Sciopero 3 agosto 1981. I licenziamenti di massa di Reagan

«Non c’è diritto di sciopero contro la sicurezza pubblica per nessuno, in nessun luogo, in nessun momento»

Queste furono le parole dichiarate da Ronald Reagan (frase dell’ex presidente Calvin Coolidge, presidente degli Stati Uniti dal 1923 al 1929) il 3 agosto 1981, in risposta allo sciopero di massa di 13000 controllori di volo e membri della PATCO, sindacato ufficiale dei controllori di volo.

Motivo Sciopero? Retribuzioni basse, perciò si puntava ad un aumento con riadeguamento al ribasso delle ore lavorative settimanali. Inoltre, si richiedeva la possibilità di pensionamento dopo soli 20 anni di servizio.

Questi controllori di volo erano dipendenti federali, pertanto lo stesso presidente americano si mobilitò per ordinare agli scioperanti di rientrare al lavoro entro 48 ore, altrimenti ne avrebbe disposto il licenziamento. Reagan riteneva di essere dalla parte della ragione, appellandosi a due norme ben precise, che si riferivano non solo al fatto che occorressero almeno 60 giorni di preavviso, ma anche al fatto che lo sciopero era da vietare, qualora comportava gravi rischi per la salute o la sicurezza dei passeggeri o dei cittadini.

Ma se Reagan era convinto di essere dalla parte giusta, i sindacati erano convinti di aver messo “in trappola” il presidente americano. Minacciare il licenziamento di più di diecimila persone poteva essere un pretesto per considerare immorale il gesto del presidente. Pertanto lo stesso Robert Poli, presidente del sindacato PATCO, era abbastanza sicuro che Reagan, alla fine, avrebbe mollato la presa.

Reagan non si fermò e allo scadere dell’ultimatum, decise di proseguire con il licenziamento dei controllori coinvolti nello sciopero. Pertanto, con la collaborazione dei controllori che non scioperarono o che non erano coinvolti in alcun sindacato, si cercò di risolvere l’emergenza, ottenuta successivamente con risultati positivi.

In quel momento gli Stati Uniti, insieme all’Inghilterra ed Europa (Italia compresa), vivevano un momento di forte declino sociale ed economico. Dopo il boom economico del secondo dopoguerra, l’impianto di welfare state dominato dalla figura del sindacato iniziò a rallentare l’economia della superpotenza economica e del continente europeo. Negli Stati Uniti ebbero Ronald Reagan e in Inghilterra ebbero Margaret Thatcher, due figure straordinarie che furono in grado di creare una netta rottura con il passato, per porre le basi di una straordinaria ripresa economica.

Nel caso americano, Reagan dimostrò che era possibile andare controcorrente contro le logiche socialiste, come il sindacato. La PATCO abusò delle sue stesse funzioni, ritrovandosi a “chiudere baracca” qualche anno dopo. Il presidente americano, non solo ottenne l’appoggio popolare, ma con questo gesto riuscì a trasmettere un mix di ottimismo e di speranza ad un popolo che ormai si stava abituando alla mediocrità socialista.

L’Italia è oggi nelle stesse condizioni sociali ed economiche di Stati Uniti e Inghilterra degli anni settanta, con la differenza che questi due sono arrivati al 2018 grazie alle politiche, talvolta adottate con decisione e fermezza, da personaggi come Reagan e Thatcher. L’Italia no. Purtroppo siamo rimasti agli anni settanta, abbiamo perso quasi quattro decenni di rilancio economico. Per ripartire, bisogna considerare il fatto che gli avversari da affrontare sono figure come il sindacato, che anziché “proteggere” i lavoratori, riesce soltanto a far scappare l’imprenditore di turno. Proprio come nel caso dei controllori di volo, la PATCO fallì completamente la sua strategia. Invece, in Italia, gli imprenditori sono spesso costretti a ricorrere contratti interinali di scarsa qualità contrattuale o a far emigrare le proprie aziende all’estero. Reagan sapeva che darla vita al sindacato voleva dire, non solo compromettere la sua figura, ma compromettere sopratutto la figura della stessa nazione, che si sarebbe presto ritrovata a vivere secondo le logiche del sindacato.

