Molto fastidiosa è una continua balla che continua a imperversare sul web, che prende forma tra i più svariati post e meme e indigna l’intera popolazione italiana: quella dei presunti tagli alla sanità. Procediamo.
Un mare di spese
Smentiamolo definitivamente: la spesa sanitaria negli ultimi 20 anni è solo aumentata. E non di poco.
Dal 2000 al 2018, la spesa del SSN è aumentata da circa 66 miliardi a 116 miliardi. Un + 60%. Ma non solo. Come vediamo dal grafico anche considerando le spese al netto dell’inflazione la spesa è aumentata del 20% in 20 anni, con una flessione negli ultimi 10 anni. Nonostante ciò, son previsti aumenti di spesa fino a 121 miliardi totali nel 2021. Ciò significa che considerando tutta la popolazione italiana, dal bambino fino all’anziano, tutti hanno un macigno di 2000 euro annui di tasse a testa solo per la sanità. Ora, provate a caricare questi costi solo alla popolazione che realmente produce e traetene le conclusioni. Rimarrete sorpresi del fatto che la sanità italiana non solo non sia gratis, ma che costi un bel po’ a tutti noi.
In ogni caso, la bufala dei tagli alla sanità corre perchè i nostri canali d’informazione più che informazioni sono soliti a somministrare propaganda, e confondono i tagli alla spesa attuale con quella prevista.
I tagli alla previsione di spesa
Quelli che effettivamente sono tagli, riguardano i finanziamenti previsti. Non si è rispettata la cosiddetta spesa tendenziale. Cioè, per intenderci, tu guadagni 10, arriva mamma Stato che ti promette 20, ma in realtà te ne da 10. Il tuo guadagno ora è 20.
In questo caso, negli ultimi 10 anni sono stati tagliati 37 miliardi che lo Stato doveva fornire in più alla sanità, e che non si è potuto permettere in seguito alla grave crisi economica dopo gli eventi del 2008. Questa sottile ma fondamentale differenza, ha mandato nel pallone la popolazione credulona che in buona fede si fida dei canali d’informazione, che spesso sono i primi propagatori di fake news.
I veri tagli sono stati altrove, ma di indirizzo puramente strategico.
I tagli reali alla sanità
Quelli che sono stati tagliati sono i posti letto, che sono passati da 311 mila del 1998 a 225 mila nel 2017, e i posti in terapia intensiva:
Perchè ciò è avvenuto nonostante le spese siano aumentate? Il primo motivo è perchè le degenze sono diminuite. Se prima ti sbucciavi il ginocchio e rimanevi in ospedale per 5 giorni, ora per una questione di efficienza ospedaliera ti dimettono appena ragionevolmente possibile. Il secondo motivo, è che per assistere al meglio una popolazione sempre più anziana(e contenere i costi) si è scelto di finanziare e potenziare soprattutto le reti di assistenza territoriale. Una persona anziana non più autosufficiente, è meglio che venga curata a casa sua piuttosto che non in ospedale, dove anche il rischio di esposizione a batteri e virus portati da altri pazienti è maggiore. Come vedete, sono scelte puramente strategiche.
Nota finale, sono stati contenuti i LEA, cioè i trattamenti sanitari gratuiti. Questo per il semplice fatto che la sanità è un buco mangia soldi continuo ed assolutamente insostenibile, e se gli sprechi non sono già evidenti, ne avremo testimonianza i prossimi anni.
Conclusioni
Con questo articolo speriamo di dare una spallata a questa fake news, per concentrarci sui veri problemi e su come risolverli. Il miglior antidoto a notizie false, è non credere mai fino in fondo a ciò che vi viene detto. Ascoltare, ma con spirito critico.
Per quanto riguarda le soluzioni a questa situazione, sappiate che è una sola:
L’Italia è un paese che ha un grande problema da risolvere se non vuole diventare l’Argentina: la responsabilità. Chiede tanto, ma vuole dare poco in cambio. Vuole essere rispettato, ma non rispetta mai gli altri. Si lamenta, ronfa e dà la colpa al prossimo per i propri errori. Un paese che sembra un vecchio che dopo una vita rampante e piena di alti e bassi, regredisce e torna bambino. Un bambino viziato, arrogante e presuntuoso che non vuole crescere, ma al massimo decrescere. Ma analizziamo un po’ questo bambino.
