva, a prescindere da ciò che dirà in sua difesa; l’unica vittoria che la difesa può sperare è una diversa formulazione dell’imputazione.»

 

 

 

 

 

 

 

La libertà personale secondo M.N. Rothbard (For a New Liberty, analisi 2^ parte)

In questa seconda parte dell’articolo su M.N. Rothbard, e nelle seguenti, tratteremo della seconda parte di “For a New Liberty”. Cominciamo dalla visione sulla libertà personale.

Libertà Personale:

In questa sezione del manifesto libertario, Rothbard prende tutti quei diritti, dalla libertà di parola al possesso delle armi, che possono essere collocate sotto il nome di libertà personali. Innanzitutto, il pensatore newyorkese prende in esame le “libertà civili” (diritto di parola, stampa, espressione) facendo notare il carattere assoluto che deve essere loro conferito. Ogni libertario deve sostenere strenuamente la libertà di parola e tutti i suoi derivati.

Inoltre, cosa molto importante, Rothbard fa notare come queste libertà siano inestricabilmente legate con i diritti di proprietà: esse derivano dalla proprietà privata (ad esempio: possibilità di stampare), ma allo stesso tempo devono rispettare la proprietà (egli cita come esempio della violazione della proprietà altrui con la parola la situazione in cui qualcuno urli “al fuoco!”, all’interno di un cinema, senza che vi sia realmente un incendio creando una perdita al proprietario del cinema).

Un caso molto particolare è quello del ricattatore o del diffamatore in a cui Rothbard giunge ad una conclusione molto particolare. Secondo lui, un blackmailer non può essere considerato un invasore di diritti altrui: egli esercita il suo diritto alla parola o calunniando o minacciando il rilascio di informazioni intime e non interferisce coi diritti di nessuno. Infatti, non si può dire che una persona abbia un “diritto di proprietà” sulla propria reputazione, essa è una funzione soggettiva dei sentimenti degli altri. Calunniare e ricattare è immorale, ma, per Rothbard, moralità e legalità sono due categorie diverse.

Altro punto su cui le libertà civili si intersecano con i diritti di proprietà sono le manifestazioni in luoghi pubblici. Secondo Rothbard, il problema di quali manifestazioni sono da autorizzare e quali da bandire è un problema che lo Stato non potrà mai risolvere senza danneggiare qualcuno e avvantaggiare qualcun altro. Infatti, essendo le strade pubbliche, tutti possono fare richiesta per manifestare, anche gruppi “estremisti” di qualsiasi tipo, poiché essendo contribuenti ne avrebbero diritto. Ma, se le strade fossero private sarebbero i proprietari a decidere chi potrebbe usufruirne e chi no, evitando conflitti tra contribuenti.

La posizione libertaria in merito alla legislazione sessuale e la pornografia è molto chiara e semplice. Infatti, poiché si tratta di interrelazioni tra adulti consenzienti e la donna o l’uomo possiedono il loro corpo, lo Stato non può proibire degli atti solo perché immorali, i cosiddetti “crimini senza vittime”, né mettere fuori legge tali comportamenti solo perché potrebbero essere dannosi e pericolosi. Agli occhi di un libertario la prostituzione è una vendita volontaria di lavoro. Inoltre, così facendo, lo Stato legifera su una delle sfere più private dell’uomo, impedendogli di comportarsi come vuole nel rispetto dei diritti altrui. Essere favorevoli alla prostituzione non significa volerla diffondere né essere favorevoli alla prostituzione in sé. Significa solo riconoscere che è una attività lecita e che come tale non può essere impedita per questioni morali.

Un altro caso particolare è quello dell’aborto. Rothbard lo risolve in maniera molto cruda ma coerente con la sua impostazione di base. Infatti, il problema cruciale è se l’aborto deve essere considerato un omicidio. Prescindendo da tutte le considerazioni mediche su quando inizi la vita e da quelle religiose, Rothbard mostra che se consideriamo un feto come avente tutti i diritti di un qualsiasi essere umano, tra cui il diritto di non essere ucciso, allora dobbiamo trovare una risposta alla seguente domanda: quale essere umano ha il diritto di rimanere, non invitato come parassita indesiderato all’interno del corpo di un altro essere umano? Per Rothbard ogni donna può decidere in quale momento quando disfarsi di quello che è un “parassita” indesiderato dal suo corpo.

Per quanto riguarda le droghe Rothbard è molto chiaro: il proibizionismo non ha funzionato nella pratica e nella teoria non è ammissibile. Infatti, lo Stato non può negare a nessuno di assumere quali sostanze preferisce solo perché fanno male o possono portare a compiere atti criminosi nei confronti di altri individui. Oltretutto si sta negando la libertà di un individuo di fare ciò che vuole del proprio corpo. Lo Stato proibisce l’utilizzo delle droghe “per il nostro bene” e per il bene degli altri; ma, se il ragionamento è questo, allora dovremmo poter ammettere anche l’incarceramento preventivo di tutte le persone potenzialmente aggressive e violente e dovremmo altresì proibire tutte le sostanze e i comportamenti rischiosi (ad esempio sostanze come il burro e il gelato) poiché potrebbero far male. La costatazione finale di Rothbard è che alla fin fine, se il ragionamento è questo, sarebbe meglio «mettere la gente in gabbie, in modo che possa ricevere la giusta quantità di luce solare, una dieta corretta, scarpe comode, e così via».

Infine, il classico argomento libertario è quello sulle armi e Rothbard non si esime dal dire la sua. Innanzitutto, poiché ogni persona possiede il suo corpo e le sue proprietà allora ha anche il diritto di difenderla come meglio crede. Però, lo Stato ha eroso continuamente questa prerogativa, non solo negando l’utilizzo di armi da fuoco come armi da difesa, ma anche impedendo di avere con sé coltelli o altri oggetti da difesa. Secondo il pensatore newyorkese, ciò impedisce alle potenziali vittime di disporre di un loro diritto e di essere alla mercé dei potenziali aggressori. Inoltre, poiché nessun oggetto fisico è di per sé aggressivo e qualsiasi oggetto può essere usato per aggredire qualcuno «non è più logico proibire l’acquisto di pistole di quanto lo è proibire il possesso di coltelli, mazze, spilloni e pietre».

(continua nella parte 3 che uscirà nei prossimi giorni)