Emancipazione femminile: il perché di un'anomalia storica - Istituto Liberale Italiano Skip to content

Emancipazione femminile: il perché di un’anomalia storica

Sin da quando ne ho memoria, sono stato abituato a vedere donne in posizioni di potere, di prestigio, di rispetto. Questo dovrebbe essere, in sé per sé, del tutto scontato, quasi insignificante, se non fosse per il fatto che non lo è. In ogni tempo e in ogni luogo, solo in Occidente, e solo negli ultimi tre secoli la condizione della donna si è evoluta in questo modo.

La domanda da porsi, quindi, è perché solo qui, e perché solo adesso? Forse il socialismo ha eliminato le disuguaglianze fra i sessi, o forse per generosità i governanti hanno concesso il suffragio femminile, il divorzio e l’aborto? Per comprendere questa anomalia storica, è necessario identificare i principali punti di rottura fra l’Occidente moderno e le altre civiltà, passate e contemporanee.

In primo luogo, l’industrializzazione. L’impatto storico di questo fenomeno sul nostro mondo non potrà mai essere sopravvalutato, e questo vale soprattutto per la condizione della donna. Senza elettricità, macchine e la medicina moderna, le donne nei Paesi sviluppati vivrebbero ancora come le loro antenate di secoli prima, quasi tutte analfabete, impegnate esclusivamente a lavorare nei campi, a svolgere le faccende domestiche ed a partorire numerosi figli, spesso a costo della vita.

Tuttavia, il vero contributo dell’industria all’emancipazione femminile consiste nell’aver aperto alle donne il mondo del lavoro. Prima della nascita delle industrie, la manodopera femminile era confinata in una ristretta cerchia di attività economiche, spesso legate in ogni caso alla dimensione domestica (come la tessitura dei vestiti). Con l’avvento dell’industria le donne lavorano insieme agli uomini, imparano a leggere e a scrivere, acquisendo in questo modo i mezzi materiali e la volontà per vivere autonomamente.

L’industrializzazione, a sua volta, è stata resa possibile dallo sviluppo, nel corso di secoli di storia europea, di un sistema economico e produttivo favorevole all’innovazione, il capitalismo. Infatti, senza il sostegno economico di Matthew Boulton, facoltoso imprenditore britannico, James Watt non avrebbe mai avuto i mezzi per sviluppare la sua macchina a vapore, simbolo stesso della prima rivoluzione industriale. Lo stesso Boulton si interessò alle scoperte di Watt per un solo motivo: il profitto. Egli infatti era alla ricerca di soluzioni tecniche per migliorare la produttività delle proprie fabbriche. Come già menzionato, lo sviluppo industriale seguente generò una crescente domanda di manodopera, che ebbe ripercussioni soprattutto sulle donne.

Il capitalismo, a sua volta, si basa su di un singolo punto centrale, dal quale deriva tutto il resto: lo scambio volontario di merci o servizi fra due soggetti, due individui. Non può esservi coercizione, in quanto entrambi gli individui devono essere soddisfatti della transazione. Ciò è possibile solo in un sistema che metta al primo posto l’individuo e la sua libertà. Per questo, in ultima analisi, è sull’individualismo che si basano le conquiste dell’Occidente, compresa l’emancipazione femminile.

Basta pensare ai diritti per cui hanno combattuto le prime femministe: l’individuo ha diritto a prendere parte alla vita pubblica dello Stato, e quindi il voto deve essere esteso anche alle donne; l’individuo ha diritto a decidere in autonomia sulla propria vita affettiva e sessuale, e quindi il divorzio; l’individuo ha diritto sul proprio corpo, e quindi l’aborto (anche se in questo caso, essendo per forza di cose coinvolti più individui, ritengo sia necessario che venga preso in considerazione l’interesse di tutte le parti).

Il movimento femminista delle origini, dunque, aveva un’importante componente individualista, e quindi liberale, e non è un caso che tra i suoi sostenitori ci siano stati grandi nomi liberali come quello di John Stuart Mill. Questa componente si è poi persa nel tempo, e oggi il movimento femminista, dominato dalla sua componente marxista, si batte contro il patriarcato, contro il “gender pay gap” e in generale contro le disuguaglianze (ma solo in Occidente ovviamente, per loro le donne degli altri Paesi non contano niente), proponendo misure collettiviste come le ridicole quote rosa.

L’involuzione subita dal movimento femminista, tuttavia, non ne cancella le vere origini, e sebbene oggi molte femministe siano contro l’industrializzazione, il capitalismo e l’individualismo, è proprio grazie alla combinazione di questi fattori nel corso di secoli se anche loro, così come tutte le altre donne che hanno la fortuna di vivere nei Paesi occidentali, sono libere di cercare la propria felicità, senza influenze esterne che non siano quelle dovute al caso.

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