Come disse perfettamente la stessa Maggie Thatcher:

“Ogni richiesta di sicurezza, che riguardi il posto di lavoro o il reddito, implicherebbe l’esclusione di tali vantaggi di quelli che non appartengono allo specifico gruppo privilegiato e provocherebbe richieste di privilegio compensativi da parte dei gruppi esclusi. Alla fine, tutti verrebbero a perdere”.

Apologia di Ronald Reagan – smontare i falsi miti

Dedico le mie prossime parole a chi reputa che Reagan non sia un buon liberale, amministratore, politico. Penso che queste persone, purtroppo, stiano agendo con pregiudizio, perché partono dal dato del debito causato senza contestualizzare, senza sapere cos’altro abbia fatto, detto, promosso.

Il debito causato è un numero, solo un numero, ma cosa c’è dietro? Noi, amanti dell’individualismo metodologico, non guardiamo solamente i dati finali, gli aggregati, vogliamo approfondire e capire cosa ci sia dietro.

Vediamo un attimo gli obiettivi della Reaganomics:

  • Abbattere la spesa pubblica improduttiva;
  • Ridurre le imposte;
  • Ridurre la burocrazia;
  • Ridurre l’inflazione.

La sua prima azione, nel 1981, fu abbassare le imposte sul reddito, ad esempio l’aliquota massima dal 70% al 50% e quella minima dal 14% all’11%.

Due anni dopo gli venne chiesto di aumentare le spese a favore della Social Security  (da 179 mld a 269 mld) e di Medicare (da 43.5 mld a 80 mld), che non erano inizialmente previsti dalla Reaganomics ma che effettuò sotto pressing dell’opposizione democratica e di quella interna al partito repubblicano (non era visto per niente bene da molti politici del suo partito!); e, come ben sappiamo tutti, dovette affrontare enormi spese per la guerra fredda, aumentando la spesa militare da 303 miliardi a 426 miliardi di dollari. Ovviamente, era un aumento temporaneo, difatti da allora la percentuale di spesa militare sul PIL americano si è quasi dimezzata.

Ora, un breve esempio tratto da un bel libro che ho letto (Manifesto Capitalista di Luigi Zingales), per spiegare perché supporto l’aumento temporaneo della spesa militare:  ipotizza di essere, tu lettore, presidente del Consiglio e scoprissi che un meteorite potrebbe colpire l’Italia con una probabilità del 50%, cosa faresti? Non spenderesti vari miliardi per mettere al sicuro la popolazione? E se infine il meteorite non cadesse sull’Italia, avresti speso miliardi in nulla, eppure il rischio c’era.

Nel 1984 vennero sistemate le norme fiscali, evitando che ci fossero scappatoie in favore dell’elusione. Nel 1986 la riforma venne completata eliminando la maggior parte delle detrazioni, riducendo i tassi marginali e il numero di scudi fiscali.

Uno studio portato avanti da Martin Feldstein ha esaminato la riforma del 1986 di Reagan e si è notato come il taglio delle imposte dal 50% al 28% (che già precedentemente nel 1981 erano scese dal 70% al 50%) ha avuto come effetto un aumento del 44% del reddito imponibile medio dichiarato. Questo vuol dire che la riforma si è ripagata da sola della metà del costo, perché c’è stato un aumento delle assunzioni e un aumento del tempo lavorativo per chi già era assunto, data la convenienza a lavorare di più con una tassazione più bassa.

I risultati delle politiche liberiste si vedono sul lungo periodo, perché l’occupazione e la ricchezza aumentano a poco a poco nel tempo. A differenza dell’assunzione di dipendenti pubblici, che aumenta l’occupazione in un giorno solo e compromette il futuro delle casse statali -e delle tasche dei contribuenti- per decine di anni a venire. Tutto il contrario, insomma.

