Perché non possiamo essere sia liberi sia uguali

Qualche tempo fa il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha detto che i valori di Libertà e Uguaglianza “sono il fondamento della nostra società ed i pilastri su cui poggia la costruzione dell’Europa“. Non starò a sindacare sullo stile del Capo dello Stato, che vuole unire in un centro d’idee tutti i valori, come si è fatto per decenni nel suo ex partito, la Democrazia Cristiana.

Non posso che iniziare citando la Dichiarazione Universale: «Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali [ma la frase non finisce mica qui!] in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza. »

Partire da questa premessa vuol dire accettare i principi di pari opportunità, uguaglianza di fronte alla legge, giustizia nella legge, tutela dalla discriminazione.

Ecco il primo contrasto:

  • per essere uguali serve che le leggi siano diverse per ciascuno, in modo tale da appianare le differenze;
  • per essere liberi serve che le leggi siano uguali per tutti, così come in Natura così nella società.

Difatti, vediamo ogni giorno la differenziazione delle leggi a seconda della ricchezza che si possiede, del lavoro che si ha, della propria provenienza e così via, al fine di garantire la giustizia sociale. Quest’ultima, una chimera inesistente e irraggiungibile. Inutile dire che questi sono i principi che differenziano liberalismo e socialismo.

Cercare di raggiungere l’uguaglianza, e dunque di trattare gli individui in modo diseguale per far sì che tutti siano uguali, non può portare altro che alla prevaricazione di chi è diverso, dunque alla discriminazione. Come sempre, i socialisti pensano in primo luogo a cosa hai e non a chi sei, discriminando a seconda della ricchezza. Questo genere di discriminazioni le troviamo anche nel nazismo, in cui le vittime erano i diversi, gli ebrei, gli omosessuali, gli oppositori. [Ultimamente, negli States, è uscita la moda di discriminare i bianchi, etero, capitalisti… ]

Non bisogna ignorare il fatto che siano entrambe discriminazioni e, in quanto tali, pregiudizievoli, perché il confine fra le due è veramente sottile.

In una gran parte del mondo civilizzato ci sono state leggi volte ad aggiungere diritti per categorie o a punire discriminazioni nei confronti di gruppi. Leggi per consentire l’ingresso degli omosessuali nelle forze armate (davvero serviva una legge per consentire il loro ingresso?), aggravanti per le discriminazioni di carattere razziale, regolamentazioni diverse per le unioni a seconda del genere. Quando, alla fine, basterebbe ricordare che i diritti umani valgono per ogni singolo individuo senza che sia categorizzato e schedato come un prodotto su Amazon.

Come si equilibra una società basata sull’uguaglianza? E una basata sulla libertà?

  • Il primo passo per raggiungere l’uguaglianza sostanziale è la distribuzione della ricchezza, un metodo che permette di dare a ciascuno ciò che necessita e fargli fare ciò che desidera senza dover pensare se riuscirà a sbarcare il lunario;
  • Il primo passo per raggiungere la Libertà è la distribuzione del potere al fine di limitare la coercizione e i monopoli, ciò avviene già naturalmente attraverso i meccanismi di mercato che permettono di far avere a ciascuno ciò che merita e di cercare la felicità attraverso le sole proprie forze.

Sono entrambe utopie?

No, nessuna delle due è una utopia. Abbiamo potuto guardare, con ammirazione o disdegno, la realizzazione di società fondate sulle due diverse premesse. Il problema si pone sui risultati della realizzazione: le società basate sull’uguaglianza hanno appiattito i propri cittadini ad essere oggetti governati, i cui diritti sono mere concessioni, così come talvolta il cibo deve essere calato dall’alto, sempre che ci sia; le società fondate sulla libertà sono, invece, il luogo migliore in cui conquistare la felicità e il benessere tramite il merito e il talento.

In conclusione, auspicare una società basata su libertà e uguaglianza è un pensiero ossimorico, poiché la prima consente a ciascuno di trovare la felicità con le proprie forze, mentre dalla seconda deriva la schiavitù con il pretesto di una felicità collettiva.

10 aforismi di Ayn Rand per dare torto ai socialdemocratici

Libertà (f.): Non chiedere nulla. Non aspettarti nulla. Non dipendere da nulla.

Lontano dalle idee di libertà si collocano i socialdemocratici, i quali sostengono lo stato sociale. La loro idea di libertà è quella di dipendenza dal governo, dallo Stato mamma. Tutto il potere nelle mani dello Stato, evviva! Da ciascuno secondo la sua capacità, a ciascuno secondo le sue necessità! Ah, ma non era il marxismo? Sì, difatti i socialdemocratici sono marxisti in incognito.

Il grido dei socialisti e dei comunisti è il grido della tirannia, dell’autoritarismo e della dittatura, come vediamo in Venezuela e in Corea del Nord. Tutto è meglio espresso nella citazione precedente sul significato di libertà per Rand.

Chiunque creda che un alto tenore di vita sia il risultato dei sindacati e dei controlli governativi, si chieda: se avessimo una “macchina del tempo” e trasportassimo i leader sindacali degli Stati Uniti e i tre milioni -o più- burocrati del governo, indietro fino al X secolo, sarebbero in grado di fornire al servitore medievale la luce elettrica, i frigoriferi, le automobili e i televisori?

Rand capisce che la “classe dei parassiti” non ha valore produttivo, a parte ciò che può ottenere dagli altri.  L’innovazione prospera nel libero mercato grazie alla concorrenza, all’interesse personale e al capitalismo. La citazione precedente viene dal libro “Capitalism: The Unknown Ideal“.

Giuro sulla mia vita e sul mio amore per lei che non vivrò mai per il bene di un altro uomo, né chiederò a un altro uomo di vivere per il mio bene.

La citazione tratta da “La Rivolta di Atlante” è la massima espressione della virtù dell’ego individuale. Ne “La Fonte Meravigliosa” completa il precedente aforisma così: “L’ego è la fonte da cui fluisce tutto il progresso umano“.

Se non credessimo in noi stessi, come potremmo raggiungere la grandezza? Se ci troviamo a non fare altro che vivere per gli altri tutto il tempo, come possiamo costruire la ricchezza materiale necessaria per rendere possibile la carità? La citazione di Rand è uno schiaffo in faccia ai socialisti e ai collettivisti di tutto il mondo, che chiedono che l’individuo sia soggetto ai bisogni dello Stato.

