L’ascesa del Nazismo ci fu per colpa dei socialisti [Riflessioni su Hayek]

Friedrich Von Hayek, nel suo celeberrimo saggio La via della schiavitù evidenzia l’importantissima connessione tra gli intellettuali socialisti e quelli nazisti, profilando una manciata di importanti sostenitori marxisti tedeschi le cui convinzioni filosofiche si sarebbero radicalizzate durante la prima guerra mondiale.

Mentre le loro carriere accademiche erano incentrate sulla diffusione della filosofia socialista, molti in seguito giunsero alla conclusione che niente a parte il nazismo avrebbe aiutato a realizzare il necessario cambiamento rivoluzionario che ciascuno di loro desiderava, ovvero l’unione di tutte le forze anti-liberali nel socialismo.

Contrariamente al pensiero comune, Hayek sottolinea che il nazismo non è semplicemente nato in un pub della Baviera senza alcuna correlazione con la cultura tedesca, oltre al fatto che non abbia infettato come una malattia le pie anime dei tedeschi sotto il Kaiser. Le radici a cui fa riferimento crescevano negli ambiti accademici, riformulandosi nella tipica filosofia sintetizzabile nei seguenti precetti: la superiorità del popolo germanico (si può ben notare come fosse radicata da più di due secoli leggendo persino gli illuministi tedeschi pre-unitari), la rinuncia dell’Individuo e la distruzione della sua figura in favore della collettività (Hegel docet), la guerra ultima.

Il dodicesimo capitolo del saggio, intitolato “Le radici socialiste del nazismo“, inizia così:

È un errore comune considerare il nazionalsocialismo come una semplice rivolta contro la ragione, un movimento irrazionale privo di background intellettuale. Se così fosse, il movimento sarebbe molto meno pericoloso di quello che è. Ma nulla potrebbe essere più lontano dalla verità o più fuorviante.

Poche righe più avanti, disquisendo sui leader intellettuali del socialismo che in seguito aiutarono a gettare le basi intellettuali per l’ascesa del Terzo Reich, Hayek afferma:

Non si può negare che gli uomini che hanno prodotto le nuove dottrine fossero potenti scrittori che hanno lasciato l’impronta delle loro idee sull’intero pensiero europeo. Il loro sistema è stato sviluppato con una spietata coerenza. Una volta accettate le premesse da cui inizia, non c’è via di fuga dalla sua logica.

Continua poi:

Dal 1914 in poi nacque dalle fila del socialismo marxista un insegnante dopo l’altro che guidò, non i conservatori e i reazionari, ma il lavoratore laborioso e la gioventù idealista nella piega nazionalsocialista. Fu solo in seguito che l’ondata di socialismo nazionalista raggiunse un’importanza maggiore e crebbe rapidamente nella dottrina hitleriana.

Ora, l’analisi passa ai leader del pensiero socialista. Il primo della lista è Werner Sombart (1863-1941),  marxista devotissimo che in seguito abbracciò  calorosamente il nazionalsocialismo e la dittatura:

Sombart aveva iniziato come socialista marxista e, nel 1909, poteva affermare con orgoglio di aver dedicato la maggior parte della sua vita alla lotta per le idee di Karl Marx. Aveva fatto tutto il possibile per diffondere idee socialiste e risentimento anti-capitalista di varie sfumature in tutta la Germania; e se il pensiero tedesco era così intriso di elementi marxiani in un modo da non essere comparabile a nessun altro paese fino alla rivoluzione russa, questo era in gran parte dovuto a Sombart.

Quest’uomo era anche un forte sostenitore della guerra e del ruolo del soldato alla prussiana per ogni tedesco maschio e adulto. Aveva la forsennata convinzione che una guerra tra la società capitalista inglese di “venditori ambulanti” e la società guerriera tedesca di “eroi” fosse inevitabile e vitale per il progresso del mondo.

Successivamente Hayek si dedica al professor Johann Plenge (1874-1963), citando qualche brano di quest’ultimo:

È giunto il momento di riconoscere il fatto che il socialismo deve essere una politica di potere, perché deve essere un’organizzazione. Il socialismo deve conquistare il potere: non deve mai distruggere ciecamente il potere. E la questione più importante e cruciale per il socialismo nel tempo della guerra dei popoli è necessariamente questa: quale popolo è preminentemente chiamato al potere, perché è il leader esemplare nell’organizzazione dei popoli?

Anche questo, un altro fanatico pazzo. Eppure, fuori da queste righe, rispecchiava alla perfezione il pensiero socialista.

Hayek cita anche Oswald Spengler (1880-1936), il quale incanala il socialismo direttamente nel nazismo, come possiamo vedere da questo suo paragrafo:

La questione decisiva non solo per la Germania, ma per il mondo, che deve essere risolta dalla Germania per il mondo è: nel futuro sarà il commercio a governare lo stato, o lo stato a governare il commercio? Di fronte a questa domanda il prussianesimo e il socialismo hanno la stessa risposta. Prussianesimo e socialismo combattono l’Inghilterra che sta nel mezzo.

Direttamente nel nucleo socialista, e come specificato da questi pensatori tedeschi, il liberalismo era (ed è ancora oggi) l’arcinemico della pianificazione e dell’organizzazione. E a meno che non venisse adottato il nazionalsocialismo a tutti gli effetti, il concetto di individuo non sarebbe stato sufficientemente distrutto nella mente di tutte le persone da permettere il dominio autoritario.

Questo odio e timore nei confronti dell’individuo è la visione del mondo abbracciata da questi pensatori e continua con coloro che affermano di essere socialisti oggi. A meno che il concetto di individualismo non venga completamente sradicato dalla mente di ogni persona, lo Stato come Spirito Assoluto non può venire alla luce.

Ecco perché l’individualismo è estremamente importante: per evitare un nuovo dittatorialismo autoritario, dal quale saremmo destinati a non uscire più. È l’individuo, più di ogni altra arma, insieme alla visione filosofica che difende i suoi diritti, che presenta il più grande ostacolo al totalitarismo.