ZERO CRESCITA
Questo paese ha dimenticato come crescere e come un anziano, regredisce. La crisi del 2008 ha lasciato un profondo segno, dal quale non ha mai recuperato pienamente. Ma questa è una situazione diffusa? Neanche per sogno.
L’aggregato dell’area euro è cresciuto molto più del Bel Paese, per non parlare della cattiva Germania. Perchè questo? Sostanzialmente l’economia italiana è estremamente rigida, ed ha dei grandi problemi strutturali che potremo sintetizzare come:
1) Enorme imposizione fiscale, con un total tax rate verso le imprese al 64%. Il più alto in Europa. 2) Scarsa produttività del tessuto imprenditoriale, costituito al 95% da micro-imprese a bassa liquidità e poco innovative, che non riescono a stare al passo nel contesto globale. 3) Burocrazia asfissiante, con 238 ore all’anno necessari alle imprese per pagare le tasse. 4) Processi lunghi, con mancanza di certezza del diritto. 5) Settore pubblico inefficiente, costoso e sprecone. 6) Sistema pensionistico da furto intergenerazionale.
Tutto ciò crea un’economia stagnante, che non ha la forza di crescere come dovrebbe, nella quale la classe politica non riesce ad adottare una visione di lungo termine atta alla crescita e alla prosperità del paese. Classe politica che piuttosto preferisce puntare sul consenso di breve termine attraverso mancette elettorali molto costose, che trasferiscono soldi dalla parte più produttiva del paese a quella meno produttiva. Ma se da una parte non cresciamo, da un’altra parte cresciamo più di tutti. Questa parte è il debito pubblico.
DEBITI ALLE STELLE
Il debito PIL italiano a gennaio 2020 è pari al 135,7 del PIL. Solo 15 anni prima, era pari al 105%. Colpa della crisi? In parte. Negli anni ’80 l’Italia ha accumulato deficit di bilancio sistematicamente oltre il 10%, proseguiti con una moderazione e tentata stabilizzazione dei conti pubblici durante gli anni ’90 in previsione dell’entrata nella moneta unica. Stabilizzazione che durante il governo Berlusconi II è stata accantonata con nuovi incrementi di spesa pubblica (alla faccia delle rivoluzione liberale), e che ha gettato le basi per l’esplosione del debito pubblico durante la crisi del 2008:
Ma non è finita qui. L’Italia grazie alle politiche espansive della BCE, ha potuto godere di interessi bassissimi sul debito culminate nel 2019 con 1,2% sul decennale a Gennaio 2020. Da ricordare che nel 1990 il rendimento del decennale era il 13%. Giusto una lieve differenza. Tutto ciò con la promessa di guadagnare tempo prezioso per fare quelle giuste riforme per risolvere i problemi strutturali del paese. Ma cosa ha fatto l’Italia?
Si è macchiata del più grande moral hazard della storia recente. Approfittando dei rendimenti bassi, dal Governo Renzi in poi ha cominciato a spendere in assistenzialismo a scarsissimo moltiplicatore con gli unici effetti di trasferire soldi da settori produttivi a settori non produttivi tra cui:
1) Quota 100, con costo di 5 miliardi all’anno e in un paese con la più grande spesa pensionistica di Europa. Pari al 16% del PIL. 2) Bonus Renzi da 80 euro, con un costo di quasi 10 miliardi all’anno, che nel 2020 sono diventati 100 euro. 3) Reddito di cittadinanza, creato per reinserire in un mercato del lavoro senza lavoro disoccupati, che poi sono finiti per sedersi sul divano nella vana speranza di ricevere un’offerta di lavoro. Costo 9 miliardi.
Sono 24 miliardi totali, quasi la metà degli interessi che paghiamo per il debito pubblico. Tutto ciò solo per una classe che insegue il consenso come un ragazzo insegue il like su Facebook.