L’uomo che condanna il denaro l’ha disonorevolmente ottenuto; l’uomo che lo rispetta lo ha guadagnato.

Coloro che sono più rumorosi quando si tratta di condannare il denaro, sono quasi sempre quelli che non l’hanno meritato, in primo luogo.

Corri per la tua vita quando qualcuno ti dice “il denaro è cattivo”. Questa frase è il campanello del lebbroso di un saccheggiatore che si avvicina.

I socialisti, naturalmente, non capiscono le basi dell’economia. Tutta la loro filosofia sta pervertendo le leggi della domanda e dell’offerta. Il denaro in un mercato libero è semplicemente uno strumento che può essere utilizzato nel bene e nel male. “Chi lo merita?” è ciò che conta. Le persone che dicono che il denaro è la radice di tutti i mali sono ignoranti. È come incolpare i cucchiai e le forchette per l’obesità delle persone.

Non esiste un lavoro schifoso, solo uomini schifosi a cui non importa farlo.

 

John Galt è Prometeo che ha cambiato idea. Dopo essere stato dilaniato per secoli dagli avvoltoi in pagamento per aver portato agli uomini il fuoco degli dei, ruppe le loro catene e ritirò il loro fuoco, fino al giorno in cui gli uomini ritirarono i loro avvoltoi.

Sempre da “La Rivolta di Atlante“, tale libro presenta una tremenda storia di ciò che accade quando la classe parassitaria non può più ignorare coloro le cui energie consumano, senza aggiungere nulla al loro valore.

Il denaro è il barometro delle virtù di una società. Quando viene scambiato, non per accordo, ma per costrizione, quando vedi che per produrre ricchezza, devi ottenere il permesso dagli uomini che non ne producono affatto – quando vedi che il denaro scorre verso coloro che negoziano, non con merci, ma con favori – quando vedi che un uomo è arricchito più con la forza che con il suo lavoro, e che le leggi non ti proteggono da lui, ma lo proteggono da te – quando vedi che la corruzione è premiata e che l’onestà è un sacrificio, devi sapere che la tua società è già condannata.

Possiamo vivere in un mondo in cui le persone vendono volontariamente i frutti del loro lavoro o in un mondo in cui si può ottenere il frutto del lavoro altrui senza che quest’altri diano il loro consenso. Sta a noi decidere.

Non c’è modo di governare uomini innocenti. L’unico potere che ogni governo ha è quello di agire con decisione contro i criminali. Bene, quando non ci sono abbastanza criminali, li si crea. Lo Stato dichiara che così tante cose sono un crimine che è impossibile vivere senza violare le leggi. Chi vuole una nazione di cittadini rispettosa della legge? Basta approvare leggi che non possono essere osservate o applicate, né interpretate in modo obiettivo, e si crea una nazione di trasgressori della legge, e quindi si beneficia della colpa.

Le leggi degli Stati Uniti sono così numerose che ognuno commette tre crimini al giorno, figuriamoci in Italia. Questo è anche il modo in cui il governo può applicare la legge selettivamente contro chiunque, in qualunque momento lo desideri. Ecco che lo Stato diventa tirannico.

La più piccola minoranza al mondo è l’individuo. Chiunque neghi i diritti dell’individuo non può sostenere di essere un difensore delle minoranze.

Infine, l’ultimo aforisma, è quello che vale di più: i socialdemocratici si propongono come tutori delle minoranze, ma lo fanno soltanto opprimendone altre. Non è una questione politica, è culturale: secondo loro è giusto prevaricare su taluni asserendo di farlo per il bene di altri. Si arriva al punto in cui le leggi ti dicono quello che puoi fare, anziché quello che non puoi fare. Ogni diritto è precluso, tranne quello di appartenere alla collettività e dipendere da essa.

Chi era Ayn Rand e perché leggerla

“Un Individuo  può sopravvivere in uno solo di due modi: o per mezzo del lavoro indipendente della propria mente o come parassita della mente altrui.
Il creatore agisce. Il parassita prende.
Il creatore fa fronte alla natura da solo. Il parassita attraverso un intermediario.
Scopo del creatore è la conquista della natura. Scopo del parassita la conquista degli uomini.
Il creatore vive per il lavoro proprio. Egli non ha bisogno degli altri. Il suo scopo principale è lui stesso.
Il parassita ha bisogno degli altri. Gli altri diventano il suo scopo principale.
[…]
Ci viene insegnato ad ammirare il parassita che distribuisce generosamente beni che non ha prodotto, senza preoccuparsi dell’uomo che li ha procurati.”

Questa citazione è parte del discorso finale di Howard Roark, protagonista de La Fonte Meravigliosa (The Fountainhead), uno dei più celebri scritti di Ayn Rand.

Chi è Ayn Rand?

Ayn Rand nacque a San Pietroburgo, in Russia, nel 1905, in una famiglia ebrea di media estrazione. Ha vissuto in ogni sua sfaccettatura la rivoluzione bolscevica, dovendo persino fuggire in Crimea con la sua famiglia dopo la confisca delle sue proprietà da parte del governo comunista.

Nel 1926, incoraggiata dai genitori che temevano per la sua incolumità, emigrò negli Stati Uniti, dove riuscì a lavorare come sceneggiatrice nell’industria cinematografica di Hollywood. Divenne una scrittrice e i suoi capolavori furono pubblicati a Broadway e usati nei film. Due dei suoi libri sono ancora oggi best-seller. Uno di questi, La Rivolta di Atlante (Atlas Shrugged) è stato considerato il più influente dopo la Bibbia, secondo un sondaggio del Congresso Americano.

La Rivolta di Atlante merita anche una certa attenzione poiché durante la crisi del 2008 è rimasto per varie settimane nella vetta della classifica dei libri più venduti, a ben sessant’anni dalla sua pubblicazione.

Ha creato una scuola filosofica completa e coerente con le sue idee, l’oggettivismo, che lei stessa ha definito come una filosofia per vivere sulla Terra. Morì a New York, dove visse fino al 1982, due anni dopo essere diventata la vedova di Frank O’Connor, un attore cinematografico, con cui fu sposata per più di 50 anni.

Perché amarla?

