Quando si parla di colonialismo, non manca l’elenco di danni provocati alle colonie da parte dei conquistatori europei, tra cui figurano tragedie come schiavitù, segregazione, omicidi e depredazione.
Ma benché questi eventi siano stati drammatici per il futuro dei paesi colonizzati, un altro e ben più insidioso effetto ha condannato le ex-colonie africane e asiatiche: il disprezzo per il libero mercato, visto come un sistema tipico dei conquistatori e, per usare un termine collettivista, una “roba da bianchi”.
Ci sono ormai pochi dubbi sull’efficacia del libero mercato nell’arricchire e migliorare l’economia dei paesi che lo adottano: è inequivocabile la relazione – peraltro parecchio forte – tra libertà economica e molti altri indicatori di ricchezza e benessere.
Tuttavia, la percezione di un sistema è vitale perché questo sia adottato e se in genere le colonie non godevano del libero mercato – perché costrette a commerciare solo con il paese colonizzatore di riferimento – i paesi europei e nordamericani avevano iniziato a liberare le loro economie, di fatto facendo percepire alle colonie non solo di essere schiavizzate con la forza – come in effetti erano – ma anche di essere oppresse da un capitalismo di cui non vedevano i frutti, in realtà perché questo capitalismo per loro non veniva applicato o non potevano accedervi.
E non è quindi un caso che in larga parte le ex-colonie africane, asiatiche e mediorientali abbiano economie estremamente represse, come questo ranking mostra: la liberazione dai colonizzatori è stata il cavallo di battaglia del terzomondismo, movimento socialista diffuso in Medio Oriente, Indocina e Africa.
E non è nemmeno un caso che i paesi di queste aree, ad oggi, siano ancora parecchio sottosviluppati e privi di democrazia e libertà.
Di certo, però, non sono privi di ricchezze e potere per i leader politici, distorsione questa sicuramente meno presente nei paesi più liberi economicamente dove la correlazione tra chi produce ricchezza e chi la detiene è infinitamente più alta.
Casi eclatanti di terzomondismo che hanno intrappolato le economie per decenni sono il Vietnam, dominato dalla figura di Ho Chi Minh ed il Congo, per cui Patrice Lumumba ancora oggi rappresenta un’icona del pan-africanismo.
Ma per quanto personaggi come questi siano osannati come icone anti-colonialiste e liberatori dal giogo atlantico, le loro politiche economiche e sociali hanno direttamente portato miseria e conflitti all’interno dei loro paesi.
Per fare qualche esempio, il Congo, ancora non libero economicamente, è uno dei paesi più poveri ed instabili d’Africa, il Vietnam ha cominciato a crescere solo dopo una liberalizzazione dell’economia ancora oggi non comparabile a quella di altre nazioni asiatiche come Giappone e Corea del Sud ed infine il Laos, che pur avendo una simile popolazione alla liberista Hong Kong, ha un PIL pari al 5% di quello della famosa città-stato proprio per via della conversione al comunismo, in diretta protesta al passato da colonia francese.
E la responsabilità di tutto questo non è soltanto attribuibile alla demagogia della nuova classe dirigente che ha ammassato fortuna tramite l’esercizio del potere come nel Medioevo in Europa, ma anche e soprattutto ai soprusi dei paesi colonizzatori (si ricordi il caso del Congo – Kinshasa appunto, colonizzato dal Belgio), rei di aver creato il pretesto per intrappolare i paesi colonizzati tramite la retorica dialettica dell’oppresso e dell’oppressore che è il cavallo di battaglia del marxismo culturale .
Ma lentamente questi paesi si stanno emancipando dal giogo del socialismo: nel continente africano Rwanda, Botswana ed Etiopia stanno liberalizzando le loro economie.
Il primo, il più libero economicamente della regione, sta crescendo con estrema rapidità e sta ottenendo interessanti traguardi tecnologici come il primo smartphone made in Africa, il secondo è ad oggi il paese con il PIL pro capite più alto dell’Africa meridionale ed il terzo sta rapidamente crescendo e ponendo fine a sanguinosi conflitti grazie al nuovo Nobel per la Pace Abiy Ahmed. È abbastanza noto invece il successo raggiunto dalle ex-colonie inglesi Singapore ed Hong Kong che hanno preferito adottare sin da subito un sistema di libero mercato.
Il danno della colonizzazione è stato dunque duplice: durante per le violenze ed i soprusi e dopo per aver creato un’immagine distorta del libero mercato che ha portato a lunghi (alcuni ancora presenti oggi) periodi di povertà e violenza nati dalla retorica socialista.