CULTURA STATALISTA
Inutile prenderci in giro, questa classe politica non si è originata dal nulla. Gli italiani l’hanno scelta, approvata e voluta, nonostante il PIL pro capite nel periodo 2008-2018 sia cascato di un ben 12%. Viviamo in un paese in cui tutto è pubblico, tutto è controllato dalla politica, e l’iniziativa privata viene gambizzata. Ma qual è il problema della politica? La politica non ha la cosiddetta “skin in the game“. Non investendo soldi propri ma quelli dei contribuenti, non ha la percezione del rischio. E quando non esiste una mentalità seria e lungimirante si getta in politiche strampalate di puro consenso, fiduciosa che anche nel caso le cose dovessero andare male non pagherà alcuna conseguenza. Tanto la colpa sarà sempre dei Governi precedenti. Fallimento dopo fallimento la situazione economica peggiora, più persone diventano povere e chiedono aiuto. Qui i politici intervengono propagandando il proprio ruolo di protettore dei più deboli, gettando la colpa al mercato inefficiente, alla globalizzazione, alla mancanza di sovranità monetaria. Perchè solo più Stato può risolvere questi problemi. Le persone abboccano, e inizia il culto dello Stato. Chiedono più Stato! Tanto la colpa è sempre degli altri, mentre i politici aumentano il proprio potere.
LA COLPA E’ DEGLI ALTRI!
L’Italia è la patria di un socialismo surreale intriso a costante de-responsabilizzazione delle proprie azioni. E’ sempre colpa dell’olio della Tunisia, del Parmesan americano, del riso cambogiano e non ci si chiede come sia possibile che un paese avanzato come questo possa entrare in concorrenza diretta con prodotti di così scarso appeal. Una delle spiegazioni è molto semplice. Gli stati avanzati che crescono di più -perfino la Cina, la patria del capitalismo di Stato- si sono concentrati su settori tecnologici ad alto valore aggiunto, che permette salari maggiori e introiti superiori, così da non entrare in competizione di prezzo con paesi non sviluppati su settori chiave della propria economia. Ciò è saggio, perchè i paesi in via di sviluppo si occupano di settori a basso valore aggiunto e a bassi salari, mentre gli stati avanzati si concentrano sull’innovazione e il progresso a elevati salari. Invece, l’Italia è ancora nostalgica delle svalutazioni competitive e dei salari bassi in modo da far concorrenza spietata al Botswana.
Alla faccia del Made In Italy.
UNO SGUARDO AL PRESENTE
Tutto ciò fatto fino ad ora ha portato alla situazione attuale, affrontando una delle più grandi crisi economiche e sanitarie dei tempi moderni con armi spuntate e totalmente impreparati. La mancanza di lungimiranza, l’arroganza, è culminata con questo momento. Ma non giriamoci intorno. Quest’anno il debito italiano arriverà in automatico al 150% del PIL, ma più probabilmente supererà il 160%. Con un PIL che probabilmente perderà al 10%. Avremo bisogno del MES? degli Eurobond? Questo lo lasciamo ad altre analisi, ma una cosa è certa. Ci sarà un momento per ricostruire, un momento nella quale si avrà forse l’ultima occasione per adottare tutte quelle riforme che vadano verso un’unica soluzione:
Il libero mercato, e la riduzione del perimetro dello Stato.
Solo così questa splendida terra potrà tornare a crescere come è riuscita ormai troppi anni fa. Ma ciò non basta. Perchè certe idee divengano permanenti, questo paese deve smetterla di essere quell’anziano arrogante tornato un po’ bambino, che scarica tutte le proprie responsabilità alla Germania di turno(con la quale è stata alleata in una certa guerra, non dimentichiamolo mai), o al Parmesan di turno. Questo paese deve ritrovare la responsabilità, perchè è terreno fertile per la crescita.
Altrimenti come un cane tornerà a mordersi la coda.
Il debito pubblico è un qualcosa di cui sentiamo parlare ogni giorno nei telegiornali. Si tratta di un buco nero, ed è dipinto come la causa dei problemi dell’Italia, sebbene ne sia semplicemente la diretta conseguenza. Nel web, si trovano tanti articoli che trattano del problema debito pubblico e di come sia un peso per gli italiani. Alcuni lo dipingono come una vera e propria truffa nei confronti dei cittadini, che fa lentamente perdere sovranità nazionale con la conseguenza di diventare sempre più schiavi delle grandi e cattive banche. Nelle chiacchiere da bar invece, i più arditi si spingono a dire “vabbè ma se tutti gli Stati sono indebitati tra loro, perchè non cancellarlo e ripartire da zero?”