Ayn Rand, è di vitale importanza per tutti noi poiché è stata l’unica persona a difendere i diritti individuali inequivocabilmente e incontestabilmente. Il diritto alla libertà, alla proprietà e alla ricerca della felicità tramite l’autorealizzazione nel mondo reale, non in quello delle idee.

Nel romanzo da cui siamo partiti, La Fonte Meravigliosa, Rand critica quella gran fetta di società che promuove l’auto-sacrificio, il senso di colpa, l’invidia, la rinuncia alle proprie passioni e alla propria felicità.

Ecco altri aforismi tratti da quel libro che possono completare la visione di Ayn Rand nel migliore dei modi:

Il primo diritto sulla Terra è il diritto dell’io. Il primo dovere è quello verso sé stessi.

Il ‘bene comune’ di una collettività, una razza, una classe, uno Stato è sempre stato il pretesto e la giustificazione di ogni forma di tirannia.

“Come fai a decidere sempre senza tentennare?”
“E tu come fai a permettere che gli altri decidano per te?”

Hai mai sofferto vedendo che i tuoi amici apprezzavano tutto in te, tranne le cose per cui volevi essere apprezzato? E perché le cose che sono tutto per noi non sono nulla per gli altri?

[Dopo che un personaggio ha distrutto un oggetto] “Credevi che quel modellino non costasse nulla?”
“Balle! Tanto non lo paghiamo noi.”

Accettano tutto, tranne l’uomo che lotta da solo, che resiste da solo.

Ayn Rand non difendeva il capitalismo e il libero mercato perché pensava fossero il modo migliore di condurre una società, li difendeva poiché rappresentano l’unica garanzia alla libertà di ogni singolo Individuo.

Credeva nei diritti individuali, sosteneva che l’Individuo fosse la più piccola minoranza da tutelare sulla Terra. Ecco perché ragionare per categorie e per classi sociali non può che nuocere: non sempre ci sarà fratellanza nei confronti dell’Individuo che vuole cavarsela con le sue sole forze, non sempre ci sarà il giusto riconoscimento alla libertà di chi vuole agire.

Si difenderà sempre qualcuno a scapito di molti altri, talvolta ci sarà chi si ergerà a paladino di talune minoranze e questi non si farà scrupoli di schiacciare chi egli reputa non debba tutelato.

Lo scopo di questo articolo era di riuscire a trasmettervi almeno la millesima parte dell’amore che provo per Ayn Rand e per le sue idee, spero di esserci riuscito. E se così sarà, avrò reso questo mondo un posto migliore, anche se di poco.

Opere maggiori:

Narrativa

La Rivolta di Atlante: È la grande opera magna di Ayn Rand,  un panorama insormontabile della vita, con descrizioni accurate di tutti i personaggi umani che abitano questo mondo complesso in cui viviamo. Sotto forma di romanzo, tutta la sua filosofia in dettaglio espone attraverso una trama complessa, ricca e misteriosa le cause e le conseguenze del rovesciamento della moralità, della politica e dell’economia negli Stati Uniti in un futuro incerto. Indimenticabile, difficile, unico.

La Fonte Meravigliosa: la storia di un Individuo che cerca solo la propria autorealizzazione e non è disposto a compromessi, ma che per questo motivo si troverà più volte la società contro, a combatterlo per impedirgli di realizzarsi.

Ideale: novella e opera teatrale che tratta i valori degli esseri umani e di come questi non abbiano alcuna intenzione di lottare per essi.

Anthem: una distopia nella quale gli Individui sono senza identità, indipendenza e valori. In tutto il romanzo non si troverà la parola “io”, mancanza simbolo della perdita dell’individualità.

Noi vivi: Il tema di questo romanzo classico è la lotta dell’individuo contro lo stato. Tratta l’impatto della rivoluzione russa su tre esseri umani che chiedono il diritto di vivere la propria vita e cercare la propria felicità. Racconta l’appassionata storia d’amore di una giovane donna, che vive come una fortezza contro il male corruttore di uno stato totalitario.

Saggistica

La virtù dell’egoismo: raccolta di articoli di Ayn Rand e Nathaniel Branden, fra cui testi sui principi dell’egoismo razionale e della moralità oggettivista. Descrizione essenziale della natura del governo e delle sue forme di finanziamento volontario. Approcci al razzismo, tra le altre questioni importanti per il dibattito sulla libertà e la vita nella società.

For the New Intellectual: in questa opera si cerca di riformulare la cultura prevalente offrendo nuove formulazioni per questioni morali e filosofiche. Il tutto in ottica oggettivista.

Apologia di Ronald Reagan – smontare i falsi miti

Dedico le mie prossime parole a chi reputa che Reagan non sia un buon liberale, amministratore, politico. Penso che queste persone, purtroppo, stiano agendo con pregiudizio, perché partono dal dato del debito causato senza contestualizzare, senza sapere cos’altro abbia fatto, detto, promosso.

Il debito causato è un numero, solo un numero, ma cosa c’è dietro? Noi, amanti dell’individualismo metodologico, non guardiamo solamente i dati finali, gli aggregati, vogliamo approfondire e capire cosa ci sia dietro.

Vediamo un attimo gli obiettivi della Reaganomics:

  • Abbattere la spesa pubblica improduttiva;
  • Ridurre le imposte;
  • Ridurre la burocrazia;
  • Ridurre l’inflazione.

La sua prima azione, nel 1981, fu abbassare le imposte sul reddito, ad esempio l’aliquota massima dal 70% al 50% e quella minima dal 14% all’11%.

Due anni dopo gli venne chiesto di aumentare le spese a favore della Social Security  (da 179 mld a 269 mld) e di Medicare (da 43.5 mld a 80 mld), che non erano inizialmente previsti dalla Reaganomics ma che effettuò sotto pressing dell’opposizione democratica e di quella interna al partito repubblicano (non era visto per niente bene da molti politici del suo partito!); e, come ben sappiamo tutti, dovette affrontare enormi spese per la guerra fredda, aumentando la spesa militare da 303 miliardi a 426 miliardi di dollari. Ovviamente, era un aumento temporaneo, difatti da allora la percentuale di spesa militare sul PIL americano si è quasi dimezzata.

