La falsificazione del Marxismo secondo Popper - Istituto Liberale Italiano Skip to content

La falsificazione del Marxismo secondo Popper

Un giovane Popper rimase affascinato da Freud e Marx, poiché entrambi millantavano di aver creato teorie scientifiche.

Fu in gioventù militante del partito comunista austriaco, distaccatosene ben presto quando vide i funzionari acuire la lotta di classe attraverso il sacrificio di vite umane. Allora iniziò a sospettare di queste sedicenti teorie scientifiche, soprattutto del Marxismo, poiché cadeva sempre in piedi, se la cavava sempre nonostante più e più volte se ne dimostrasse la fallacia.

Karl Popper è difatti famoso per aver inventato un metodo basato sulla falsificabilità: l’errore ha un ruolo fondamentale nella scienza, poiché è proprio grazie agli errori che si affinano le strade verso una migliore approssimazione della verità.

La falsificabilità era tipica delle teorie di Galileo, Newton, Maxwell, ma non Freud e Marx. Per entrambi si riesce a trovare una scappatoia quando i conti non tornano.

Un enunciato universale che vuol porsi come una legge scientifica può essere messo in discussione e falsificato con un solo controesempio. Per ottenere ciò bisogna porre delle condizioni di partenza, delle ipotesi, dalle quali costruire il sistema che si va ad analizzare e vietare certi avvenimenti. (In matematica si parla molto di dimostrazioni per assurdo, se l’assurdo fosse applicato la teoria verrebbe smontata)

L’esempio lampante per tutti è proprio l’apologia al marxismo: presentatosi inizialmente come teoria scientifica, ha  completamente mancato le predizioni e ci sono stati numerosi controesempi della sua funzionabilità. I marxisti, anziché correggere il tiro e migliorare la teoria (cosa che avrebbero tranquillamente potuto fare con un passo indietro, rivisitando le proprie categorie interpretative), sono sempre riusciti a trovare l’eccezione (che NON conferma la regola, perché nessuna eccezione conferma una teoria scientifica) e dunque la spiegazione per l’anomalia incombente, terminando col dire che il loro schema iniziale non prevedeva tale avvenimento/serie di avvenimenti.

Allora, chiunque sia dotato di una forte logica, riconoscerebbe in tutto ciò non uno, bensì due errori: o la natura del linguaggio con cui è stata formulata la teoria è posta in modo tale da non ammettere falsificabilità, o è proprio tipico dei sostenitori del marxismo una chiusura entro le proprie idee pur di non prendere atto delle confutazioni.

Un’ulteriore critica fu quella a Hegel e Marx insieme, considerati fautori di sistemi politici che avrebbero portato ad una società meno aperta (così come nel suo volume “Platone totalitario” accusava il filosofo greco di aver tradito il Socrate illuminista e teorizzato una società tribale): Hegel e Marx sono falsi profeti adulati e adorati dal popolo, illuso al punto da credere ad una società perfetta utopica ma da tacciare come non corretti tutti i suoi tentativi di realizzazione attuatisi fin’ora.

Vorrei concludere con l’errore più grande, quello originario, quello che ha generato la nascita del socialismo: la credenza che la storia abbia una direzione.

Credere che il movimento triadico della dialettica possa applicarsi ai fenomeni storici -rendendoli schematici e dissociandoli dagli Individui-, consegnando al Fato il divenire perfetto della Storia, vuol significare credere in un determinismo meccanicistico che segua uno schema preconfigurato e dunque negare la possibilità degli individui di cambiare la direzione della storia e, dunque, del loro destino.

L’Individuo è artefice del proprio destino, ripetevano come una preghiera dogmatica gli illuminati rinascimentali, così come è vero che l’insieme degli Individui non ha un comportamento prestabilito, bensì segue ciò che i suoi componenti ritengono necessario per la realizzazione di una società aperta che tenda al benessere, alla pace e alla realizzazione di ognuno.

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