Oggi risponderemo a questa grande domanda. Cos’è il debito pubblico? Se lo cancellassimo, cosa accadrebbe?
First of all, faremo un discorso preliminare. Non possiamo parlare di debito, senza sapere prima cos’è un mezzo fondamentale con cui ogni giorno abbiamo a che fare, qualcosa di prezioso, che ci può rendere poveri o ricchi. Si tratta della moneta.
Cos’è la moneta?
La moneta è un mezzo che facilita gli scambi. Essa ci consente di raggiungere i nostri fini, permettendo in cambio di essa di avere delle cose che vogliamo, ed ha tre funzioni:
1) E’ un mezzo di pagamento, quindi in cambio di essa acquistiamo beni o servizi. 2) E’ un’unità di conto, cioè ci serve per misurare il valore di un qualcosa. 3) E’ una riserva di valore, cioè conserva il suo valore nel tempo, o almeno dovrebbe.
La moneta non è una risorsa, non serve per produrre direttamente beni e servizi. Singolarmente non vale nulla. Se domani convenisse utilizzare le mucche per facilitare gli scambi, utilizzeremmo quelle. Infatti il baratto è stato sostituito dalla moneta perchè rende gli scambi più efficienti, più veloci. Nella storia ci sono stati tanti tipi di moneta, ma attualmente la moneta imposta dal nostro sistema è quella definita “legale” o a “corso forzoso”, la cosiddetta Fiat money (no, non sta per l’azienda di auto). Questa moneta non è coperta da nessun materiale fisico e limitato che può darle valore, come l’oro in passato. Semplicemente coloro che hanno il potere politico per farlo, cioè le banche centrali, possono regolarne la quantità nel sistema in base alle preferenze (o meglio, convenienze) del momento.
Quindi chi o cosa dà valore a questa moneta?
Di base, il valore della moneta è dato dalla fiducia che il mercato (cioè l’insieme di tutti gli individui e le istituzioni, da zio Tonino a Unicredit) ripone nei confronti delle entità che la emettono, cioè le suddette le banche centrali. Se questa fiducia dovesse crollare un giorno, quella 5 euro che abbiamo in tasca varrebbe esattamente per il pezzetto di carta che è, cioè niente. Questa possibile perdita di valore della moneta entra in contrasto critico con una delle funzioni della moneta, cioè la riserva di valore, che viene sistematicamente messa in pericolo da una certa azione:
La svalutazione della moneta
Dipinta da diversi pseudo-economisti di certi partiti politici come la panacèa di ogni male, come la motivazione del benessere italiano negli anni ’80, nonostante di fatto ci si stesse mangiando il proprio capitale, questo è un processo nel quale c’è un aumento del livello dei prezzi perchè si aumenta la quantità di moneta in modo indiscriminato (per diventare più competitivi nei confronti delle altre valute ed esportare di più, per dare modo allo Stato di finanziarsi) portando alla riduzione dei salari reali. Quindi prendi e prendevi 1000 euro al mese, ma se prima compravi due pagnotte, ora ne puoi comprare una. Una riduzione molto violenta di questi salari reali porterebbe ad un rifiuto totale di quella moneta da parte degli abitanti (e quindi, del mercato) in cambio di altri mezzi di pagamento, sancendo la fine di quella precisa valuta. Questo fenomeno però, meriterà una trattazione a parte.
Ora scaviamo un po’ più a fondo, e spieghiamo cos’è questo fenomenale mostro dal nome debito pubblico.
Cos’è il debito pubblico?
Il debito pubblico è l’insieme dei debiti che lo Stato deve nei confronti del mercato(ripetiamo, da zio Tonino a Unicredit), e che un giorno promette di ripagare. Lo Stato fa debito per un motivo molto semplice: un tempo per acquistare soldati e armi, oggi per costruire infrastrutture, dare una sanità pubblica (che quindi non è gratis) o dare un posto di lavoro a zio Tonino, ma quando non ha soldi a sufficienza per permettersi queste spese, per evitare di tassare ulteriormente i cittadini, chiede questi soldi in prestito.