Ora, un breve esempio tratto da un bel libro che ho letto (Manifesto Capitalista di Luigi Zingales), per spiegare perché supporto l’aumento temporaneo della spesa militare:  ipotizza di essere, tu lettore, presidente del Consiglio e scoprissi che un meteorite potrebbe colpire l’Italia con una probabilità del 50%, cosa faresti? Non spenderesti vari miliardi per mettere al sicuro la popolazione? E se infine il meteorite non cadesse sull’Italia, avresti speso miliardi in nulla, eppure il rischio c’era.

Nel 1984 vennero sistemate le norme fiscali, evitando che ci fossero scappatoie in favore dell’elusione. Nel 1986 la riforma venne completata eliminando la maggior parte delle detrazioni, riducendo i tassi marginali e il numero di scudi fiscali.

Uno studio portato avanti da Martin Feldstein ha esaminato la riforma del 1986 di Reagan e si è notato come il taglio delle imposte dal 50% al 28% (che già precedentemente nel 1981 erano scese dal 70% al 50%) ha avuto come effetto un aumento del 44% del reddito imponibile medio dichiarato. Questo vuol dire che la riforma si è ripagata da sola della metà del costo, perché c’è stato un aumento delle assunzioni e un aumento del tempo lavorativo per chi già era assunto, data la convenienza a lavorare di più con una tassazione più bassa.

I risultati delle politiche liberiste si vedono sul lungo periodo, perché l’occupazione e la ricchezza aumentano a poco a poco nel tempo. A differenza dell’assunzione di dipendenti pubblici, che aumenta l’occupazione in un giorno solo e compromette il futuro delle casse statali -e delle tasche dei contribuenti- per decine di anni a venire. Tutto il contrario, insomma.

Bisogna anche precisare che Reagan non era amato dai rappresentanti del Partito Repubblicano, coi quali dovette scendere a grandi, enormi compromessi pur di non ricevere più le critiche dalle frange avverse del suo stesso partito, critiche che nei primi due anni (intorno alle midterm elections) lo resero molto impopolare.

Oggi viene ricordato come il miglior presidente di sempre, per l’eccezionale e radicale cambiamento effettuato in ogni campo: poco prima della sua ascesa le posizioni dei Repubblicani si erano appiattite su quelle dei Democratici, tanto che la sua lotta contro il Governo, la tassazione, la regolamentazione furono viste come un atto sovversivo, una vera e propria rivolta contro l’establishment che voleva tarpare le ali al Sogno Americano. Dopo Reagan ogni forma di statalismo venne vista come un avvicinamento al socialismo e alla schiavitù, ogni espansione dello Stato come una minaccia all’Individuo, alla famiglia e alla stessa Nazione.

Torniamo a fare qualche calcolo veloce: durante gli otto anni di Reagan, l’aumento del debito è stato di 1800 miliardi di dollari, ma già metterei da parte le spese militari aumentate per la Guerra Fredda, che non avevano nulla a che vedere con il piano liberista e dovevano essere una misura temporanea. Dunque, accantoniamo circa 600 miliardi. Poi, aggiungiamo le proposte vicine alle posizioni democratiche e dei repubblicani più avversi, ossia la Social Security, Medicaid e l’aumento per il  Programma di Adesione, dunque un costo sui due mandati di ben 1000 miliardi di dollari.

Partiva dalla situazione lasciata da Jimmy Carter in cui il deficit annuale era di 74 miliardi, dunque se avesse lasciato tutto intatto il debito sarebbe aumentato di circa 600 miliardi. Bisogna però considerare che Carter riuscì a raggiungere i 74 miliardi di deficit con un tasso di inflazione al 13.5% e come ben sappiamo l’inflazione non è altro che una forma di tassazione occulta. Reagan riuscì a contrarre l’inflazione sino al 4.4%, permettendo ai cittadini di risparmiare decine di miliardi di dollari.

Dunque, spinto dalla mia curiosità e dall’ignoranza da cui partivo, ho sommato tutti i numeri che ho trovato ed ho scoperto che la Reaganomics non solo ha funzionato se considerata sé stante, ma ha permesso di bilanciare tutte le altre spese che, pur essendogli indigeste, aveva dovuto inserire nel budget di Governo.

Vediamo altri dati significativi:

  • L’indice di miseria dopo i due mandati di Reagan scese dal 19% al 9%, il risultato migliore dopo la Seconda Guerra Mondiale.
  • La percentuale di famiglie povere scese dall’8.8% all’8.3%, mentre la percentuale di famiglie ricche aumentò dal 20.2% al 25.7%.
  • Pur essendo stato l’unico presidente a non aver aumentato il salario minimo, il salario medio dei lavoratori americani aumentò di 1.5$ l’ora.
  • Le entrate federali aumentarono del 60%, ossia da 618 miliardi a 991 miliardi di dollari, aumento notevole se considerato il taglio delle imposte. Aumentarono di molto, e si dice grazie alla Reaganomics sul lungo periodo, le entrate federali negli anni successivi, ossia dal 1989 in poi.
  • Stephen Moore del Cato Institute sostenne che nessun atto aiutò mai l’economia americana più della Reaganomics, permettendo che le famiglie americane aumentassero la loro ricchezza di 15’000 miliardi di dollari.

Aggiungo una curiosità: in molti lo contestano per le numerose sviste e gli errori che commetteva durante i discorsi e i dibattiti, senza però considerare che soffrisse del morbo di Alzheimer già dall’epoca della sua presidenza. Molto spesso, alcuni democratici si dimenticano di questo fatto, o lo ignorano. Atto veramente ignobile.

Spero di aver convinto il lettore della bontà del buon vecchio Ronnie, il quale al termine della sua carriera si disse veramente dispiaciuto di aver aumentato così tanto il debito, aggiungendo che avrebbe aiutato i suoi successori ad aggiustare le riforme per recuperare il danno.

Aronne Piperno, tu sei giudeo e i tuoi antenati hanno crocifisso Gesù Cristo

Aronne Piperno: Ma c’è quarche cosa che nun va?
Marchese del Grillo: Ma tutto Aronne mio! Tanto comincia a di’ nell’armadio che tu hai costruito io c’ho sbattuto un ginocchio che me so’ fatto pure male!
Aronne Piperno: Ma io che c’entro?…
Marchese del Grillo: Nun è una buona ragione questa?
Amministratore: Sì, Eccellenza!
Marchese del Grillo: E in più… tu sei giudeo e i tuoi antenati falegnami hanno fabbricato la croce dove hanno inchiodato nostro signore Gesù Cristo… posso essere ancora un po’ incazzato pe’ sto fatto?