Bisogna anche precisare che Reagan non era amato dai rappresentanti del Partito Repubblicano, coi quali dovette scendere a grandi, enormi compromessi pur di non ricevere più le critiche dalle frange avverse del suo stesso partito, critiche che nei primi due anni (intorno alle midterm elections) lo resero molto impopolare.

Oggi viene ricordato come il miglior presidente di sempre, per l’eccezionale e radicale cambiamento effettuato in ogni campo: poco prima della sua ascesa le posizioni dei Repubblicani si erano appiattite su quelle dei Democratici, tanto che la sua lotta contro il Governo, la tassazione, la regolamentazione furono viste come un atto sovversivo, una vera e propria rivolta contro l’establishment che voleva tarpare le ali al Sogno Americano. Dopo Reagan ogni forma di statalismo venne vista come un avvicinamento al socialismo e alla schiavitù, ogni espansione dello Stato come una minaccia all’Individuo, alla famiglia e alla stessa Nazione.

Torniamo a fare qualche calcolo veloce: durante gli otto anni di Reagan, l’aumento del debito è stato di 1800 miliardi di dollari, ma già metterei da parte le spese militari aumentate per la Guerra Fredda, che non avevano nulla a che vedere con il piano liberista e dovevano essere una misura temporanea. Dunque, accantoniamo circa 600 miliardi. Poi, aggiungiamo le proposte vicine alle posizioni democratiche e dei repubblicani più avversi, ossia la Social Security, Medicaid e l’aumento per il  Programma di Adesione, dunque un costo sui due mandati di ben 1000 miliardi di dollari.

Partiva dalla situazione lasciata da Jimmy Carter in cui il deficit annuale era di 74 miliardi, dunque se avesse lasciato tutto intatto il debito sarebbe aumentato di circa 600 miliardi. Bisogna però considerare che Carter riuscì a raggiungere i 74 miliardi di deficit con un tasso di inflazione al 13.5% e come ben sappiamo l’inflazione non è altro che una forma di tassazione occulta. Reagan riuscì a contrarre l’inflazione sino al 4.4%, permettendo ai cittadini di risparmiare decine di miliardi di dollari.

Dunque, spinto dalla mia curiosità e dall’ignoranza da cui partivo, ho sommato tutti i numeri che ho trovato ed ho scoperto che la Reaganomics non solo ha funzionato se considerata sé stante, ma ha permesso di bilanciare tutte le altre spese che, pur essendogli indigeste, aveva dovuto inserire nel budget di Governo.

Vediamo altri dati significativi:

  • L’indice di miseria dopo i due mandati di Reagan scese dal 19% al 9%, il risultato migliore dopo la Seconda Guerra Mondiale.
  • La percentuale di famiglie povere scese dall’8.8% all’8.3%, mentre la percentuale di famiglie ricche aumentò dal 20.2% al 25.7%.
  • Pur essendo stato l’unico presidente a non aver aumentato il salario minimo, il salario medio dei lavoratori americani aumentò di 1.5$ l’ora.
  • Le entrate federali aumentarono del 60%, ossia da 618 miliardi a 991 miliardi di dollari, aumento notevole se considerato il taglio delle imposte. Aumentarono di molto, e si dice grazie alla Reaganomics sul lungo periodo, le entrate federali negli anni successivi, ossia dal 1989 in poi.
  • Stephen Moore del Cato Institute sostenne che nessun atto aiutò mai l’economia americana più della Reaganomics, permettendo che le famiglie americane aumentassero la loro ricchezza di 15’000 miliardi di dollari.

Aggiungo una curiosità: in molti lo contestano per le numerose sviste e gli errori che commetteva durante i discorsi e i dibattiti, senza però considerare che soffrisse del morbo di Alzheimer già dall’epoca della sua presidenza. Molto spesso, alcuni democratici si dimenticano di questo fatto, o lo ignorano. Atto veramente ignobile.

Spero di aver convinto il lettore della bontà del buon vecchio Ronnie, il quale al termine della sua carriera si disse veramente dispiaciuto di aver aumentato così tanto il debito, aggiungendo che avrebbe aiutato i suoi successori ad aggiustare le riforme per recuperare il danno.