Mettendo in garanzia il PIL attuale, cioè tutto quello che si è prodotto fino a quel momento, promette di trovare i soldi necessari per ripagare quel debito promettendo un maggior PIL futuro, cioè quel valore in più che si creerà da quelle spese a debito.
Nel caso le cose dovessero andar male, si tasseranno maggiormente i cittadini. Se le finanze pubbliche sono in ottime condizioni, in cambio verrà richiesto un interesse basso da pagare, perchè c’è un rischio basso d’insolvenza. Se le finanze pubbliche sono in pessime condizioni, verrà chiesto un interesse molto alto da pagare, in quanto c’è un rischio alto d’insolvenza.
Quindi come vedete nessuna truffa, nessuna magia, è più semplice e meno affascinante di quello che si pensa.
Ma chi detiene il debito pubblico italiano?
Questi sono i detentori del nostro debito pubblico, come mostra questo grafico formulato dal CEPS (Centre for European Policy Studies) costruito partendo da dati della Banca d’Italia.
Quindi abbiamo: -100 miliardi detenuti direttamente dagli italiani. Il 4,5%. -690 miliardi dal sistema bancario italiano. il 30% -400 miliardi dalla Banca d’Italia. Il 18%. -310 miliardi da compagnie di assicurazione italiane. Il 14%. -300 miliardi da fondi d’investimento con ultimi beneficiari italiani. il 13,5%. -450 miliardi da fondi d’investimenti esteri. il 20%.
Ora, notiamo due cose: 1) Semplicisticamente, è vero che la maggior parte del debito pubblico è detenuto da “italiani”. 2) il sistema bancario italiano, che è composto da banche estere e banche italiane presenti nel territorio nazionale, è la maggiore fonte di finanziamento del Belpaese.
Ora andiamo nel fulcro della vicenda, e sveliamo questo mistero.
Cosa accadrebbe se cancellassimo il debito pubblico?
Se domani non solo lo Stato italiano, ma tutti gli Stati del mondo si accordassero e decidessero di cancellare il debito pubblico e ripartire da zero, accadrebbe una cosa molto interessante.
Ogni agente economico, ha un bilancio. Nel bilancio abbiamo un attivo ed un passivo. Se domani lo Stato non volesse più pagare i propri debiti, i propri cittadini, le proprie imprese, le proprie banche perderebbero i soldi che hanno investito in esso. Questo sarebbe configurabile come un passivo in bilancio, e i passivi vanno coperti.
Zio Tonino, seguendo il consiglio del consulente finanziario che gli diceva “i titoli di stato sono investimenti a zero rischio!“, perderebbe parte dei suoi risparmi, così come tutti gli altri suoi connazionali. 100 miliardi di euro in fumo. Le società assicurative italiane, quelle alle quali vi affidate per le vostre polizze, per le vostre auto, per le vostre case e che detengono 300 miliardi di debito, coprirebbero questa passività con delle risorse improvvisate al momento. In mancanze di esse fallirebbero. 300 miliardi di euro in fumo.
Anche le banche, con tutto il debito che detengono, rischierebbero di fallire all’istante provocando il collasso dell’intero sistema economico. …E per questo interverrebbero le banche centrali, i prestatori di ultima istanza, che si ritroverebbero con un enorme passività in bilancio da coprire. E qual è l’unico modo con il quale la banca centrale può coprire delle passività?
Stampando moneta.
Ma qui abbiamo un problema grande quanto una casa
La moneta richiesta per affrontare una emergenza del genere sarebbe di quantità così illimitata da portare ad una gigantesca iperinflazione dovuta al crollo totale della fiducia nei confronti della valuta. Questo porterebbe alla distruzione completa e totale del nostro sistema economico.
Uno scenario fantaeconomico, inquietante, ma che almeno porta alla luce una delle più grandi e terribili balle che si possano mai dire. La prossima volta che trovate un sovranista o pseudo-tale che incita magari alla suddetta soluzione, tirategli uno scappellotto.