Ecco una parte del dialogo fra l’ebanista ebreo Aronne Piperno e il Marchese del Grillo, protagonista dell’omonimo film, che ho avuto il piacere di vedere nonostante sia stato girato 15 anni prima della mia nascita.

Mi ha fortemente colpito questa scena, perché il Marchese tira fuori la storia che gli ebrei abbiano compiuto l’orrendo atto di aver crocifisso Gesù Cristo e che ne portino la colpa pur dopo molti secoli, tramandandosela di padre in figlio.

Questa assurda logica venne usata per opprimere gli ebrei, per renderli sempre colpevoli di qualcosa, un semplice pretesto per creare un capro espiatorio. Oggi diremmo che è assurdo, vero?

E invece c’è qualcun altro che lo fa, in un altro modo, ancora oggi.

Ad esempio, quante volte abbiamo sentito dire che è colpa nostra la tratta dei negrieri dall’Africa, lo sfruttamento dei beni naturali nell’oggi terzo mondo, il massacro degli Incas effettuato da Pizarro, lo sterminio dei pellerossa?

Dicono che siamo stati noi “Occidentali”. Che è una nostra colpa, che dobbiamo assumerci questa responsabilità. Quasi mi sorprende non ci abbiano accusato delle Guerre Puniche e chiesto un risarcimento per la ricostruzione di Cartagine.

Io, come tutti voi molto probabilmente, non ho mai fatto né voluto niente di cui sopra. Non ho causato quei problemi e non sarò io a pagarne il conto, ma se qualcuno è tanto solidale può dimostrarlo facendo uso del suo tempo, dei suoi soldi, della sua volontà senza imporre la sua idea sugli altri, completamente innocenti.

Chi pone questi ragionamenti accusatori? Chiaramente, i collettivisti, taluni che credono esista uno spirito rappresentante il popolo che lo guida in ogni sua azione, mentre le persone sono semplici porzioni di questo enorme spirito che agisce per tutti.

Sono sempre quelle le persone che fanno un mea culpa collettivo e decidono che gli altri debbano pagare quel che loro vogliono e sottostare ai dettami che loro ritengono giusti; questi collettivisti posseggono la verità assoluta in tasca, sanno cosa è giusto e cosa è sbagliato, ma soprattutto sanno quali responsabilità dobbiamo assumerci tutti noi.

Chiariamoci, persone incapaci di assumersi le proprie responsabilità -tanto da voler distribuire il rischio di fallimento delle proprie iniziative agli altri, obbligandoli ad accettare con la forza- decidono che siamo noi i responsabili di qualcosa che non abbiamo fatto. In pratica, siamo tutti quanti degli Aronne Piperno, presi in giro dal Marchese del Grillo.

Fortunatamente per l’ebanista, il Marchese scherzava e voleva dimostrare come la giustizia fosse corrotta, sfortunatamente per noi i collettivisti sono molto seri e non ci sarà nessuno a testimoniare in nostro favore.

Non faccia l’ingenuo signor Lang, siamo noi a decidere chi è ebreo e chi no!

Il 30 marzo 1933, il ministro della Propaganda in Germania, Joseph Goebbels, mi convocò nel suo ufficio e mi propose di diventare una sorta di “Fuhrer” del cinema tedesco. Io allora gli dissi: «Signor Goebbels, forse lei non ne è a conoscenza, ma debbo confessarle che io sono di origini ebraiche» e lui: «Non faccia l’ingenuo signor Lang, siamo noi a decidere chi è ebreo e chi no!». Fuggii da Berlino quella notte stessa.

Queste le parole di Fritz Lang, regista del film preferito di Adolf Hitler, ossia Metropolis.

Vorrei partire proprio da queste parole per andare a toccare un tema ben nascosto da certi critici del nazismo: la centralizzazione delle scelte. Eh sì, perché i più grandi critici del nazismo non mettono in dubbio il metodo, bensì i fini: molti non nascondono le proprie simpatie per l’idea di un Governo centralista e dirigista (come quello nazista), ma sono comunque convinti che “solo” i fini fossero sbagliati.

Decidere dall’alto quali persone debbano compiere certi lavori, quali lavori abbiano la priorità, quali persone debbano essere catalogate come più bisognose, quale sistema economico sia migliore, si rivela sempre un disastro, oltre che essere un insulto alla libertà umana.

Anche in un regime democratico potremmo ben vedere come tutto ciò porti al fallimento, se non a una vero e proprio governo della burocrazia e del clientelismo.

Ipotizziamo però che la trasparenza sia tale da rendere possibile ogni controllo, andiamo oltre: bisognerà che qualcuno prenda le decisioni, dopo essere stato eletto e aver opportunamente studiato il caso, dunque deciderà la strada giusta. Ipotizziamo allora che questa persona sia senza malizia, non voglia fare favori a nessuno e non lo faccia per interesse personale.

Questa persona (o questo insieme di persone) avrà un potere veramente ampio, con cui potrà cambiare profondamente la vita delle persone, perlomeno nel suo ambito di riferimento. Ecco che, con il seguito della maggioranza, porterà fino in fondo una riconosciutissima opinione, una semplice opinione, per raggiungere i più nobili obiettivi.

Diciamo che sono sempre i soliti: la pace, la prosperità, il benessere, la felicità, la ricchezza. Sono cose che vorremmo tutti, tranne qualche deviato. Ma davvero qualcuno sa come raggiungere la pace, la prosperità, il benessere, la felicità, la ricchezza? 

Nonostante le troppe assunzioni fatte, il corso degli eventi potrebbe non andare come desiderato. Oppure sì. In parole povere, è stato effettuato un lancio della moneta e tutto è andato per il verso giusto, oppure tutto è andato male.

Ora, però, facciamo un passo indietro: questa persona (o, di nuovo, questo insieme di persone) ha un enorme potere, dunque  può scegliere ciò che è il bene per tutti, ciò che tutti dovrebbero fare, ciò che tutti dovrebbero pensare.

Ovviamente, tutto ben votato dalla maggioranza, con dei fantastici schemi dimostranti che “se tutto fosse così, i risultati sarebbero strabilianti“, ossia partire da condizioni attualmente impossibili, raggiungibili attuando l’assurda pretesa di cambiare la natura delle persone (l’uomo è un legno storto, mai sentito?), educandole. In pratica 1984, anche se diranno che loro invece lo fanno per il tuo bene. Allora proprio come 1984.

