Introduzione al Rule of Law, la pietra miliare del capitalismo

Sentiamo spesso parlare di capitalismo e di economia di mercato, ma non ci rendiamo conto che per ottenere quest’ultimi è necessario un sistema legale che permetta agli scambi di realizzarsi. Il Rule of Law (N.d.A. traduzione inglese di Governo della Legge), è il meccanismo che permette di limitare il potere dello stato e di assicurare un buon funzionamento del sistema legale1.

Il Governo della Legge è declinazione di uguaglianza di fronte alla legge (N.d.A. equality before the law) ovvero, una volta che le leggi sono state promulgate, la loro applicazione è di per sé universale. All’uguaglianza di fronte alla legge si contrappone la Legislazione cioè la legge che non si pone in maniera equanime nel valutare la bontà dei comportamenti dei cittadini, ma quella che si presta a interessi particolari.

La Legislazione, infatti, è ciò che impedisce la realizzazione del Rule of Law. Essa è la radice di quelle decisioni che spingono il potere esecutivo, non a generare norme generali e astratte, ma a comportarsi in modo dispotico e arbitrario.

L’uguaglianza davanti alla legge è anche detta Isonomia2, dal greco isos che significa “uguale” e nomos che significa “legge” oppure “norma”. Essere liberali vuol dire, in primis, rispettare questo principio cardine ovvero opporsi all’arbitrarietà del potere per esaltare l’universalità della legge.

I possibili esempi possono essere molteplici e, in questo caso, non si coniugano soltanto nell’attuazione della libertà economica, ma anche nella protezione dagli abusi di quella personale. Se, per esempio, un burocrate (o il potere esecutivo) di stato agisse in modo arbitrario nei confronti di un cittadino senza attenersi alle norme vigenti, si configurerebbe una violazione de Governo della Legge. Se il suddetto burocrate si comportasse in modo corretto, il Rule of Law sarebbe rispettato. La situazione migliorerebbe ulteriormente se anche le norme fossero scritte in modo da non sostenere interessi particolari o, addirittura, se le norme stesse non fossero il frutto dell’inventiva del legislatore, ma fossero semplicemente una sintesi di norme sociali in vigore come consuetudini.

Le implicazioni economiche sono certamente notevoli. Infatti, i paesi che beneficiano di un sistema legale più avanzato, soprattutto per quanto riguarda la protezione contro l’espropriazione, sono quelli che solitamente sperimentano i migliori standard di vita. Di sotto si riporta un esempio di come la protezione dei diritti di proprietà può portare a standard di vita più alti per i propri cittadini3, 4.

Esistono anche delle classifiche che ogni anno misurano la qualità del sistema legale. Due importanti esempi possono rifarsi alle classifiche sulla libertà economica di Heritage.org5e del canadese Fraser Institute6. Risulta molto interessante anche la classifica alternativa creata dal World Justice Project7, forse più omnicomprensiva delle ultime due perché meno focalizzata sull’aspetto economico.

Come evitare, quindi, che il potere arbitrario dello stato scavalchi le libertà personali dell’individuo? Oppure che i diritti di proprietà vengano violati, per esempio attraverso l’abuso del potere di esproprio (N.d.A. il concetto di esproprio per pubblica utilità si traduce in inglese con eminent domain) da parte dell’autorità pubblica? Nel caso l’esproprio risulti assolutamente necessario per la tutela del bene pubblico (e per alcuni casi non potrebbe mai esserlo!) come verrebbero verrebbe decretato il valore di esproprio? A quanto ammonterebbero eventuali ulteriori compensazioni? Quanto tempo verrebbe concesso all’espropriato per lasciare la sua proprietà? Sono tutte domande (e ve ne sono ulteriori) a cui è molto complicato rispondere e necessitano, quindi, di un approfondimento adeguato presente nella letteratura economica. Queste politiche, inoltre, sono di difficile attuazione in alcuni paesi, principalmente a causa di governi autoritari che attuandole perderebbero il potere che esercitano sui loro cittadini oppure di una manifesta incompetenza negli assetti istituzionali.

E la situazione in Italia? I diritti di proprietà vengono discretamente rispettati, ma problemi come la corruzione e il lentissimo sistema giudiziario minano l’affidabilità in questo meccanismo, relegando il nostro paese in un limbo tra gli avanzati paesi occidentali ed il resto del mondo.

