È arrivato il populismo in America? - Istituto Liberale Italiano Skip to content

È arrivato il populismo in America?

Abbiamo assistito alla rivalsa del populismo in tutto il mondo, dalla Le Pen all’austriaco Sebastian Kurz, e pare abbia contagiato anche il nuovo continente.
Trump ha sostenuto una campagna elettorale estremamente populista, dal populismo culturale a quello economico, in una linea che potremmo definire “reazionaria”.

Quando è arrivato questo populismo in America?

Nel 2012 c’è stata la sconfitta per un soffio di Mitt Romney, appartenente all’ala moderata del Partito Repubblicano, in lizza con Obama. Romney era il tipico candidato repubblicano, forse troppo tipico per riuscire a vincere.

Nel 2016 ci siamo ritrovati con questo show-man miliardario e galvanizzante, totalmente su un altro piano rispetto all’establishment conservatore o ai rivoluzionari del Tea Party. Eppure il populismo era nato già da alcuni anni. Anzi, si potrebbe dire che il populismo fosse nato prima in America che in Europa.

Gli USA si dichiarano indipendenti nel 1776, il loro primo presidente sarà il liberale classico George Washington dal 1789 al 1797. Dopo il mandato di John Adams dal 1797 al 1801, arriva Thomas Jefferson: ecco il primo vero populista della storia degli Stati Uniti d’America. (Sicuramente un populista molto, molto differente da Trump)

Esatto, proprio colui che scrisse “tutti gli uomini sono creati uguali” e che fu consultato per la stesura della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino.

Perché Jefferson era un populista?

Volente o nolente, Jefferson dava al popolo un nemico da combattere: prima Re Giorgio, poi i banchieri e gli affaristi. Era il tipico populista un po’ giustizialista che accusava i poteri forti, eppure -sebbene tutto ciò nel 2018 può sembrare estremamente stupido- è ciò che ha permesso agli States di costruire un apparato libero dalla corruzione ed una società in cui l’Individuo è al primo posto. Sempre in prima linea per combattere chiunque potesse e volesse monopolizzare il potere.

A Jefferson dobbiamo l’idea della Nazione sottomessa al Popolo, in contrasto con la linea di Adams e dei federalisti secondo i quali il potere dovesse andare agli illuminati e ai produttori di benessere.

Tutta la tradizione populista jeffersoniana ha permeato la politica statunitense per centinaia di anni, avendo sempre come focus la lotta all’aristocrazia e all’elitismo dei banchieri, dei mercanti, dei grandi proprietari terrieri per un solo scopo: permettere agli Individui di essere liberi.

Nel 1891 tale tradizione venne ereditata dal People’s Party, incentrato molto più nel ruralismo e nel migliorare il sistema economico vigente che nello sviluppo industriale, e che venne inglobato nel Partito Democratico nel 1896.

Tralasciando l’analisi di quest’ultima parentesi molto complessa, il populismo negli Stati Uniti ha sempre prodotto benefici enormi, fra cui la più elevata mobilità sociale (passaggio effettuato da un individuo da un ceto a un altro, generalmente verso l’alto) di sempre, crescita e progresso.

Perché, allora, il nuovo populismo non è ben visto? E Trump?

Negli USA il populismo ha funzionato perché è nato come una corrente di pensiero secondo la quale si mette in discussione ogni forma di potere, partendo dal dibattito per giungere a scelte razionali. Non parlava alla pancia delle persone, ma al loro cervello.

Ecco il primo motivo per cui il populismo altrove ha fallito: cavalcando gli umori della popolazione, il populismo (soprattutto di matrice marxista-hegeliana) ha fatto leva sull’invidia sociale, sulla lotta di classe e sulla redistribuzione delle risorse e/o dei mezzi di produzione.

Il nemico dei diritti e dell’Individuo, il nemico di “Noi, il popolo” non viene più affrontato con criteri di razionalità, bensì con la rabbia.

Ecco che arriva Trump: in un momento storico nel quale l’indignazione dei Social Justice Warriors raggiunge livelli vertiginosi ed il marxismo culturale permea le frange estreme dei Democratici, la risposta è l’avanzare del politically incorrect (=“una verità che i democratici trovano troppo dolorosa da riconoscere e quindi non vogliono venga espressa“, Dennis Prager) e di una nuova corrispettiva risposta: il populismo “grassroot” (di base) di Trump e Sanders.

Aldilà delle opinioni su Trump, il suo non è populismo Jeffersoniano, ma è una nuova specie che rischia di distorcere la tradizione popolare americana. La sua stessa metodologia potrebbe essere usata contro di lui, soprattutto ora che i moderati nei due principali partiti sono diventati marginali.

Dunque, torniamo alla domanda da cui siamo partiti: è arrivato il populismo in America? No. Allora, è arrivato un nuovo populismo in America? Sì.

Iscriviti alla nostra Newsletter

Ricevi tutte le novità e scopri la libertà

Cliccando su "Invia" accetti la Privacy Policy.

Attualità

No, Churchill non fu il cattivo della Seconda guerra mondiale

Traduzione dell’articolo “No, Churchill Was Not the Villain“, Andrew Roberts, The Washington Free Beacon, 6 settembre 2024 Lo storico Darryl Cooper, in un’intervista al programma di Tucker Carlson, ha sostenuto che Winston Churchill “è stato il principale cattivo della Seconda Guerra Mondiale”, il che sarebbe interessante, addirittura scioccante, se la

Continua a Leggere »
Approfondimenti

La battaglia non è destra contro sinistra. È statalismo contro individualismo

(Traduzione dell’articolo The Battle Isn’t Right vs. Left. It’s Statism vs. Individualism di Daniel J. Mitchell su FEE.org) Ho già scritto di come comunismo e nazismo abbiano molto in comune. Entrambi subordinano l’individuo allo stato, entrambi conferiscono allo stato la facoltà di intervenire nell’economia, ed entrambi hanno massacrato milioni di persone.

Continua a Leggere »