Fa davvero acqua da tutte le parti: questo Leviatano ha una mano che oggi “po esse fero o po esse piuma”, se in democrazia sarà a discrezione degli umori del popolo considerando che la maggioranza, il 51%, potrebbe benissimo votare per la schiavitù del restante 49%, anche se non necessariamente una schiavitù formale come quella ai tempi delle piantagioni di cotone nell’Alabama.

Questo 51% -però- è rappresentato da un certo numero di persone, che potranno sempre decidere chi è ebreo e chi no, chi è amico e chi è nemico, chi va alla ghigliottina e chi merita un elogio sui giornali.

Un potere centralizzato non ha limiti. E i limiti sono importanti.

Vediamo un altro esempio: l’URSS negli anni ’20 diede l’incarico a Vavilov di occuparsi dell’Agricoltura nazionale, questi iniziò una catalogazione di tutte le piante e di tutti i metodi di coltura, un lavoro eccezionale, ma troppo costoso.

Vavilov fu parte del caso fortunato, quello in cui l’autorità centrale sceglie una persona che sa cosa fare e lo fa con metodo rigoroso e scientifico. Peccato che fu sostituito da Lysenko, uno di quei sostenitori della teoria lamarckiana secondo la quale le giraffe hanno allungato il proprio collo nel corso del tempo grazie agli imperterriti sforzi nel tentativo di raggiungere alberi molto alti.

Sembra una barzelletta, invece erano proprio così le scelte dell’Unione Sovietica: Lysenko ipotizzò che le piante potessero acquisire caratteristiche in base all’ambiente e al nutrimento che si dava loro. Non serve dire che portò alla fame milioni di persone per capire la vastità della sua anti-scientificità applicata in un ruolo scientifico.

Non esisterà mai qualcuno che saprà qual è il bene per noi, né che avrà le risposte a ogni problema. Ogni Individuo è un caso a sé, l’ordine spontaneo degli Individui in una società può permettere il progresso grazie a innumerevoli tentativi, fra i quali emergerà uno dei migliori, o almeno quello con le caratteristiche migliori secondo le esigenze dei consumatori. Questo è il meglio che si possa fare, ancora oggi, come migliaia di anni fa.

Per proseguire sulla strada dell’ordine spontaneo e della scienza non dovremo mai più permettere che qualcuno abbia il potere tale di decidere come vada governata l’intera società, o nelle parole del totalitario Goebbels, chi è ebreo e chi non lo è.

5 punti contro quelli che “lo Stato deve pensare ai poveri”

Chiarisco fin dalla prima linea che uno Stato Liberale ha il compito di appianare la strada verso l’autorealizzazione a ogni individuo, ricco o povero che sia. Ovviamente, i poveri hanno un occhio di riguardo perché talvolta per loro è più difficile accedere al merito.

Tuttavia, chi dice “lo Stato deve pensare ai poveri” semplicemente non vuole assumersi la responsabilità di aiutare i poveri e chiede che ciò venga fatto con i soldi di qualcun altro; tale persona commette non so quanti errori, ne elencherò cinque che mi sono balenati per la mente:

  1. Il primo è che lo Stato non può pensare, perché non è un ente autocefalico;
  2. Il secondo è che dare a un individuo da mangiare tutti i giorni è diseducativo (al contrario dell’educazione di cui lo Stato Etico si dichiara difensore), rimarrà perennemente nel suo status e tenderà ad impigrirsi poiché non dovrà far nulla per raggiungere il benessere;
  3. Il terzo è la pretesa di redistribuzione della ricchezza, un atto che diventa tanto più dannoso quanto più denaro si preleva dalle tasche dei cittadini, aggiungendo al danno il “consumo” dell’apparato incaricato di gestire tale redistribuzione;
  4. Il quarto è che si punterà sempre il dito su chi sta meglio, tanto che oggi i socialisti sono prevalentemente appartenenti al ceto medio e non hanno alcuna voglia di condividere maggiormente la loro ricchezza, ma preferiscono guardare ai portafogli di quei pochi che – per merito o per il caso- hanno più denaro di loro, ma non solo, talvolta questi borghesi socialisteggianti pensano di non avere abbastanza privilegi economici, il cui carico dovrebbe gravare sulle spalle dei contribuenti più virtuosi di loro;
  5. Il quinto, come già accennato, è che si demanda ad altri il proprio dovere morale di aiutare chi è in difficoltà, secondo le proprie regole da imporre a quegli altri che si vuole paghino. Diranno “lo Stato non fa abbastanza per combattere la povertà”, la verità è che seguendo le loro istruzioni lo Stato non potrà far altro che generare ulteriore povertà.

Quest’ultimo è il più grave sintomo dovuto a una società collettivista di individui deresponsabilizzati.
Ironia del caso, persone che non vogliono prendersi la responsabilità di aiutare dei poveri che loro credono abbiano bisogno di un ben specifico aiuto (davvero sono sicuri che i loro provvedimenti aiuteranno le persone?), chiedono di aiutare tali poveri deresponsabilizzandoli dall’autorealizzazione, dalla ricerca di un lavoro o di un lavoro migliore, dal miglioramento del proprio status e delle proprie competenze.

A riguardo, voglio raccontare un aneddoto: c’è un mio carissimo amico, il quale ha oramai 70 anni, ma lavora ancora con enorme passione, legge libri e giornali, segue corsi per aggiornarsi e molto altro; non ha un lauto stipendio da poter fare lo spendaccione, eppure ogni volta che vede un mendicante gli prende qualcosa al supermercato, quando sa di un padre di famiglia che ha perso il lavoro si fa in quattro per chiedere a chiunque nella sua rete di contatti se ci sia la possibilità di trovargli una mansione.

Una volta mi disse che dovrei considerare uno strano paradosso: se lo Stato abbassasse la tassazione, lui avrebbe più soldi per aiutare il prossimo, ma che se la tassazione dello Stato fosse più bassa e dunque la presenza dello Stato minore, non ci sarebbe alcun bisognoso da aiutare.

Certo, io non so se avrei mai lo spirito per aiutare così tanto il prossimo come fa lui, eppure non è ipocrita come chi chiede di aiutare gli altri con soldi di altri ancora, è un altruista vero e non si sognerebbe mai di imporre la sua idea di solidarietà a nessuno.