[1] https://www.oxfordreference.com/view/10.1093/oi/authority.20110803100433129

[2] https://oxfordre.com/classics/view/10.1093/acrefore/9780199381135.001.0001/acrefore-9780199381135-e-3347#acrefore-9780199381135-e-3347

[3] https://data.oecd.org/emp/employment-rate.htm

[4] https://www.heritage.org/index/explore

[5] https://www.heritage.org/index/about

[6] https://www.fraserinstitute.org/studies/economic-freedom-of-the-world-2018-annual-report

[7] https://worldjusticeproject.org/our-work/publications/rule-law-index-reports/wjp-rule-law-index-2019

Livigno, esempio meraviglioso di Meno Tasse

Sapevate che esiste un comune che dal 1910 gode dello status di Luogo Extradoganale? Ebbene, esiste un comune in Italia che da oltre un secolo non paga alcun euro di IVA allo Stato italiano. Questo comune si chiama Livigno, nella provincia di Sondrio, in Lombardia. Parliamo di un comune di circa seimila abitanti.

Livigno si trova nell’Alta Valtellina a 1800 mt di quota. Un comune, territorialmente parlando, che si è sempre trovato in una situazione palesemente penalizzante, considerando che era abbastanza disconnesso e lontano rispetto ai centri urbani principali, come potrebbe essere in questo caso il capoluogo Sondrio.

Parliamo di un comune che nel 1910 era privo di collegamenti stradali e di attività commerciali, sicché l’economia era prevalentemente rurale. Pertanto, la Monarchia decise di mettere in condizione Livigno di non avere il carico fiscale sulle spalle, allo scopo di poter gestire al meglio il disagio provocato dalla posizione geografica.

A Livigno non viene pagata l’IVA, non ci sono alcune accise sul carburante o sui tabacchi, idem sugli alcolici. Ebbene, parliamo di uno straordinario caso di Meno Tasse.

Pertanto, siamo molto felici nell’annunciare che Livigno sia oggi uno dei comuni più ricchi in Italia. Livigno è la perfetta dimostrazione che la non presenza fiscale dello Stato permette agli stessi abitanti di poter investire meglio, di potersi arricchire meglio, di poter vivere meglio, senza dover ricorrere ad una montagnosa pressione fiscale, o a forme di assistenzialismo come il Reddito di Cittadinanza.

In primis, se nel 1910 Livigno era un comune rurale privo di infrastrutture degne di nota, con il passare degli anni sono stati fatti dei grossi passi in avanti su questo aspetto. Giusto per fare un breve elenco:

  • Passo del Foscagno, costruito nel 1914;
  • Strada Statale 301 del Foscagno, costruita nel 1914;
  • Passo della Forcola, che collega Livigno con la Svizzera, è aperto dal 2012.

Ma la vera incisività di Livigno, quasi da imbarazzare un politico italiano qualsiasi, è dal punto di vista economico e turistico. Oggi Livigno è una delle mete più ambite nelle stagioni invernali, con una serie innumerevole di servizi per le persone, tra bar, ristoranti, gioiellerie e negozi di vario genere.

Parliamo di un comune che offre una serie di servizi adattabile a qualsiasi esigenza, dalle famiglie ai single, dalle persone più anziane ai più giovani. Un territorio estremamente capitalista in grado di offrire servizi dal relax, locali notturno per il divertimento, giochi per i bambini, all’ebbrezza di divertirsi con le motoslitte.

Chiedo scusa se sembro qualcuno che vuole pubblicizzare una meta turistica o ricoprire di meriti qualcuno in particolare, ma non posso non essere entusiasta di questa meravigliosa realtà italiana di meno Stato e più Capitalismo. Livigno è la dimostrazione che il capitalismo vero, spontaneo e volontario e privo di interferenze statali è in grado di sopperire a tutto. Siamo passati da un territorio particolarmente penalizzato, isolato e rurale, ad un territorio estremamente servito, ricco e competitivo.

Per non parlare del passo in avanti dal punto di vista del costo delle case. Nel 1910 Livigno era banalmente un territorio di contadini con case rurali. Oggi lo stesso comune ha dei meravigliosi chalet di 80-85mq che costano circa 500.000€. Alla faccia di chi attacca i paradisi fiscali, quasi fosse un peccato mortale. Ben vengano i paradisi fiscali, se i risultati sono come Livigno.

Antifascismo e fascismo sono la stessa cosa?

