È una proposta ormai ricorrente, da parte della sinistra europea, quella di limitare la concorrenza fiscale tra Stati.
Per chi non lo sapesse, per concorrenza fiscale sì intende la possibilità per gli Stati che partecipano a uno stesso mercato di farsi concorrenza sulle tasse e le imposte in modo da attrarre più contribuenti. È un modello applicato, tra l’altro, in Stati prosperi come la Svizzera o addirittura il piccolo Liechtenstein.
Voler imporre un’aliquota minima obbligatoria per le imprese, nel caso della proposta del PD il 18%, è un’idea sbagliata per due principali motivi:
Il primo è che premia gli Stati spendaccioni e che non sanno curare i conti pubblici. In sostanza stiamo andando a dire agli Stati che sanno gestirsi che devono alzare le tasse perché ci sono Stati che amano fare spesa pubblica inutile. È una totale deresponsabilizzazione di Stati ed elettori, che non avranno alcuna convenienza a comportarsi responsabilmente dato che Mamma Europa sarà sempre pronta a rendere gli Stati spendaccioni concorrenziali a forza. Una cosa che ricorda molto l’idea sovranista per cui gli Stati sono liberi di fare tutto il debito che vogliono e la colpa dei fallimenti è dell’Europa e dei mercati.
Il secondo è che una mossa del genere rischia di aumentare l’euroscetticismo e la concorrenza extra UE.
I cittadini degli Stati dell’UE più virtuosi inizierebbero a vedere l’UE come un mezzo al servizio degli Stati più spendaccioni dando il via libera ai locali partiti euroscettici. E, valutando che l’UE spesso bacchetta gli Stati meno virtuosi per il debito, non ci sarebbe nemmeno un guadagno d’immagine presso gli Stati meno virtuosi.
Ma, soprattutto, esistono Stati extra-UE ma nel mercato unico. Questi Stati hanno una buona discrezionalità nell’applicare i regolamenti UE. Con Stati UE come il Lussemburgo, i Paesi Bassi o l’Irlanda fuori gioco sarebbe possibile per gli Stati dell’EFTA/SEE rifiutare quella normativa e accaparrarsi il mercato, magari con qualche norma ad hoc.
La concorrenza sleale può, però, esistere
Esiste un caso in cui la concorrenza fiscale può essere sleale. È infatti possibile fare patti fiscali tra aziende e Stati. La ratio della norma è chiaro: Semplificare l’imposizione fiscale per aziende molto articolate e dove il calcolo effettivo sarebbe oneroso.
Tuttavia in certi casi gli accordi sono estremamente vantaggiosi per le aziende, arrivando ad aliquote molto più basse rispetto a quelle applicate di solito.
In tal caso la concorrenza è sleale soprattutto verso i propri cittadini: Immaginate di pagare un’imposta aziendale del 15% ma sapere che Google paga il 3%.
L’aliquota minima europea, comunque, non è la soluzione a tale problema dato che limita principalmente le imprese oneste e non queste situazioni borderline.