Il vero punto a favore dello Stato Liberale è che riesce a fare del bene agli individui educandoli all’autorealizzazione, all’indipendenza, al miglioramento di sé pur senza dare un indirizzo morale o etico, fattore tipico del fallimentare Stato Etico.

Dunque, ricapitoliamo: uno Stato che dimora in un Sistema Liberale non crea cittadini di serie A e di serie B, bensì garantisce il rispetto della legge e favorisce i processi meritocratici. Per tutti.

Il più grande ostacolo allo sviluppo umano: l’intervento dello Stato (W. von Humboldt)

Il seguente testo viene da “I Limiti dell’Azione Statale” di Humboldt del 1792, quando ancora il Socialismo Marxista non c’era, eppure -sorprendentemente- i liberali già combattevano le forze stataliste che volevano sottomettere il cittadino al volere dei governanti:

Qualsiasi interferenza statale negli affari privati, non implicando necessariamente la violenza a danno dei diritti individuali, dovrebbe essere assolutamente condannata.

Uno Stato, quindi, progetta sia per promuovere la felicità, sia semplicemente per prevenire il male; e in quest’ultimo caso, il male è quello che sorge da cause naturali, o ciò che scaturisce dal disprezzo dell’uomo per i diritti del suo prossimo.

Ad esempio, può adoperarsi per ottenere immediatamente questi risultati, sia con l’aiuto della coercizione sia con gli incentivi dell’esempio e dell’esortazione; oppure può combinare tutte queste fonti di influenza nel tentativo di plasmare la vita esteriore del cittadino in accordo con i suoi fini; o, infine, può tentare di esercitare un’influenza sui suoi pensieri e sentimenti, in modo da portare le sue inclinazioni, anche, in conformità con i desideri dello Stato.

Sotto tale sistema, non abbiamo tanti singoli membri di una nazione che vivono uniti nei vincoli di un contratto sociale; ma soggetti isolati vivono in una relazione con lo Stato, o piuttosto con lo spirito che prevale nel suo governo, una relazione in cui l’indebita preponderanza dell’elemento dello Stato tende già a ostacolare il libero gioco delle energie individuali.

Le cause simili producono effetti simili; e quindi, in proporzione al crescere della misura e della cooperazione statale, una comune rassomiglianza si diffonde, non solo attraverso tutti gli agenti a cui è applicata, ma attraverso tutti i risultati della loro attività. [nota: ecco l’uguaglianza sostanziale!]

E questo è il disegno che gli Stati hanno in mente. Non desiderano nient’altro che conforto, agio, staticità; e queste caratteristiche sono prontamente assicurate nella misura in cui non vi è alcun conflitto di individualità.
Ma quello a cui le energie dell’uomo lo spingono sempre e verso cui deve incessantemente dirigere i suoi sforzi, è l’opposto di questa inerzia e uniformità, – è varietà e attività.

L’uomo che frequentemente sottomette la condotta delle sue azioni a guida e controllo stranieri, diventa gradualmente disposto a un sacrificio volontario della poca spontaneità che rimane in lui. Si immagina liberato da un’ansia che vede trasferita ad altre mani, e sembra a se stesso fare abbastanza quando cerca la loro guida, e segue il corso a cui lo dirige.

Così, le sue nozioni di giusto e sbagliato, di lode e di biasimo, si confondono. L’idea di essere primo non lo ispira più; e la dolorosa coscienza dell’ultimo lo assale meno frequentemente e violentemente, dal momento che può facilmente attribuire i suoi difetti alla sua peculiare posizione, e lasciarli alla responsabilità di coloro che li hanno forgiato per lui.

Se aggiungiamo a questo che non può, forse, considerare i disegni dello Stato come perfettamente puri nei loro oggetti o nell’esecuzione, egli ora si concepisce non solo libero da ogni responsabilità che lo Stato non gli ha imposto espressamente, ma allo stesso tempo scagionato da ogni sforzo personale per migliorare la propria condizione; e si restringe anche da un tale sforzo, come se fosse probabile che possa aprire a nuove opportunità, di cui lo Stato potrebbe trarre vantaggio.

 

 

Come si autorealizza un Individuo? La risposta di W. von Humboldt

Nella sua eccelsa opera “I Limiti dell’Azione Statale”, un titolo che già lascia presagire 92 minuti di applausi per ogni paragrafo letto, Wilhelm von Humboldt intraprende la sua analisi partendo da come un Individuo debba autorealizzarsi: “Dell’Individuo e dei più alti confini della sua esistenza“, così il titolo del secondo capitolo. Eccone alcuni estratti, quelli a parer mio più significativi:

Il vero fine dell’Uomo, o ciò che è prescritto dai dettami eterni e immutabili della ragione e non suggerito da desideri vaghi e passeggeri, è lo sviluppo più alto e più armonioso dei suoi poteri verso un’interezza completa e coerente.

La libertà è la prima e indispensabile condizione che presuppone la possibilità di tale sviluppo; ma c’è anche un altro essenziale, – intimamente connesso con la libertà, è vero, – ossia la varietà delle situazioni. Anche il più libero e autosufficiente degli uomini è ostacolato nel suo sviluppo quando si trova in una situazione di staticità.

Quindi deduco,in maniera naturale da quanto sostenuto, che la ragione non può desiderare per l’uomo alcuna condizione diversa da quella in cui ogni individuo non solo gode della più assoluta libertà di svilupparsi con le proprie energie, nella sua perfetta individualità, ma in cui anche la natura esteriore è lasciata fuori moda da qualsiasi agenzia umana, ma riceve solo l’impronta che gli viene data da ciascun individuo di se stesso e dal proprio libero arbitrio, secondo la misura dei suoi desideri e istinti, e limitato solo dai limiti del suo poteri e i suoi diritti.

Humboldt dunque vuole arrivare a spiegare come l’azione statale impedisce all’uomo di realizzarsi correttamente e pienamente, ponendogli i bastoni fra le ruote o facilitandolo eccessivamente rendendogli inutile ogni sforzo, ma pur sempre a scapito di tutti gli altri Individui.