Spesso, parlando di politica, si dice che “fascisti e antifascisti sono la stessa cosa”. Tra chi abbraccia questo pensiero come fosse verità rivelata e chi lo rifugge è, in realtà, una tesi interessante, ma che alla prova dei fatti dimostra che entrambi gli schieramenti hanno torto.

In teoria sembra una scemata

Ovviamente, verrebbe da dire, se si chiama “antifascismo” è ovvio che sia opposto al fascismo. Ma questo ragionamento aveva valore durante il regime, quando il fascismo era il male al governo e bisognava, uniti, sconfiggerlo.

Oggi le cose sono più complesse. Il fascismo è diviso in varie correnti e vi sono anche numerosi movimenti borderline, non chiaramente attribuibili ad esso.

Da ciò deriva una certa difficoltà a definire obiettivamente cosa sia il fascismo: Ci sono fascismi che hanno accettato di buon grado la democrazia, fascismi dichiaratamente antirazzisti e pro-Islam e addirittura fascismi autonomisti! Ovviamente sussistono alcuni elementi comuni quali la tendenza a volere un’economia socializzata, una proprietà privata che rispetti la funzione sociale e un certo nazionalismo.

Ma alla prova pratica è diverso…

Piccolo problema: L’economia socializzata e la proprietà privata socializzata mica la vogliono solo i fascisti, ma anche gran parte della sinistra. Quello del rossobrunismo, ossia superare le differenze tra rossi e neri per lottare assieme contro capitalismo e simili, non è di certo un fenomeno nuovo: Togliatti nel 1936 lodò la Rivoluzione Fascista e parlò di Mussolini come un traditore di tali ideali, Bombacci, un comunistone che creò la propria edizione della Pravda dedicata a Mussolini, venne fucilato addirittura assieme a lui.

In sostanza definire un fascismo a cui opporsi è spesso difficile. Il modo migliore di farlo è sostenere un’ideologia che si opponga ai fondamenti del fascismo. Se si ritiene il fascismo fondamentalmente antidemocratico – quindi un metodo – è sufficiente sostenere qualsiasi ideologia democratica, mentre se si ritiene possibile un fascismo esistente in democrazia la cosa diviene più complessa.

Confusione tra antifascismo e antifa

Fin qui abbiamo, al massimo, mostrato come sia difficile essere antifascisti oggi, ma qualcosa deve aver originato l’equivoco di cui parliamo nel titolo. E questo qualcosa è il movimento antifa.

Trattasi di un movimento spontaneo composto principalmente da estremisti di sinistra, e questo movimento spesso adotta metodi e idee fasciste. Violenza – spesso associata a quella dei black bloc -, antisemitismo, rifiuto del capitalismo e della globalizzazione, minacce, distruzione di proprietà e anche peggio.

È chiaro che una persona normale e non troppo informata quando sente per la decima volta in TV che gli antifa hanno fatto squadrismo per distruggere qualche negozio random per diffondere la loro idea pensi “sì ma cavolo, fascisti e antifascisti sono la stessa cosa”.

Ma, come abbiamo mostrato nel capitolo precedente, l’antifascismo non è un’ideologia a sé ma l’adesione ad un’ideologia incompatibile col fascismo.

Per concludere

È chiaro come l’opposizione al fascismo non sia rappresentata solo da qualche esagitato che si sarebbe trovato molto bene con le squadracce sansepolcriste. Affermare come l’antifascismo sia equivalente al fascismo, senza specificazione alcuna, è quantomeno ingenuo, se non addirittura in malafede.

Viene tuttavia da chiedersi, a più di settant’anni dalla fine del ventennio, se sia così importante la semplice etichetta di antifascismo. Onestamente credo che ormai sia più importante fare opponendosi con la propria idea ai residuati del fascismo che opporsi a un regime ormai morto e sepolto.

Perché sono tutti buoni a dire di voler togliere qualche fascio littorio in giro, ma quanti rinuncerebbero – o quantomeno modificherebbero radicalmente – alle cose fasciste ancora in vigore? Giusto per citarne alcune:

  • Il TULPS, sviluppato per far funzionare l’apparato di polizia fascista e in larga parte ancora in vigore
  • I vari reati di vilipendio
  • La regolamentazione della professione giornalistica
  • Varie altre leggi, decreti, ordini, enti.e simili che servono solo a limitare la libertà economica e personale