Su Repubblica di domenica 22 giugno Ezio Mauro ha raccontato un aneddoto su Sergio Marchionne, ricoverato da fine giugno all’Universitätsspital di Zurigo. Il giorno in cui prese servizio al Lingotto, scrive Ezio Mauro, Marchionne trovò un’azienda disastrata e tecnicamente in default. “Perdiamo 2 milioni al giorno”, disse al suo collaboratore.
La FIAT nel 2004 era fallita, non poteva rimborsare i creditori, aveva un’elevatissima percentuale di assenteismo tra gli operai. Fino al 2003 produceva un’automobile, la Panda, tecnologicamente indietro di vent’anni.
Nel 2008 FIAT vendeva appena 2 milioni di veicoli, tra automobili e veicoli commerciali. È l’anno in cui il marchio torinese acquistò Chrysler, altra azienda fallita. Il genio di Marchionne è stato quello di sollevare un’azienda figlia del corporativismo nazionale, la quale, grazie ad un patto Roma-Torino, ha dato lavoro a migliaia di operai nelle fabbriche del capoluogo piemontese ricevendo in cambio trattamenti di favore.
Marchionne ha rotto questa logica: è arrivato allo scontro frontale con i sindacati, da decenni impegnati a fare politica più che a difendere gli interessi dei lavoratori, è uscito dalla contrattazione nazionale collettiva, in breve ha trasformato il secondo “carrozzone” pubblico dopo Alitalia in un’azienda multinazionale.
Una strategia di management vincente con l’obiettivo di fare profitti ed accrescere la soddisfazione del cliente che ha portato FCA ad essere l’ottavo costruttore automobilistico mondiale, un’impresa sana, solida e robusta che vende 7 milioni di veicoli l’anno, il quintuplo di quindici anni fa.
Ora, vorrei cogliere l’occasione per infondere nei lettori un po’ di ottimismo. Quando arrivò Marchionne sembrava impossibile che la FIAT potesse salvarsi, 2 milioni al giorno di perdite, 730 l’anno, sembravano un macigno insostenibile. Eppure uscendo dalle vecchie logiche dell’assistenzialismo, della sindacalizzazione, ha riportato FCA in alto.
L’Italia ha bisogno di un timoniere come lui. Ha bisogno di qualcuno che che dica la verità ai cittadini: l’Italia perde 180 milioni al giorno, 65 miliardi l’anno che appartengono ai contribuenti e vengono letteralmente buttati al vento, in un debito pubblico complessivo di 2300 miliardi. La causa? Una spesa pubblica fuori controllo e uno stato troppo ingombrante.
L’Italia ha bisogno di pragmatismo, di scelte impopolari, di fare dei torti a qualcuno: ai sindacati, alle alte burocrazie di Stato, a buona parte dei dipendenti e dirigenti pubblici, alle corporazioni varie. Ha bisogno sia di ridurre le uscite (Stato meno ingombrante) sia di ingrandire la torta della ricchezza senza suddividerla ulteriormente.
L’Italia ha bisogno di un altro Marchionne…o di una Thatcher.