Oltretutto vuole far notare l’ipocrisia degli statalisti, un’ipocrisia “data dal fatto che essi considerino ciò che l’uomo possiede rispetto a ciò che è realmente, e che rispetto a quest’ultimo non coltivano, neppure all’uniformità, le facoltà fisiche, intellettuali e morali” nonostante si ergano a protettori del suo spirito, della sua mente, del suo corpo. Questi statalisti, dunque, vorrebbero decidere la maniera in cui ogni Individuo debba condurre la propria vita, facendosi carico del fardello che non riescono a sorreggere sulle proprie spalle pur di avere il Potere decisionale, di vita e di morte sugli altri , sostenendo come unico valore “l’unità perfetta di tutto l’essere“.

E con un coraggioso confronto asserisce: “Gli antichi cercavano la felicità nelle virtù; i moderni hanno troppo a lungo cercato di sviluppare le virtù a partire dalla felicità“, dunque, critica la scelta di imporre la felicità qualunque cosa si faccia, anziché di lasciare che la si cerchi a partire dai propri valori e dalle proprie virtù, passando per la realizzazione individuale.

Le 10 regole per essere un cittadino migliore e libero

Eh sì, ci sono cittadini migliori e cittadini peggiori di altri. Questo perché non siamo tutti uguali, ma spero che se stiate leggendo queste righe abbiate già assimilato l’idea che l’uguaglianza sostanziale non esiste.

Premettendo che non sono un guru, la nostra associazione non è life coaching e quanto elencato sarà perlopiù una lista di doveri categorici kantiani, partiamo con le 10 regole:

  1. Metti sempre in discussione quello che stai dicendo, anche se sei saldo nelle tue convinzioni non ti farà mai male un atto di umiltà, potresti scoprire di dover fare un passo indietro e/o rivedere le premesse da cui eri partito; fossilizzarsi sui concetti, talvolta li rende pregiudizi. E nella comunicazione con gli altri, è sempre un bene non avere pregiudizi, soprattutto in un confronto può servire per far capire all’interlocutore chi è davvero quello “aperto”.
  2. Cerca sempre la competizione, prima che con gli altri, con te stesso. Se vuoi essere migliore, anzitutto devi essere migliore di quello che eri ieri e domani dovrai essere migliore di oggi. Vai in palestra, leggi, informati. Soprattutto: non provare odio e invidia. Quelle cose lasciale a chi vuole fare lotte di classe e imbrattare di sangue i muri, a chi vede in chi sta meglio un nemico anziché una persona autorealizzantesi.
  3. Abbi coerenza: riconduci ciò che dici e che fai a ciò che pensi, affondando i tuoi pensieri nei valori fondamentali in cui credi. Molto spesso capita di criticare qualcuno che commette i nostri stessi errori, è lecito? Se lui può, posso anch’io? Se lui non rispetta i miei valori, devo non rispettarli anche io? Ecco, diciamo che questa logica non regge.
  4. Non sprecare il tuo tempo: “Potrò pur perdere una battaglia ma non perderò mai un minuto” disse Napoleone, “Dormi 6 ore e te ne rimangono ancora 18. Sei ore sono poche? Allora dormi più velocemente” disse Schwarzengger ai laureandi della University of Southern California. Il tempo è alla base dell’autorealizzazione dell’Individuo, dunque non sprecarlo e programma le tue giornate per raggiungere i tuoi obiettivi.
  5. Agisci, non nuocere a nessuno, ma fallo: hai un’idea che non comprenda genocidi di massa, oppressione di persone e la sua applicazione non nuocerà a nessuno? Allora, devi necessariamente realizzarla. Fregatene del tempo che non passerai giocando a League of Legends o poltrendo sul divano (ut supra), se questa idea migliorerà te, contribuirà indubbiamente a migliorare la società. Perché è sempre così, la società migliora grazie alle fatiche dei singoli Individui, che lo facciano egoisticamente o meno.
  6. Assumi le tue colpe e responsabilità: l’Individuo è responsabile del suo destino e di tutto ciò che fa, prima di dare le colpe al sistema, agli altri, alla situazione, prima di dire che ce lo chiede l’Europa, fatti un esame di coscienza. Forse, quello che hai fatto, avresti potuto farlo meglio. Anche quella proposta di legge di cui non ti sei assunto la responsabilità. E se supererai l’esame introspettivo e scoprirai di aver dato il massimo, ma di aver fallito lo stesso, sii fiero di te.
  7. Pensa e ragiona: ciò che ci distingue dai comuni animali è l’uso dell’intelletto, della ragione e del pensiero. Sii sempre consapevole delle tue scelte, sii sempre sicuro delle parole che usi. Non avere pregiudizi: cerca le certezze, le evidenze fenomenologiche.
  8. Rispetta gli altri Individui, il solipsismo è passato di moda ed è ovvio che esistano anche altri Individui. Dunque, non tollerare l’intolleranza e i soprusi, non essere omertoso. Questo è il primo passo per la costruzione del capitale civico: avere il coraggio di combattere contro le ingiustizie, contro l’omologazione, contro il pensiero unico e totalitario.
  9. Relazionati con gli altri. Gli uomini come gli alberi «si costringono reciprocamente a cercare l’uno e l’altro al di sopra di sé, e perciò crescono belli dritti, mentre gli altri, che, in libertà e isolati fra loro, mettono rami a piacere, crescono storpi, storti e tortuosi.» Sempre secondo Kant, il diritto consiste nella «limitazione della libertà di ciascuno alla condizione che essa si accordi con la libertà di ogni altro» Ecco perché relazionarsi con gli altri è fondamentale per crescere, per accrescere il proprio bagaglio culturale, emozionale, civico.
  10. Non imporre la tua morale e non accettare che qualcuno la imponga a te. Se combattiamo contro lo Stato Etico non è perché la battaglia è fine a sé stessa, ma è perché non ci sta bene la coercizione. Sempre il buon Kant diceva “Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me“, benché la frase venga usata nelle descrizioni di Instagram da adolescenti sedicenti adoni alle prese col nozionismo scolastico, esprime un chiaro quanto affascinante messaggio: la morale viene da dentro, non da fuori. Così come non possono costringerti ad amare qualcuno, a essere solidale verso qualcuno, a spenderti per qualcosa in cui non credi, allo stesso modo non imporlo tu a nessun altro.

 

Ecco il decalogo del cittadino liberale. Indubbiamente questi non saranno i nuovi 10 comandamenti del Liberalismo, ma sono 10 punti importanti di cui dovremmo tener sempre conto, a mio avviso.