C’è un fatto davvero curioso riguardo ai critici del capitalismo: spesso ne danno una definizione completamente sbagliata. Contestare il capitalismo è legittimo, ma per farlo in modo serio occorre partire da una definizione corretta.
Molti sostengono che il capitalismo consista nello sfruttamento sistematico dei lavoratori o nella ricerca del profitto a ogni costo. Altri credono che significhi solo accumulare denaro o proteggere i privilegi dei ricchi. Ma non è così.
Per chiarire davvero cos’è il capitalismo, iniziamo col dire cosa non è.
Cosa NON è il capitalismo
Il capitalismo non è ossessione per il profitto.
Se così fosse, in una società capitalista le persone smetterebbero di fare qualsiasi cosa non redditizia: niente arte, niente viaggi, niente vino, niente musica. Eppure, le società più capitaliste del mondo — Svizzera, Nuova Zelanda, Hong Kong, Australia, Stati Uniti — non sono popolate da robot a caccia di soldi. Sono popolate da individui liberi che scelgono come vivere.
Il capitalismo non è sfruttamento.
Un’impresa assume solo se il valore che un lavoratore può creare supera il suo costo. Se davvero esistesse sfruttamento sistematico, allora ci sarebbe piena occupazione: le aziende si accaparrerebbero manodopera sottopagata in massa. Ma non è così. Se c’è disoccupazione, è perché il costo del lavoro (stipendio e oneri) supera il valore che quella persona può generare.
Il capitalismo non è consumismo.
Anzi, i liberali promuovono il risparmio e l’investimento. È l’economia keynesiana a esaltare il consumo come motore della crescita. E i keynesiani, va detto, non sono certo amici del capitalismo: il loro modello si basa su spesa pubblica, inflazione e interventismo statale.
Dunque, cos’è il capitalismo?
Il capitalismo di libero mercato è un sistema basato sugli scambi volontari tra individui consapevoli, fondato sulla proprietà privata e sull’assenza di coercizione.
Due sono i presupposti fondamentali:
- Gli scambi devono essere liberi da frodi.
- I beni devono essere legittimamente di proprietà di chi li scambia.
Se possiedi una fabbrica e l’hai costruita coi tuoi risparmi, sei libero di farci ciò che vuoi, finché rispetti la legge e i diritti degli altri.
Spesso si accusa il capitalismo di essere responsabile di guerre, disuguaglianze o disastri ambientali. Ma questi eventi, quando avvengono, sono sempre frutto di collusioni tra Stato e imprese, di monopoli protetti, o di violazioni della libertà contrattuale. E questo non è capitalismo, è interventismo travestito.
Il capitalismo esclude lo schiavismo.
Nessuno può essere proprietà di un altro. Non è capitalismo se un lavoratore è obbligato a lavorare. Se accetta un lavoro con uno stipendio basso, è perché — per le sue competenze e la sua esperienza — quella è l’unica offerta sul mercato. Non è giusto né sbagliato: è un dato di fatto. E il datore di lavoro non è moralmente colpevole di ciò che il mercato offre.
La famosa “logica del profitto”, tanto criticata, è in realtà la logica del miglioramento: chi vuole guadagnare deve prima capire come soddisfare al meglio i bisogni altrui. Più valore offri, più vieni ricompensato.
Il capitalismo, in sintesi, è un sistema di remunerazione del merito. Chi sa offrire di più alla società riceve di più in cambio.
Attenzione: il capitalismo non ha uno scopo
Il capitalismo non è una macchina con un fine. Non è orientato verso “la giustizia sociale” o “l’equilibrio economico”. Non ha un piano prestabilito.
Funziona perché lascia spazio a chi vuole provare, innovare, rischiare.
A volte un’idea funziona. Altre volte fallisce. E va bene così.
Il profitto è una bussola, non un obiettivo morale. È un segnale: indica che stai offrendo qualcosa di valore agli altri. È per questo che Adam Smith scriveva:
“Non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro pranzo, ma dalla cura che essi hanno per il proprio interesse.”
L’interesse personale, in un sistema di mercato, spinge ognuno a contribuire al bene comune, anche senza volerlo.
E no, non è un sistema perfetto. Esisteranno comunque povertà, disoccupazione, crisi. Ma i dati dimostrano che ovunque ci sia libero mercato, si vive meglio. Sempre.
La vera definizione di capitalismo
Il capitalismo di libero mercato è un sistema economico basato sulla proprietà privata dei mezzi di produzione, reso possibile da un ordine giuridico liberale che protegge:
- la vita,
- la proprietà,
- e la libera ricerca della felicità individuale.
In questo sistema, anche chi non cerca profitto può essere considerato pienamente capitalista.
Esempio: se il tuo sogno è aiutare i bambini in Africa o salvare i pinguini in Antartide, e usi i tuoi soldi, liberamente guadagnati e legalmente tuoi, per farlo… stai praticando capitalismo.
Perché il capitalismo è libertà di scambiare, produrre, donare, scegliere.
Non è il sistema dei ricchi. È il sistema in cui ognuno può usare ciò che possiede per ottenere ciò che ritiene più importante: più ricchezza, più tempo libero, più impatto sociale. Libertà, appunto.
Conclusione
Il capitalismo non è consumo, né sfruttamento, né avidità.
È un sistema che premia l’iniziativa, rispetta la proprietà e funziona solo se gli scambi sono liberi e volontari.
Criticarlo è legittimo, ma farlo senza capirlo significa solo combattere uno spaventapasseri.