Lo sciopero politico è nemico della democrazia e della libertà

Non me la sento di condannare totalmente gli scioperi, se usati come mezzo di contrattazione col datore di lavoro. Se, ad esempio, il datore di lavoro non paga, non fa lavorare in sicurezza o non rinnova i contratti, ritengo comprensibile il protestare astenendosi dal lavoro.

Tuttavia, ultimamente, lo sciopero è fin troppo spesso usato come strumento politico. Basta leggere le ragioni degli ultimi scioperi nella scuola, nelle poste o nel trasporto pubblico per leggere cose come:

  • Sciopero contro la regionalizzazione della scuola
  • Sciopero del TPL contro la liberalizzazione
  • Sciopero del TPL contro l’austerità e per il diritto alla casa
  • Sciopero delle Poste contro le politiche neoliberiste

Sia chiaro, le persone hanno diritto di credere in ciò che vogliono e di manifestare collettivamente. Non hanno tuttavia il diritto di interrompere un servizio pubblico quale la scuola o il trasporto pubblico per le proprie idee.

È infatti assurdo che, se i professori sono contro la volontà della maggioranza dei cittadini in tema d’autonomia, possano tranquillamente bloccare la scuola in tutta Italia quando, se la stessa cosa fosse fatta dagli studenti di una singola scuola anche per ragioni pratiche (si pensi alle scuole in pietose condizioni, grande successo della nostra scuola pubblica), si configurerebbero gli elementi per un’accusa di Interruzione di Pubblico Servizio.

Non si può, tuttavia, pensare di risolvere il tutto limitando il diritto di sciopero. Se Reagan ci insegna che ogni tanto andare di forza può aver senso, è chiaro che se categorie protette e lobbistiche come quelle dei dipendenti pubblici possono avere così tanto potere è per connivenza della politica e, soprattutto, perché c’è troppo Stato nell’economia.

Se iniziamo a mischiare economia e lavoro, esattamente come fin troppo spesso accade in questo Paese dove essere “pubblico” -anche se spesso corrisponde a malagestione- è sinonimo di “bello”, è chiaro che stiamo dando un enorme potere ad una categoria singola a discapito delle scelte democratiche e individuali degli altri, cioè a chi può garantirsi il supporto della politica proprio scioperando. Ed è un circolo vizioso che solo una presa liberale di coscienza potrà evitare.

Perché è semplicemente discriminatorio che il cittadino comune, se ha un problema, debba agire secondo la legge mentre il membro della casta possa semplicemente interrompere il proprio servizio, imponendo la propria idea a tutti. Occorre dunque eliminare la mano dello Stato in settori dove non è essenziale, come l’istruzione o il trasporto pubblico, e fare in modo che diventino delle normali società private, con responsabilità chiare, e dove lo sciopero non è un’arma elusiva della democrazia e delle scelte individuali.

Nelle società necessariamente pubbliche, invece, si può mantenere un’autorità di garanzia che si occupi di impedire gli scioperi meramente politici permettendo, invece, quelli non politici.

Sciopero 3 agosto 1981. I licenziamenti di massa di Reagan

«Non c’è diritto di sciopero contro la sicurezza pubblica per nessuno, in nessun luogo, in nessun momento»

Queste furono le parole dichiarate da Ronald Reagan (frase dell’ex presidente Calvin Coolidge, presidente degli Stati Uniti dal 1923 al 1929) il 3 agosto 1981, in risposta allo sciopero di massa di 13000 controllori di volo e membri della PATCO, sindacato ufficiale dei controllori di volo.

Motivo Sciopero? Retribuzioni basse, perciò si puntava ad un aumento con riadeguamento al ribasso delle ore lavorative settimanali. Inoltre, si richiedeva la possibilità di pensionamento dopo soli 20 anni di servizio.

Questi controllori di volo erano dipendenti federali, pertanto lo stesso presidente americano si mobilitò per ordinare agli scioperanti di rientrare al lavoro entro 48 ore, altrimenti ne avrebbe disposto il licenziamento. Reagan riteneva di essere dalla parte della ragione, appellandosi a due norme ben precise, che si riferivano non solo al fatto che occorressero almeno 60 giorni di preavviso, ma anche al fatto che lo sciopero era da vietare, qualora comportava gravi rischi per la salute o la sicurezza dei passeggeri o dei cittadini.

Ma se Reagan era convinto di essere dalla parte giusta, i sindacati erano convinti di aver messo “in trappola” il presidente americano. Minacciare il licenziamento di più di diecimila persone poteva essere un pretesto per considerare immorale il gesto del presidente. Pertanto lo stesso Robert Poli, presidente del sindacato PATCO, era abbastanza sicuro che Reagan, alla fine, avrebbe mollato la presa.

Reagan non si fermò e allo scadere dell’ultimatum, decise di proseguire con il licenziamento dei controllori coinvolti nello sciopero. Pertanto, con la collaborazione dei controllori che non scioperarono o che non erano coinvolti in alcun sindacato, si cercò di risolvere l’emergenza, ottenuta successivamente con risultati positivi.

In quel momento gli Stati Uniti, insieme all’Inghilterra ed Europa (Italia compresa), vivevano un momento di forte declino sociale ed economico. Dopo il boom economico del secondo dopoguerra, l’impianto di welfare state dominato dalla figura del sindacato iniziò a rallentare l’economia della superpotenza economica e del continente europeo. Negli Stati Uniti ebbero Ronald Reagan e in Inghilterra ebbero Margaret Thatcher, due figure straordinarie che furono in grado di creare una netta rottura con il passato, per porre le basi di una straordinaria ripresa economica.

Nel caso americano, Reagan dimostrò che era possibile andare controcorrente contro le logiche socialiste, come il sindacato. La PATCO abusò delle sue stesse funzioni, ritrovandosi a “chiudere baracca” qualche anno dopo. Il presidente americano, non solo ottenne l’appoggio popolare, ma con questo gesto riuscì a trasmettere un mix di ottimismo e di speranza ad un popolo che ormai si stava abituando alla mediocrità socialista.

L’Italia è oggi nelle stesse condizioni sociali ed economiche di Stati Uniti e Inghilterra degli anni settanta, con la differenza che questi due sono arrivati al 2018 grazie alle politiche, talvolta adottate con decisione e fermezza, da personaggi come Reagan e Thatcher. L’Italia no. Purtroppo siamo rimasti agli anni settanta, abbiamo perso quasi quattro decenni di rilancio economico. Per ripartire, bisogna considerare il fatto che gli avversari da affrontare sono figure come il sindacato, che anziché “proteggere” i lavoratori, riesce soltanto a far scappare l’imprenditore di turno. Proprio come nel caso dei controllori di volo, la PATCO fallì completamente la sua strategia. Invece, in Italia, gli imprenditori sono spesso costretti a ricorrere contratti interinali di scarsa qualità contrattuale o a far emigrare le proprie aziende all’estero. Reagan sapeva che darla vita al sindacato voleva dire, non solo compromettere la sua figura, ma compromettere sopratutto la figura della stessa nazione, che si sarebbe presto ritrovata a vivere secondo le logiche del sindacato.

Come disse perfettamente la stessa Maggie Thatcher:

“Ogni richiesta di sicurezza, che riguardi il posto di lavoro o il reddito, implicherebbe l’esclusione di tali vantaggi di quelli che non appartengono allo specifico gruppo privilegiato e provocherebbe richieste di privilegio compensativi da parte dei gruppi esclusi. Alla fine, tutti verrebbero a perdere”.